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Posts Tagged ‘autori balcanici’

decisamente potente il romanzo di Slavenka Drakulic, diventata nota per il suo Balkan Express. La voce interiore della protagonista racconta con rapidi flashback la propria versione dei fatti che l’hanno portata ad uccidere la persona che le ha dato la vita..
 
 
 
Una giovane donna, di cui non conosciamo il nome, è sotto processo con l’accusa infamante di aver ucciso la madre. L’imputata però non si difende, non parla, ascolta, riflette e, soprattutto, ricorda.
È così che il lettore, attraverso il suo lucido flusso di coscienza, viene man mano a conoscenza delle circostanze che l’hanno portata all’omicidio.
Con profondità e acutezza Slavenka Drakulić ci accompagna nel cuore del rapporto madre-figlia, nei meccanismi di dipendenza, attaccamento e identificazione. E allo stesso tempo con la sua lingua vorticosa risucchia il lettore nel mondo della violenza famigliare e del suo rigoroso silenzio, lo pone di fronte alla paura del giudizio sociale e alla vergogna provata dalla vittima che ama il suo carnefice e preferisce ucciderlo piuttosto che denigrarlo. Un viaggio che sembra senza fine né speranza e che forse ha un’unica via d’uscita, quella che pagina dopo pagina la protagonista ci permette di comprendere…
Tradotta in molte lingue, Slavenka Drakulić è una delle voci più potenti della letteratura balcanica, coraggiosa, profonda e capace di interpretare la letteratura come impegno nel mondo.
 
Slavenka Drakulić
 
Slavenka Drakulić è nata a Rijeka nel 1949. Scrittrice, giornalista e saggista, i suoi libri sono stati tradotti e pubblicati in diverse lingue. In Italia è nota sin dagli anni Novanta grazie alla pubblicazione di alcune sue opere sul mondo comunista e post-comunista come Balkan Express e Caffè Europa (Il Saggiatore), nonché di romanzi come Pelle di marmo (Giunti), Il gusto di un uomo (Il Saggiatore), Come se io non ci fossi (Rizzoli), Il letto di Frida (Elliot). Nel 2004 l’autrice ha ricevuto il premio Award for European Understanding della Fiera del libro di Leipzig. Vive in Svezia e Croazia.
 
TRADUZIONE DAL CROATO ESTERA MIOCIĆ

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Castenaso,  (Bo)

SUELO – centro giovanile

Via Fiesso 32, Castenaso, ore 19

 

Dal viaggio in terre lontane per fuggire la miseria di nonno Milovan alla giovane Arianna: il percorso lungo un secolo e diverse esistenze di una famiglia originaria del Montenegro si conclude con una voce femminile, che poi è anche quella della narratrice. Tijana Djerkovic, da Belgrado, vive in Italia da tempo, ha scritto un paio di raccolte di racconti nella sua lingua madre, per poi passare con questo affascinante romanzo alla lingua italiana. Il ritmo della narrazione è balcanico, lo sguardo sulla storia è ricco di dolcezza femminile in questa storia di famiglia, in cui scorrono parallele anche le vicende del secolo passato, con i suoi lutti, le terribili prove a cui ha sottoposto i suoi “abitanti”, e anche le conquiste: è Arianna ad essere erede in toto di una storia che era stata in prevalenza maschile, in cui le donne hanno sempre vissuto all’ombra degli uomini, erede anche di una tradizione che esalta il potere della narrazione, capace anche di ascoltare il terribile segreto nascosto nella vita del padre.. . Una bella sorpresa!

LA SCHEDA DEL LIBRO

È possibile per una giovane donna diventare l’erede di una storia e di una famiglia tutta al maschile? Sì, se si è “inclini all’amore” e se si possiede l’arte del racconto, l’arte di avvincere con le parole. Parole che restituiscono un secolo, il Novecento, nelle sue trasformazioni, nelle sue euforie e nelle sue tragedie. Si comincia con Milovan, il nonno di Arianna, che sul finire dell’Ottocento insieme ad altri cinque compagni parte da un piccolo paese sperduto del Montenegro per andare a fare fortuna prima in Europa e poi in America. Di questo viaggio Milovan sarà protagonista ma anche narratore, educando all’arte affabulatoria il figlio Vladimir (il futuro padre di Arianna) che a dodici anni, a seguito dell’occupazione tedesca e italiana, entra nelle forze partigiane di Tito per seguire il suo personale Dio, il fratello Mihailo. A Vladimir verrà amputato un braccio per lo scoppio di una granata, ma alla fine della guerra ritroverà l’amore e scoprirà la poesia, di cui diventerà uno splendido interprete. Nella Jugoslavia socialista, con i suoi riti e le sue stravaganze, nasce la primogenita di Vladimir, Arianna. E quello tra il padre poeta e la figlia appassionata di libri sarà un amore smisurato, divertente, pieno di magia. Cresciuta, Arianna si innamora di un giovane architetto, figlio di un generale del controspionaggio. Sarà grazie alle indagini di quest’ultimo che Arianna scoprirà un terribile segreto che il padre le ha tenuto nascosto…

“Sai” gli disse, “credo che la durata della mia vita sia coincisa con il tempo trascorso insieme alle persone a cui ho voluto bene, e credo di aver vissuto il numero di volte in cui il male mi ha insegnato qualcosa sul bene. L’uno rinasce ogni volta che si dimostra capace di domare il male dentro di sé. Si vive poco, figlio mio, pochissimo, perché tutto il resto è soltanto attesa di vivere.”

Tijana M. Djerkovic
belgradese, nasce come divoratrice di libri già dall’infanzia, per poi passare alla traduzione della letteratura altrui (Nina Berberova, Momo Kapor, Alda Merini, Giorgio Caproni, Barbara Alberti). Ha pubblicato in serbo due raccolte di racconti: Price iz samoce (Filip Višnjic, 2006) e Mala crna haljina (Albatros Plus, 2009).
Vive a Roma e ai Castelli Romani dal 1987, senza aver mai lasciato Belgrado.

 il bookshop sarà a cura di Libreria Atlantide

 

inclini

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Dal viaggio in terre lontane per fuggire la miseria di nonno Milovan alla giovane Arianna: il percorso lungo un secolo e diverse esistenze di una famiglia originaria del Montenegro si conclude con una voce femminile, che poi è anche quella della narratrice. Tijana Djerkovic, da Belgrado, vive in Italia da tempo, ha scritto un paio di raccolte di racconti nella sua lingua madre, per poi passare con questo affascinante romanzo alla lingua italiana. Il ritmo della narrazione è balcanico, lo sguardo sulla storia è ricco di dolcezza femminile in questa storia di famiglia, in cui scorrono parallele anche le vicende del secolo passato, con i suoi lutti, le terribili prove a cui ha sottoposto i suoi “abitanti”, e anche le conquiste: è Arianna ad essere erede in toto di una storia che era stata in prevalenza maschile, in cui le donne hanno sempre vissuto all’ombra degli uomini, erede anche di una tradizione che esalta il potere della narrazione, capace anche di ascoltare il terribile segreto nascosto nella vita del padre.. . Una bella sorpresa!

 

Tijana M. Djerkovic,

Inclini all’amore, Playground

 

“Inclini all’amore è stato pensato ed è (soprav)vissuto in italiano, la mia seconda lingua madre.”

Tijana M. Djerkovic

 

È possibile per una giovane donna, Arianna Vukovic, diventare l’erede di una storia e di una famiglia tutta al maschile? Sì, se si è “inclini all’amore” e se si possiede l’arte del racconto, l’arte di avvincere con le parole. Parole che restituiscono un secolo, il Novecento, nelle sue trasformazioni, nelle sue euforie e nelle sue tragedie. Si comincia con Milovan, il nonno di Arianna, che sul finire dell’Ottocento insieme ad altri cinque compagni parte da un piccolo paese sperduto del Montenegro per andare a fare fortuna prima in Europa e poi in America. Un viaggio rocambolesco e di un gruppo di “cafoni” alle prese con le meraviglie e i pericoli del mondo. Di questo viaggio Milovan sarà protagonista ma anche splendido narratore, educando all’arte dell’affabulatoria il figlio Vladimir (il futuro padre di Arianna) che a dodici anni, a seguito dell’occupazione tedesca e italiana, entra nelle forze partigiane di Tito per seguire il suo personale Dio, il fratello Mihailo. A Vladimir verrà amputato un braccio per lo scoppio di una granata, e rimarrà invalido per tutta la vita. Ma alla fine della guerra, ancora pieno di vita, ritroverà l’amore e scoprirà la poesia, di cui diventerà uno splendido interprete. Nella Jugoslavia socialista, con i suoi riti e le sue stravaganze, nasce la primogenita di Vladimir, Arianna. E quello tra il padre poeta e la figlia appassionata di libri sarà un amore smisurato, divertente, pieno di magia. Cresciuta, Arianna si innamora di un giovane architetto, figlio di un importantissimo generale del controspionaggio. Sarà grazie alle indagine di quest’ultimo che Arianna scoprirà un terribile segreto che il padre le ha tenuto nascosto, come gesto estremo d’amore, e grazie al quale nulla potrà più essere come prima.

 

Tijana M. Djerkovic

belgradese, nasce come divoratrice di libri già dall’infanzia, per poi passare alla traduzione della letteratura altrui (Nina Berberova, Momo Kapor, Alda Merini, Giorgio Caproni, Barbara Alberti). Ha pubblicato in serbo due raccolte di racconti: Price iz samoce (Filip Visnjic, 2006) e Mala crna haljina (Albatros Plus, 2009).

Vive a Roma e ai Castelli Romani dal 1987, senza aver mai lasciato Belgrado.

 

 

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LA TRILOGIA DELLA MACCHINA – Miljenko Jergovic

Dal 2002 al 2007 Miljenko Jergović ha composto la cosiddetta “trilogia della macchina”, tre libri che narrano del rapporto tra l’uomo e la sua automobile. Parliamo di Buick Riviera, Freelander e di Volga Volga, di imminente pubblicazione per Zandonai, un libro che aspettiamo con smodata trepidazione. Ovviamente, pistoni e rombo del motore sono l’escamotage per parlare d’altro. . I protagonisti delle sue opere incarnano quello che possiamo definire “sentimento nazionale” e  portano con sé le loro tradizioni, la loro religione e la loro mentalità, e anche se in loro esiste la possibilità di interpretare in modo diverso il sentimento di comprensione degli altri,  sono destinati a diventare vittime della loro incapacità di elevarsi al di sopra della loro origine nazionale, di certi vecchi odii le cui origini sono ormai dimenticate, del peso di conflitti storici. La Yugoslavia.

Come nelle altre due opere, un viaggio è lo spunto iniziale per condurre il lettore in un cuore di tenebra che avvolge le esistenze. Figura centrale del romanzo è Jalal Pljevljak,  autista dell’esercito yugoslavo al servizio di alti ufficiali, credente musulmano; il nostro uomo si reca regolarmente con la sua Volga nera da Spalato, fino a Livno nella vicina Bosnia-Erzegovina, a pregare nella moschea. Finchè un incontro con una famiglia musulmana e il precipitare degli eventi lo mette al centro di vicende  storiche impensabili.

Chiave per interpretare gli ultimi decenni della storia del Paese vicino (inteso come ex Jugoslavia), l’ opera di Jergovic è di alto spessore culturale:  l’augurio è che presto anche il pubblico italiano possa conoscerlo diffusamente, e che l’editoria lo presenti degnamente: Buick Riviera, per esempio,  pubblicato da Scheiwiller libri, NON è disponibile. Che tristezza!

PRIMA DI “VOLGA VOLGA”. Buick Riviera, il primo libro della trilogia

Da  Buick Riviera è stato tratto un film nel 2008 dal regista Goran Rusinovic. Secondo l’autore stesso, si tratta di una “novella”  ambientata nella campagna del Nord America, in cui si incrociano i destini di un rifugiato serbo di Bosnia, probabilmente un criminale di guerra, e un rifugiato musulmano che aveva trascorso venti anni negli Stati Uniti d’America

Il filmè stato premiato a Sarajevo e a Pola, chissà se lo vedremo mai anche in Italia; seguendo il link potrete vederne il trailer:

http://www.youtube.com/watch?v=41QGI6SRi4g

Riportiamo una recensione per Buick Riviera, realizzata da Osservatorio Balcani:

http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/3752/1/152

Buick Riviera, Libri Scheiwiller 2004

Traduzione dal croato di Ljiljana Avirovic.
Buick Riviera di Miljenko Jergovic è una novella di fortissima intensità, che ti parla della Bosnia pur essendo ambientata negli Stati Uniti e che ti bruci in una giornata in cui fuori fa freddo e non hai voglia di fare null’altro che leggere.

È però anche qualcosa di più. Che scava dentro le narrazioni di una guerra distante nel tempo e nello spazio, ma più che mai presente nel vissuto delle persone, forse ancor più in quelle emigrate che hanno interrotto la loro storia “voltando pagina”. E nel conflitto non elaborato che si nutre di stereotipi e di fantasmi.

Sotto questo profilo l’incontro fra Vuko, ex miliziano serbo bosniaco, e Hasan, anche lui bosniaco ma mussulmano, negli Stati Uniti per sfuggire al “più bello e più triste posto al mondo”, è di una rara forza descrittiva perché capace di indagare la psicologia sociale e la sottile complicità dei due protagonisti comunque diversi da “questi stronzi americani”, visto che ” in fondo,vi era più odio in uno sguardo rivolto da suo suocero al portiere portoricano di tutto quello visto nelle guerre bosniache”.

E basta il semplice racconto (e la reticenza al racconto) dei loro conflitti coniugali in una nevosa notte dell’Oregon per capire come fosse stato possibile che le persone d’improvviso si scannassero: “Ma certo, voi eravate per la fratellanza e l’unione, ma quel genere di fratellanza e unione per le quali tutti vi sono fratelli, ma voi non lo siete per nessuno. Non va bene così, amico. Né dal punto di vista biologico, né sociale. ” Io ti ho raccontato tutto, tu invece non mi hai raccontato niente. E adesso guarda cosa siamo l’uno per l’altro”.

Così l’incontro fra due compaesani diviene l’affresco di un mondo, l’amore per una vecchia automobile americana la descrizione di quel “sogno di estero” degli jugovici di cui ci ha narrato Rada Ivekovic nel suo “Autopsia dei Balcani”, la pace e il silenzio della locanda balcanica svuotata di vita dopo il passaggio dei riservisti per farci capire come la guerra possa essere festa “che forse gli aveva dato le migliori soddisfazioni”, la campagna e la città nel pane spezzato con le mani o tagliato con il coltello, la differenza fra il basket e il calcio perché in quest’ultimo “ci sono pochi goal. E per questo gli americani non amano il calcio. Non riescono ad aspettare tanto a lungo . “.

Immagini che ti raccontano della banalità del male e del paradosso di una vicinanza in bilico fra odio e amore, fra tradizione e modernità, fra tristezza e serenità perché “niente si accompagna meglio di queste due”.

 PRIMA DI “Volga Volga” e dopo Buick Riviera- La nostra recensione d’epoca per Freelander

Freelander è il nuovo libro di Miljenko Jergovic, uno scrittore bosniaco che vale davvero la pena frequentare (ad onta dell’aspetto “orchesco”. .), degno erede di una tradizione di cantori balcanici del calibro di Ivo Andric e Danilo Kis.

Nella trilogia denominata ” delle macchine”, di cui fanno parte Buick Riviera, Freelander e Volga, Jergovic parte indagando il rapporto dell’uomo con la sua macchina (quanti ricordi personali possono evocare certe vecche carcasse di auto!), per poi volgere lo sguardo del suo obiettivo (dal taglio quasi cinematografico) alla grande storia, all’identità lacerata del popolo “iugoslavo”, ai drammi e ai lutti che hanno sconvolto quelle terre.


Freelander
Jergovic Miljenko, Zandonai

Traduzione dal croato di Ljiljana Avirovic.  

Quando tutto nella vita è andato storto, come al professor Karlo Adum, vedovo e pensionato, il quale ormai fa affidamento solo su una buona e vecchia Volvo che in trent’anni non lo ha mai piantato in asso, è forse giunto il tempo di mettersi in viaggio, e di portare con sé una pistola. Al volante della sua fedele amica, il professore percorre i chilometri che separano Zagabria da Sarajevo, la città natale da cui manca da quasi mezzo secolo. Davanti ai suoi occhi sfilano rovine, campi minati, ciminiere arrugginite e i bizzarri abitanti di una terra che non gli appartiene più. In questo pungente e disincantato romanzo on the road dominano, esplosivi, gli slanci, gli sdegni, le ossessioni e lo spirito ilare di un autore come Jergovic, che quando scrive mette in gioco l’intera esistenza

Miljenko Jergovic (1966), romanziere, poeta, giornalista e sceneggiatore, è uno dei maggiori talenti letterari della sua generazione. Le sue ultime opere tradotte in italiano sono La dimora di noce (Scheiwiller, 2005) e Insallah, Madona Insallah (Scheiwiller, 2006).

E giusto per non farci mancare niente, ci aggiungiamo anche la nostra recensione 2007 per Insallah madona insallah

MILIJENKO JERGOVIC, INSALLAH MADONA, INSALLAH, SCHEIWILLER

Uno dei migliori libri degli ultimi dodici mesi: racconti che compongono un unico disegno narrativo, ispirato alle ballate dei cantori di Dalmazia e Bosnia che venivano declamate di villaggio in villaggio. La potenza narrativa di questo autore è davvero formidabile, uno stile riconducibile a quello dello scrittore Ivo Andric e che ricorda la cinematografia di Kusturica.

Una raccolta di diciannove racconti e, insieme, un romanzo. I racconti si ispirano alle “sevdalinke”, canzoni d’amore bosniache e dalmate di antica tradizione popolare, e ad altre canzoni dalmate eseguite da gruppi canori detti “klape”. Un affresco fantastico e fiabesco, poetico e commovente, e insieme una lucida evocazione, che nulla smarrisce di una memoria storica spesso terrificante di una realtà cruda, spietata, come quella bosniaca. Costruito con una sapienza stilistica di sapore quasi barocco, propria di uno scrittore che ha ormai raggiunto una perfetta padronanza degli strumenti linguistici che gli sono familiari, ha il dono di una leggerezza che dissipa qualsiasi difficoltà di lettura. Ancora una volta, Miljenko Jergovic lancia una sfida: una sfida di paradossi tragicomici il cui senso profondo, la cui più profonda carica semantica, è innescata dalla miccia di un linguaggio che è tutt’uno con le cose.

L’AUTORE

da wikipedia

Miljenko Jergović nasce il 28 maggio del 1966 a Sarajevo dove trascorre l’infanzia e compie studi universitari in filosofia e sociologia. Nel 1988, a soli ventidue anni, esordisce come poeta con una raccolta di versi Opservatorija Varsava [Osservatorio di Atene], che gli vale il premio “Ivan Goran Kovacic” e il premio Mak Dizdar. Due anni dopo appare nella Nuova antologia della poesia bosniaca. Nel 1992 intraprende la carriera giornalistica, iniziando a scrivere per il settimanale spalatino Nedjeljna Dalmacija. Poco tempo dopo diventa collaboratore del celebre settimanale di denuncia e satira politica Feral Tribune, sulle cui colonne si dedica ai più svariati temi con la sua consueta ironia. Nel 1994, durante la guerra nei Balcani, decide di trasferirsi a Zagabria. La prima raccolta di racconti Sarajevski Marlboro [Le Marlboro di Sarajevo], che gli vale il prestigioso premio tedesco Erich-Maria Remarque e il premio Ksaver Sandor Gjalski, racconta le drammatiche vicende della guerra con affreschi commoventi e fiabeschi. La sua già vasta produzione letteraria, tradotta in molte lingue, continua a ottenere successo di pubblica e critica. Tra i molti premi vinti compare anche, nel 2003, l’italiano Grinzane Cavour per il libro Mama Leone, scritto quattro anni prima. Nel 2010 esce anche in Italia, presso Zandonai, Freelander, che racconta la storia del viaggio di Karlo Adum, professore in pensione e vedovo, tra le strade della Serbia sulla sua Volvo del ’75.

« Stava davanti al supermercato, fissava la sua macchina e pensava com’era possibile che non valesse più della benzina necessaria ad andare fino a Stoccolma. Già, ora per Zagabria girano parecchie macchine molto più costose, ma a Stoccolma non arriverebbero neppure, andrebbero in ebollizione già a metà strada, si fermerebbero da qualche parte nel cuore della Germania, si dissolverebbero in mezzo all’autostrada, mentre lei, la Volvo, sarebbe in grado, ne era certo, di tirare dritta fino al Polo Nord, e ora, improvvisamente, non valeva un fico secco. Di quel vegliardo vale meno soltanto la sua vecchia automobile. Ecco, è così che gira il mondo!»

La sua opera rimane sempre legata al contesto ex-jugoslavo, attraverso la quale si può riconoscerlo erede della miglior tradizione narrativa balcanica. Attualmente collabora con giornali come Jutarnji list di Zagabria, Oslobodjenje di Sarajevo e Politika di Belgrado. Miljenko è anche sceneggiatore di successo. Nel 2008 il film Buick Riviera, film tratto dall’omonimo romanzo, gli è valso numerosi premi al Festival del cinema di Sarajevo e Pola. È membro dei PEN Club di Bosnia e Croazia.

jergovic

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jervovic

in libreria trovate Al dì di Pentecoste,  ultima fatica del nostro autore balcanico contemporaneo preferito, Miljenko Jergovic, un libro potente dal ritmo ampio e pastoso, che ci consegnerà un impietoso ritratto del disfacimento della ex Jugoslavia.

Miljenko Jergović nasce il 28 maggio del 1966 a Sarajevo dove trascorre l’infanzia e compie studi universitari in filosofia e sociologia. Nel 1988, a soli ventidue anni, esordisce come poeta con una raccolta di versi Opservatorija Varsava [Osservatorio di Atene], che gli vale il premio Ivan Garan Kovacic e il premio Mak Dizdar. Due anni dopo appare nella Nuova antologia della poesia bosniaca. Nel 1992 intraprende la carriera giornalistica, iniziando a scrivere per il settimanale spalatino Nedjeljna Dalmacija. Poco tempo dopo diventa collaboratore del celebre settimanale di denuncia e satira politica Feral Tribune, sulle cui colonne si dedica ai più svariati temi con la sua consueta ironia. Nel 1994, durante la guerra nei Balcani, decide di trasferirsi a Zagabria. La prima raccolta di racconti Sarajevski Marlboro [Le Marlboro di Sarajevo], che gli vale il prestigioso premio tedesco Erich-Maria Remarque e il premio Ksaver Sandor Gjalski, racconta le drammatiche vicende della guerra con affreschi commoventi e fiabeschi. La sua già vasta produzione letteraria, tradotta in molte lingue, continua a ottenere successo di pubblica e critica. Tra i molti premi vinti compare anche, nel 2003, l’italiano Grinzane Cavour per il libro Mama Leone, scritto quattro anni prima. Nel 2010 esce anche in Italia, presso Zandonai, Freelander, che racconta la storia del viaggio di Karlo Adum, professore in pensione e vedovo, tra le strade della Serbia sulla sua Volvo del ’75.
« Stava davanti al supermercato, fissava la sua macchina e pensava com’era possibile che non valesse più della benzina necessaria ad andare fino a Stoccolma. Già, ora per Zagabria girano parecchie macchine molto più costose, ma a Stoccolma non arriverebbero neppure, andrebbero in ebollizione già a metà strada, si fermerebbero da qualche parte nel cuore della Germania, si dissolverebbero in mezzo all’autostrada, mentre lei, la Volvo, sarebbe in grado, ne era certo, di tirare dritta fino al Polo Nord, e ora, improvvisamente, non valeva un fico secco. Di quel vegliardo vale meno soltanto la sua vecchia automobile. Ecco, è così che gira il mondo! »

La sua opera rimane sempre legata al contesto ex-jugoslavo, attraverso la quale si può riconoscerlo erede della miglior tradizione narrativa balcanica. Attualmente collabora con giornali come Jutarnji list di Zagabria, Oslobodjenje di Sarajevo e Politika di Belgrado. Miljenko è anche sceneggiatore di successo. Nel 2008 il film Buick Riviera, film tratto dall’omonimo romanzo, gli è valso numerosi premi al Festival del cinema di Sarajevo e Pola. È membro dei PEN Club di Bosnia e Croazia.

Miljenko Jergović

AL DÌ DI PENTECOSTE, Zandonai

Quando un uomo diventa vecchio e la vita gli è già passata sopra, pensa Lazar, allora scompare in lui ogni forma di rabbia. Ora non sarebbe più disposto a picchiare, bensì si lascerebbe cadere, leggero e silente come la pioggia, come il sonno o la morte, sul bel corpo di Srda Kapurova.
n un appartamento sfitto di Zagabria viene scoperto il cadavere di una giovanissima zingara, vittima di un efferato omicidio. La polizia brancola nel buio: nessuno si presenta a riconoscere la salma, nessuno chiede notizie di lei e il suo nome non compare in alcun registro anagrafico. Si sa solo che è stata vista per l’ultima volta a un semaforo, il giorno di Pentecoste, mentre chiedeva l’elemosina danzando e cantando. La matassa si dipana pian piano attraverso cinque testimonianze che, ciascuna a suo modo, costituiscono esemplarmente ciò che rimane dell’identità jugoslava andata in frantumi con le guerre degli anni novanta: un’umanità preda del risentimento, attratta da miti posticci e dal cinismo di vecchi e nuovi malfattori. Da una pittoresca galleria di personaggi goffi e spaesati, fatalmente inclini alla malinconia e condannati a essere per sempre stranieri in patria, emerge un affresco cangiante e monumentale della Jugoslavia lungo tutto il Novecento, un crocevia di storie che sembrano scavare un gigantesco baratro. Storie intrise di magia e di epos, e forgiate dallo stile rapsodico, dalla vena dissacrante e dall’irresistibile comicità di un maestro della narrazione qual è Jergović, «uno che dissotterra e strappa con le unghie all’oblio interi pezzi di vita» (Paolo Rumiz).

Miljenko Jergović (1966), nato a Sarajevo e croato di adozione, è uno degli scrittori più talentuosi e brillanti della ex Jugoslavia. Romanziere, poeta, giornalista, sceneggiatore, ha ricevuto numerosi riconoscimenti sia in patria sia all’estero. In Italia, dopo il fortunato esordio con Le Marlboro di Sarajevo (1995), si è aggiudicato, tra gli altri, il Grinzane Cavour (2003) e recentemente il Premio Tomizza (2011). Tra i suoi ultimi romanzi tradotti in italiano ricordiamo Insallah Madona, insallah (Scheiwiller, 2006) e Freelander (Zandonai, 2009).

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jervovic

Freelander è il nuovo libro di Miljenko Jergovic, uno scrittore bosniaco che vale davvero la pena frequentare (ad onta dell’aspetto “orchesco”. .), degno erede di una tradizione di cantori balcanici del calibro di Ivo Andric e Danilo Kis.

Nella trilogia denominata ” delle macchine”, di cui fanno parte Buick Riviera, Freelander e Volga, Jergovic parte indagando il rapporto dell’uomo con la sua macchina (quanti ricordi personali possono evocare certe vecche carcasse di auto!), per poi volgere lo sguardo del suo obiettivo (dal taglio quasi cinematografico) alla grande storia, all’identità lacerata del popolo “iugoslavo”, ai drammi e ai lutti che hanno sconvolto quelle terre.


Freelander
Jergovic Miljenko, Zandonai

Quando tutto nella vita è andato storto, come al professor Karlo Adum, vedovo e pensionato, il quale ormai fa affidamento solo su una buona e vecchia Volvo che in trent’anni non lo ha mai piantato in asso, è forse giunto il tempo di mettersi in viaggio, e di portare con sé una pistola. Al volante della sua fedele amica, il professore percorre i chilometri che separano Zagabria da Sarajevo, la città natale da cui manca da quasi mezzo secolo. Davanti ai suoi occhi sfilano rovine, campi minati, ciminiere arrugginite e i bizzarri abitanti di una terra che non gli appartiene più. In questo pungente e disincantato romanzo on the road dominano, esplosivi, gli slanci, gli sdegni, le ossessioni e lo spirito ilare di un autore come Jergovic, che quando scrive mette in gioco l’intera esistenza

Miljenko Jergovic (1966), romanziere, poeta, giornalista e sceneggiatore, è uno dei maggiori talenti letterari della sua generazione. Le sue ultime opere tradotte in italiano sono La dimora di noce (Scheiwiller, 2005) e Insallah, Madona Insallah (Scheiwiller, 2006).


Il film che è stato tratto da Buick Riviera (premiato a Sarajevo e a Pola, che speriamo di vedere presto anche in Italia) inaugura la serie dei tre film tratti da omonimi libri, e seguendo il link potrete vederne il trailer:

http://www.youtube.com/watch?v=41QGI6SRi4g&NR=1

Riportiamo una recensione per Buick Riviera, realizzata da Osservatorio Balcani:

http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/3752/1/152

Buick Riviera, Libri Scheiwiller 2004
Buick Riviera di Miljenko Jergovic è una novella di fortissima intensità, che ti parla della Bosnia pur essendo ambientata negli Stati Uniti e che ti bruci in una giornata in cui fuori fa freddo e non hai voglia di fare null’altro che leggere.

È però anche qualcosa di più. Che scava dentro le narrazioni di una guerra distante nel tempo e nello spazio, ma più che mai presente nel vissuto delle persone, forse ancor più in quelle emigrate che hanno interrotto la loro storia “voltando pagina”. E nel conflitto non elaborato che si nutre di stereotipi e di fantasmi.

Sotto questo profilo l’incontro fra Vuko, ex miliziano serbo bosniaco, e Hasan, anche lui bosniaco ma mussulmano, negli Stati Uniti per sfuggire al “più bello e più triste posto al mondo”, è di una rara forza descrittiva perché capace di indagare la psicologia sociale e la sottile complicità dei due protagonisti comunque diversi da “questi stronzi americani”, visto che ” in fondo,vi era più odio in uno sguardo rivolto da suo suocero al portiere portoricano di tutto quello visto nelle guerre bosniache”.

E basta il semplice racconto (e la reticenza al racconto) dei loro conflitti coniugali in una nevosa notte dell’Oregon per capire come fosse stato possibile che le persone d’improvviso si scannassero: “Ma certo, voi eravate per la fratellanza e l’unione, ma quel genere di fratellanza e unione per le quali tutti vi sono fratelli, ma voi non lo siete per nessuno. Non va bene così, amico. Né dal punto di vista biologico, né sociale. ” Io ti ho raccontato tutto, tu invece non mi hai raccontato niente. E adesso guarda cosa siamo l’uno per l’altro”.

Così l’incontro fra due compaesani diviene l’affresco di un mondo, l’amore per una vecchia automobile americana la descrizione di quel “sogno di estero” degli jugovici di cui ci ha narrato Rada Ivekovic nel suo “Autopsia dei Balcani”, la pace e il silenzio della locanda balcanica svuotata di vita dopo il passaggio dei riservisti per farci capire come la guerra possa essere festa “che forse gli aveva dato le migliori soddisfazioni”, la campagna e la città nel pane spezzato con le mani o tagliato con il coltello, la differenza fra il basket e il calcio perché in quest’ultimo “ci sono pochi goal. E per questo gli americani non amano il calcio. Non riescono ad aspettare tanto a lungo . “.

Immagini che ti raccontano della banalità del male e del paradosso di una vicinanza in bilico fra odio e amore, fra tradizione e modernità, fra tristezza e serenità perché “niente si accompagna meglio di queste due”.

Sì, questa novella di Jergovic è qualcosa che ti fa entrare nell’intimo di tanti personaggi incontrati in questi anni di frequentazione balcanica e che ti fa capire quanto difficile sia “voltar pagina”.

E giusto per non farci mancare niente, ci aggiungiamo anche la nostra recensione 2007 per Insallah madona insallah
MILIJENKO JERGOVIC, INSALLAH MADONA, INSALLAH, SCHEIWILLER

Uno dei migliori libri degli ultimi dodici mesi: racconti che compongono un unico disegno narrativo, ispirato alle ballate dei cantori di Dalmazia e Bosnia che venivano declamate di villaggio in villaggio. La potenza narrativa di questo autore è davvero formidabile, uno stile riconducibile a quello dello scrittore Ivo Andric e che ricorda la cinematografia di Kusturica.

Una raccolta di diciannove racconti e, insieme, un romanzo. I racconti si ispirano alle “sevdalinke”, canzoni d’amore bosniache e dalmate di antica tradizione popolare, e ad altre canzoni dalmate eseguite da gruppi canori detti “klape”. Un affresco fantastico e fiabesco, poetico e commovente, e insieme una lucida evocazione, che nulla smarrisce di una memoria storica spesso terrificante di una realtà cruda, spietata, come quella bosniaca. Costruito con una sapienza stilistica di sapore quasi barocco, propria di uno scrittore che ha ormai raggiunto una perfetta padronanza degli strumenti linguistici che gli sono familiari, ha il dono di una leggerezza che dissipa qualsiasi difficoltà di lettura. Ancora una volta, Miljenko Jergovic lancia una sfida: una sfida di paradossi tragicomici il cui senso profondo, la cui più profonda carica semantica, è innescata dalla miccia di un linguaggio che è tutt’uno con le cose.

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