Ride di molte cose Mohammed Hanif, degli americani e dei musulmani, e fa divertire anche il lettore con questo romanzo che ci riporta al 1988, quando l’aereo del Generale Zia , dittatore del Pakistan, finì tragicamente il suo volo dopo appena quattro minuti dal decollo.
Al centro di questo brillante debutto troviamo il sottufficiale Ali Shigri, figlio di un colonnello pakistano finito suicida dopo una brillante carriera, pronto a ricevere l’ispezione del Generale con il suo reparto. L’improvvisa scomparsa del miglior amico di Ali, Obaid, fornisce il punto di partenza per una vicenda che ci fa ricordare Comma 22 di Heller.
Fortemente originale il gruppo di personaggi principali attorno a cui ruota la storia, a partire dal protagonista, per passare all’amico Obaid ( sempre profumatissimo, amante della poesia tanto da regalare ad Ali un libro di poesie di Rilke tradotto in pakistano), all’istruttore americano Bannon, ( lontano dagli stereotipi rocciosi del militare Usa: forte consumatore di droghe, continuerà a sostenere Ali quando per lui le cose si metteranno male).
In quegli anni il Pakistan era il baluardo occidentale contro le derive afghane, quando ormai l’Armata rossa aveva pronti i bagagli, e già si aggiravano per il mondo gli spettri di quanto sarebbe accaduot nei decenni successivi.
Vincitore del Commonwealth Writers Prize for First Book 2009, finalista al Booker Prize 2008 e al Guardian First Book Award 2008.
Mohammed Hanif, Il caso dei manghi esplosivi , Bompiani
Ali Shigri è un giovane istruttore dell’esercito pakistano che ha visto morire il dittatore Zia, il 17 agosto 1988, in un incidente aereo. Ali in realtà sapeva prima del decollo ciò che sarebbe accaduto – e in questo libro ce lo racconta, in una specie di teso count down prima della tragedia. Ci racconta i tentativi di pressione psicologica esercitati senza successo nei suoi confronti, prima dell’incidente, dalle forze dell’ordine insospettite dalla scomparsa di un aereo. Ci racconta la vita del presidente pakistano Zia, che da undici anni deteneva il potere, vivendo come un “patriarca” marqueziano, recluso, ignaro del mondo, preda di una follia paranoica di tipo religioso. Ci racconta come, dopo mille interrogatori, è stato rilasciato, con le autorità di giorno in giorno più confuse e il momento dell’attentato sempre più vicino. Ci racconta l’incidente, realizzato con grottesca concertazione: il dittatore Zia colpito contemporaneamente da un’arma biologica (una specie di tenia), da un’arma chimica (del veleno nell’impianto di aria condizionata dell’aereo) e da un’arma tradizionale (l’esplosione dell’aereo).
Rispondi