l romanzo, pubblicato da Utet nella sua nuova collana Letterature, ha un attacco folgorante: “Prima di appassionarmi per una qualsiasi donna giocai il mio cuore all’azzardo e me lo vinse la Violenza”.
È considerato capolavoro della letteratura nazionale colombiana “La voragine” (1924) di Josè Eustasio Rivera, che descrive le foreste amazzoniche di caucciù e la dura esistenza degli uomini che vivono nell’inferno verde, foresta che viene descritta come un luogo infernale dove prolifera la vita con velocità allucinata, non propriamente benevola .
Una vera e propria potente discesa negli inferi di una natura dove la violenza è all’ordine del giorno, e dove l’animo umano non è da meno, tanto che il testo vale anche come denuncia dei crimini commessi nei confronti dei poveracci impegnati ad estrarre caucciù in condizioni terribili, quando la sua estrazione era l’equivalente di quella attuale dell’oro nero.
Provate a indovinare cosa ci fa venire il mente la genesi e l’andamento de La voragine: l’autore ha risalito diverse volte i fiumi che portano al centro della selva, riportando le insidie che vi si celano nel suo libro. Ha scoperto l’archivio di un brutale commerciante di caucciù, Tomas Funes, poi condannato a morte per il brutale regime che aveva instaurato nel cuore della foresta. La malaria, il beri beri e le allucinazioni sono state compagne di viaggio di Josè Eustasio Rivera, personalmente e in chi incontrava. Qualche similitudine con qualche altro classico, ambientato altrove? (niente aiutini, sorry)
Josè Eustasio Rivera, La voragine, Utet
Prima di appassionarmi per una qualsiasi donna giocai il mio cuore all’azzardo e me lo vinse la Violenza”. È la confessione che apre magnificamente “La voragine”. Chi la enuncia è Arturo Cova, il protagonista e la voce narrante. Il romanzo inizia con la sua fuga da Bogotà assieme ad Alicia che ha sedotto. Fuori dallo spazio urbano lo attende la foresta amazzonica, popolata di avventurieri e caucheros e di straordinarie e carnali figure femminili. In questo paesaggio selvaggio, lo aspetta un’autentica discesa all’inferno: Alicia fugge con un arruolatore di caucheros che Cova dopo lunghe peripezie uccide. Tre sono i tipi di violenza che s’incontrano nel romanzo: quella sempre un po’ melodrammatica che nasce dal tradimento, dalla gelosia e dal desiderio di vendetta; quella dello sfruttamento bestiale e crudele degli indios e, superiore a tutte le altre e più spietata, proprio perché “innocente”, quella della selva. La foresta amazzonica, descritta nel suo più profondo labirintico orrore (così diversa dalle bonarie giungle salgariane…) assurge al rango del vero assoluto protagonista del romanzo.
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