Lascia davvero sgomenti assistere in tv o su internet alle scene della repressione iraniana, pensare a quei giovani che sperano in un cambiamento, vedere cadere una ragazza di venti anni, e pensare all’impossibilità di fare qualcosa per loro.E temere che tra una ventina d’anni, tutti avremo rimosso l’avvenimento, e il regime sarà ancora sarà saldo al potere, come accaduto per i fatti di Tienanmen: ai nostri giorni, i commerci valgono più dei diritti degli esseri umani.
Perciò, ecco un breve panorama di libri ambientati in Iran, due libri ispirati a fatti veri e due romanzi:
EBADI SHIRIN
LA GABBIA D’ORO , RIZZOLI
Le pigre estati all’ombra dei ciliegi e le sere d’inverno sotto il korsi; il sapore degli halva sfrigolanti di burro e le discussioni sulla moda europea: sono le consuetudini che scandiscono un’amicizia preziosa, quella tra le famiglie di Shirin e Parì. Ma la Rivoluzione islamica è destinata a cambiare tutto, disperdendo i tre fratelli di Parì lungo strade diverse e rendendoli nemici. Abbas, generale dell’esercito dello Shah, quando il regime si avvia alla dissoluzione è costretto a fuggire, assieme alla moglie malata, in America, dove lo attende lo choc di una cultura aliena. Javad, attivista del partito comunista Tudeh, si vota a un’esistenza di clandestinità e pericoli che lo condurrà più volte in carcere. Alì si unisce con entusiasmo alla Rivoluzione e finisce al fronte a combattere le truppe di Saddam Hussein. Mentre Parì cerca di tenere assieme i fili spezzati della sua famiglia, il Paese intero attorno a loro sprofonda in un baratro di violenza, corruzione e oppressione da cui sembra impossibile uscire. E che mette a repentaglio anche la sua vita e quella di Shirin. La storia vera della “Gabbia d’oro” è quella di molte famiglie iraniane, vittime nel giro di pochi decenni di sconvolgimenti storici e politici che hanno significato la guerra dei padri contro i figli, dei fratelli contro i fratelli, e che hanno provocato l’emigrazione di milioni di cittadini. In controluce scorre la storia, dagli ultimi giorni della monarchia all’ascesa di Ahmadinejad.
YALDA SARA,
IL PAESE DELLE STELLE NASCOSTE , Piemme
Per tutta la vita, Sara non ha tatto che fuggire: dalla sua infanzia, dal suo paese, da suo padre. È arrivata persine a cambiarsi il nome. Sara. Due sillabe facili per cancellare i suoni dissonanti di Afsaneh. Ha giocato a essere qualcun altro, per integrarsi ed essere accettata. Ma a forza di conformarsi, un giorno ha compreso che non sapeva più chi era. Per questo, dopo 27 anni, decide di tornare in Iran. Il mondo cosmopolita della sua infanzia non c’è più. Ora sull’aereo della Iranair l’altoparlante esordisce con “nel nome di Dio clemente e misericordioso” e su ogni sedile una bussola indica la direzione della Mecca. Ma poi, quello che Sara trova, è un mondo schizofrenico, che in superficie si adegua ai precetti fondamentalisti, ma sotto li trasgredisce tutti. I giovani fanno feste, bevono, guardano film proibiti, si raccontano barzellette sul presidente, e le donne sotto il velo indossano minigonne e abiti attillati, si truccano, criticano e resistono. Anche se i rischi non mancano, e può succedere che a una ragazza sorpresa a una festa durante un’irruzione di polizia venga inflitta una pena di 70 frustate e l’umiliazione del controllo dell’imene. Straniera nel suo paese, Sara cerca di decifrare l’Iran, e intanto va alla ricerca del suo passato.
Con ironia e leggerezza, Nahal Tajadod racconta le vicissitudini a cui può andare incontro chi decide di rinnovare il passaporto nella terra degli Ayatollah. Una carrellata di personaggi incredibili farà da corollario a questa impresa, decisamente non facile da realizzarsi!
Nahal Tajadod ,
Passaporto all’iraniana ,
Einaudi – Collana: I Coralli
A Teheran, per rinnovare il passaporto bisogna fare quarantotto ore di coda e attendere un mese. Chi non vuole aspettare, si affida a chi ha fatto dell’arte di arrangiarsi una filosofia di vita. Anche Nahal, la protagonista del romanzo, compie questa scelta: entrerà così in contatto, in un crescendo di situazioni esilaranti, con un’infinità di personaggi sorprendenti e imprevedibili che con uno slancio di filantropia, o con un gesto di corruzione, cercano di portarla alla meta agognata.
Vuole tornare a Parigi, dove da molti anni ormai vive, l’iraniana protagonista di questo romanzo. Ma deve rinnovare il passaporto, operazione per cui, anche in Iran, come in ogni paese del mondo, sono necessarie delle fotografie. E proprio nell’atelier Ecbatana ha inizio l’epopea di Nahal, costretta dapprima a sottostare alle severe norme islamiche in fatto di ritratti e poi, assistita da un medico legale che baratta organi e che afferma di avere gli agganci giusti, affrontare la folle macchina burocratica dell’Ufficio centrale dei passaporti di Teheran.
Nella sua avventura non sarà però sola, perché con il passare dei giorni, dodici in tutto, il medico intrallazzatore sarà affiancato da un numero infinito di persone che, con motivazioni più o meno filantropiche, si mobilita per aiutarla. Portinai, taxisti, traduttori, burattinai, dietologi, amici, tecnici televisivi, domestiche (e loro figli oppiomani), tenutarie di bordelli, parenti di primo, secondo e terzo grado, insomma mezza Teheran consiglia, critica, offre tè e accetta caffè (francese), corrompe e si fa corrompere, talvolta recita le poesie di Rumi, immancabilmente intavola ta’orof, gli infiniti convenevoli che regolano i rapporti sociali fra gli iraniani.
Nahal Tajadod rappresenta con un ritmo serrato e molto senso dell’umorismo la vita quotidiana nel paese dei mullah, collocando al centro del romanzo gli abitanti di Teheran con le loro storie minute ma ricche di poesia e umanità.
«Passaporto all’iraniana ci racconta gli iraniani da una nuova prospettiva. È un libro pieno di ironia e di affetto.» (Azar Nafisi, autrice di Leggere Lolita a Teheran)
ZIARATI HAMID
IL MECCANICO DELLE ROSE , Einaudi
Akbar – che vive in un paese ai bordi del deserto dove si estrae la migliore essenza delle rose di Persia – è un capofamiglia religioso e rispettato e trova un modo tutto suo per rimediare ai torti del destino che gli ha rubato un figlio. Khodadad è appena un ragazzino quando fugge di casa in cerca di se stesso, nei giorni dell’anniversario del martirio dell’Imam Hossein e dei suoi settantadue seguaci. Donya ha conosciuto la felicità e la disperazione, prima di andare in sposa a un uomo che ha il doppio dei suoi anni. Mahtab stava per laurearsi in medicina e iniziare una nuova vita, quando è incappata nei Guardiani della Rivoluzione. Laleh ha il nome d’un fiore – quello del martirio – e forse è una “pazza d’amore”: è lei, dal letto di un ospedale, in un lucido delirio, a tirare inconsapevolmente i fili di tutte le storie, e a restituire il volto contraddittorio del suo amato, il meccanico delle rose. Il quadro dunque è compiuto. Ma chi è al centro di quel quadro ? L’uomo che da il titolo al libro ha creduto – come tutti – di essere protagonista della sua vita, ed è stato una comparsa in quella degli altri. Quel che è certo è che sullo sfondo, dietro le tante figure, resta un Paese riconoscibilissimo ma mai nominato, per rispetto di chi – vivendo nei suoi confini – non può nominarlo.
Consiglio inoltre di leggere “come un uccello in volo ” di Fariba Vafi e ” osso di maiale e mani di lebbroso” di Mostafa Mastur edizioni Ponte33