Maurizio De Giovanni, Per mano mia, Einaudi
Natale 1931. Mentre la città si prepara alla prima di “Natale in casa Cupiello”, dietro l’immagine di ordine e felicità imposta dal regime fascista infieriscono povertà e disperazione. In un ricco appartamento vicino la spiaggia di Mergellina sono rinvenuti i cadaveri di un funzionario della Milizia, Emanuele Garofalo, e di sua moglie Costanza. La donna è stata sgozzata con un solo colpo di lama, quasi sull’ingresso, mentre l’uomo è stato trafitto nel letto con oltre 60 coltellate. Colpi inferti con forza diversa: gli assassini potrebbero essere più d’uno. La figlia piccola si è salvata perché era a scuola. La statuina di san Giuseppe, patrono dei lavoratori, giace infranta a terra. Sulla scena del delitto, Ricciardi, che ha l’amaro dono di vedere e sentire i morti ammazzati, ascolta le oscure ultime frasi della coppia, che non gli dicono granché. Il commissario dovrà girare a lungo, e sempre più in corsa contro il tempo, per le strade di Napoli per arrivare alla verità. In compagnia del fidato, ma non privo di ombre, brigadiere Raffaele Maione, che in questo romanzo conquista un deciso ruolo di comprimario. E insidiato nella sua solitudine da una altrettanto inaspettata rivalità tra due giovani donne che più diverse non si potrebbe. Tra le casupole dei pescatori immiseriti e gli ambienti all’avanguardia della Milizia fascista, una città sempre più doppia e in conflitto avvolge Ricciardi e Maione in spire sempre più strette.
A proposito di dimenticanze
La scrittura di Maurizio de Giovanni per la preziosa linearità dello stile e per i contenuti attenti alle problematiche socio-culturali del tempo che descrive, ci regala storie che appassionano, e non solo una platea di nicchia come i lettori di genere.
Storie dai sentimenti forti dove amore, passione, fame, miseria, potere, vivono in quella Napoli degli anni ‘30, dolente e ferita, ma insostituibile protagonista sul palcoscenico narrativo.
Una doverosa raccomandazione.
Approdare a “Per mano mia” dopo aver letto i precedenti romanzi (“Il senso del dolore”, “La condanna del sangue”, “Il posto di ognuno”, “Il giorno dei morti”) possibilmente in successione cronologica. Le vicende del commissario Ricciardi, l’uomo senza cappello dagli inquietanti occhi verdi, condannato a vedere i morti di morte violenta, costituiscono un unico percorso letterario e una loro lettura frammentaria non rende ragione alla tensione narrativa della saga.
Un consiglio ancora.
Non trascurare l’altra produzione artistica, quella calcistica. Quella che scaturisce dalla passione, o meglio dalla malattia, come ama definirla l’Autore stesso, per la squadra del Napoli. Nelle “Storie azzurre”scoprirete l’altro de Giovanni, lo scrittore dal graffiante umorismo, mai fine a se stesso.
Il tifo calcistico diventa pretesto per una scrittura di denuncia, di richiamo a quei valori, a quei sentimenti che mettono in moto riscatti sociali di una città che ha sempre vissuto la sua condizione di città conquistata. Da dominatori stranieri, da dominatori politici. Che l’hanno depredata di tutto tranne che dello spirito libero.
E Napoli, una volta in più da protagonista, seppur ferita a morte da dominazioni, eventi bellici, cataclismi naturali, ha trovato e trova ancor oggi il coraggio di risorgere con una disponibilità alla vita che le viene dalle sue lontane origini greche e da una millenaria cultura di libertà. Assolutamente indistruttibile.
Annamaria Torroncelli
7 dicembre 2011