Tra i nuovi libri incentrati sull’Olocausto, ne segnaliamo alcuni, e in particolare evidenziamo quello di Aleksandar Tisma, uno dei più grandi autori serbi : ci presenta il suo personale Se questo è un uomo, narrando le atrocità inusuali commesse da un uomo comune. Un autore dal tono realistico che ha dedicato la sua carriera artistica a narrare le difficoltà del dopoguerra, le crisi di identità e la difficoltà a convivere con gli altri
Aleksandar Tisma, Kapò
Zandonai
Alla follia della distruzione che impera nel lager c’è chi si è adattato e ha accettato di ritardare la propria morte affrettando quella altrui: il kapò. In questo straordinario romanzo Tisma descrive – con una potenza letteraria e un rigore documentario da togliere il respiro – la caparbia vitalità e la forza animalesca che consentono a Vilko Lamian, ebreo battezzato e assimilato, di sopravvivere a Jasenovac e Auschwitz cambiando identità e trasformandosi nel kapò Furfa.
Ora, dopo la guerra, tormentato dal ricordo dei suoi misfatti e dal terrore della vendetta postuma della storia, ma soprattutto ossessionato dalla figura di una delle sue vittime, Helena Lifka, si mette sulle tracce della donna, convinto che solo lei possa giudicarlo e magari assolverlo.
Tisma indaga qui -sollevandosi nettamente al di sopra di ogni contingenza e con una sensibilità lancinante nel registrare il frantumarsi dell’identità- ciò che resta di un uomo quando è costretto ad attingere alle sue estreme risorse, a scacciar via da sé ogni timore o senso di pietà. E la sua opera, uno dei capolavori della letteratura concentrazionaria, è prodigiosamente all’altezza del compito: ferisce, viviseziona, scuote le certezze, ci tiene all’erta contrastando l’oblio.
Aleksandar Tisma (1924-2003) è stato tra i più autorevoli e apprezzati scrittori della ex Jugoslavia. Originario della Vojvodina, regione da sempre mosaico di identità e culture differenti, può essere accostato ad autori del calibro di Danilo Kis, Czeslaw Milosz e Imre Kertész per la marcata sensibilità mitteleuropea che colloca le sue opere nell’alveo della grande letteratura del secolo scorso.
Di madre ebrea ungherese e di padre serbo, Tisma, scampato allo sterminio degli ebrei di Novi Sad, ha ambientato nella complessa e drammatica realtà del Dopoguerra alcuni tra i suoi romanzi e racconti più belli, dettati da una profonda riflessione sul significato della colpa, sul confine spesso labile tra vittime e carnefici, e che narrano storie di ordinaria efferatezza e di piccole pavidità umane. Ne sono testimonianza, oltre a Kapò, anche L’uso dell’uomo (Jaca Book, 1988) e Il libro di Blam (Feltrinelli, 2000). Tisma è noto inoltre al pubblico italiano per la raccolti di racconti Scuola di empietà (e/o, 1988) e per il suo romanzo Pratiche d’amore (Garzanti, 1993), storia di un gruppo di prostitute di Novi Sad.
JUDENRAMPE GLI ULTIMI TESTIMONI a cura di Anna Segre e Gloria Pavoncello, Elliot
COLLANA ANTIDOTI
«Io l’ho vista la fossa in cui bruciavano i bambini, l’ho vista e posso dirlo. Noi che non mangiavamo maiale, che stavamo attenti a non accendere il fuoco di shabbat e questi che bruciavano i bambini vivi. Poi non dormi più. Prova a dormire dopo questo. Non dormi più.
Alle quattro del mattino sei sveglio perché c’è l’appello, ancora oggi dopo sessant’anni».
Questo libro raccoglie le testimonianze di sopravvissuti ai campi di sterminio nazisti che al momento della deportazione avevano un’età compresa tra i dodici e i vent’anni. Ogni giorno, tra l’inverno del 1943 e la primavera del 1945, hanno vissuto sulla loro pelle il male assoluto, quello che lascia tracce indelebili, che distrugge e annichilisce senza un motivo. Sono usciti vivi da Auschwitz-Birkenau, Mauthausen, Dora, Ebensee, Dachau, Buchenwald, Ravensbrück, Bergen Belsen nonostante il lavoro forzato, la fame, il freddo, le botte, gli esperimenti, gli appelli, le selezioni, le marce. Tutti loro, all’epoca adolescenti, richiamano alla memoria l’istante in cui sono stati separati dai loro genitori, l’ultimo abbraccio, i baci e le urla. E poi l’inferno: quando tennero lo sguardo fisso sui piedi per non vedere, quando videro i soldati giocare al tirassegno con i bambini, quando videro i compagni di prigionia morire a pochi minuti dalla liberazione, quando non furono creduti al loro ritorno a casa. Tra le testimonianze raccolte da Anna Segre e Gloria Pavoncello ci sono ebrei catturati in Italia, a Fiume, a Rodi, in Grecia, in Ungheria, in Croazia, in Libia, oppositori politici e militari sconfitti, ci sono le loro voci in presa diretta che scavano nella memoria per restituirci non l’accurata ricostruzione storica di quegli eventi, ma gli istanti in cui persero la loro innocenza. Oggi, a distanza di oltre sessant’anni, queste parole sono un documento prezioso, l’ultima prova tangibile di una crudeltà che non dobbiamo dimenticare. Quando il ricordo dello sterminio nazista sarà affidato esclusivamente ai libri di storia, ai documenti, alle foto, ciascuno di noi non dovrà permettere che “la Shoah faccia la stessa fine delle guerre puniche, che se ne parli senza emozione”.
Daniel Stein traduttore ,
Ludmila Ulitskaya , Bompiani
Da Bompiani il romanzo di una delle più importanti scrittrici russe contemporanee. Ispirato a una storia vera, il Traduttore racconta le vicende di un ebreo polacco sopravvissuto all’Olocausto grazie al lavoro di interprete e traduttore per la Gestapo. In questo modo è riuscito a salvare, oltre a se stesso, anche centinaia di altre vite: perché disponeva di informazioni sconosciute a molti. Dopo la Seconda Guerra Mondiale si converte al cristianesimo e prende i voti, entrando a far parte dell’Ordine dei Carmelitani Scalzi, per poi trasferirsi in Israele e fondare una nuova comunità religiosa. Una figura carismatica attorno a cui ruotano molti altri personaggi, molte vite, che l’autrice ricostruisce attraverso il ricorso a pagine di diari, lettere, trascrizioni e documenti ufficiali, in una varietà che avvince il lettore pagina dopo pagina.
La strada di Levi ,
Marco Belpoliti, Davide Ferrario
Chiarelettere
Noi, come Primo Levi allora, viviamo oggi al termine di una tregua. . . Per Levi si trattava della tregua tra la fine della seconda guerra mondiale e l’inizio della guerra fredda; per noi è quella tra la caduta del muro di Berlino e l’11 settembre 2001. . .. Davide Ferrario, Marco Belpoliti Dopo oltre sessant’anni dalla liberazione di Primo Levi da Auschwitz, una piccola troupe cinematografica ripercorre i luoghi del viaggio dell’autore di SE QUESTO È UN UOMO: Polonia, Ucraina, Bielorussia, Moldavia, Romania, Ungheria, Slovacchia, Austria, Germania e finalmente l’Italia. Vanno a vedere cosa c’è oggi in quei luoghi e raffrontano il testo di Levi con la realtà attuale. Ne scaturisce un road-movie che racconta l’Europa attuale, le sue contraddizioni tra passato excomunista, nuovi nazionalismi, emigrazione, antiche povertà, speranze di un continente alla ricerca della propria difficile identità.
CONTENUTI EXTRA: versione integrale dell’incontro con Andrzej Wajda; intervista a Davide Ferrario e Marco Belpoliti; promo, galleria fotografica.
Fuori c’è l’aurora boreale. Il diario di Ruth Maier, giovane ebrea viennese , Salani
1998. Jan Erik Vold, uno dei più importanti intellettuali norvegesi, raccoglie materiale per una biografia della famosa poetessa Gunvor Hofmo, scomparsa nel 1995. Tra le carte della Hofmo trova un voluminoso plico contenente alcuni diari, lettere, fotografie e disegni. La loro autrice si chiamava Ruth Maier, una giovane ebrea viennese fuggita in Norvegia dopo l’annessione dell’Austria alla Germania. Leggendoli, Vold si è accorto della loro eccezionalità. Ne è nato un vero caso editoriale, e un libro i cui diritti di pubblicazione sono stati venduti in tutto il mondo e che continua a far parlare le comunità letterarie europee, per la sua altissima testimonianza storica, politica e come scritto di formazione. Ma il valore di quest’opera va al di là del suo peso documentario. Dalle pagine emerge un grande talento per la narrazione e per l’indagine di temi universali quali la solitudine, l’amicizia, l’amore, la giustizia e lo spirito di sacrificio. Questo libro è dunque una testimonianza commovente che riemerge dal periodo più buio della nostra storia recente, ma anche la traccia visibile di un rimpianto: quello della perdita atrocemente prematura di un talento creativo.
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