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Posts Tagged ‘autori danesi’

 

Siamo in Danimarca, intorno agli anni 50, e nella famiglia del lattaio è appena arrivato il televisore (si può scegliere tra il canale danese, più noioso, e quello tedesco, più “popolare”). Il giovane e innocente protagonista non è certo di capire i grandi, la sua forza sta in quel papà che è infallibile. Il potere della parola è forte anche in Danimarca, e grazie a quella il capofamiglia può farsi ascoltare e strappare lacrime in quella che è la sua specialità, recitare orazioni funebri. Ma ogni famiglia nasconde i suoi segreti, e quella raccontata con grande forza comica da Jepsen Erling non fa eccezione.

E toccherà al più piccolo cercare di sbrogliare la situazione…

Jepsen Erling  ,  L’Arte di piangere in coro , Voland

 

Danimarca - Copenàghen

Danimarca – Copenàghen (Photo credit: Wikipedia)

 

traduzione di Bruno Berni

 

In piccola cittadina danese, il figlio undicenne del lattaio trascorre la maggior parte del suo tempo a osservare il mondo e a tentare di fare contento il padre per cui ha un’ammirazione sconfinata. Questo padre, quasi eroe, è in realtà un uomo dispotico e depresso il cui unico talento è recitare commoventi orazioni funebri. E così al bambino non resta che sperare in un crescente numero di defunti… Esilarante e tragico. Irrestistibile.

  

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Greenland, Groenlandia

Greenland, Groenlandia (Photo credit: Darioste)

 

winner“Bianco ovunque, il bianco di una neve perennemente immacolata, distese scintillanti, iceberg che i giochi di luce trasformano in fantomatici velieri alla deriva, un cielo vertiginosamente alto, di un azzurro così azzurro da parere il colore dell’eternità, e poi una notte interminabile di buio e silenzio che dura sei lunghi mesi: una natura estrema, quella artica, che non lascia indenne nessuno”. Ecco come l’editore Iperborea presenta la Groenlandia di Jorn Riel.

Nasce nel 1931 a Odense, città famosa per aver dato i natali a un altro grande scrittore: Hans Christian Andersen. Da sempre appassionato esploratore, scelse giovanissimo di vivere con i cacciatori Inuit della Groenlandia, per 16 anni. Condividendo con loro la passione per quelle lande in cui tra gli uomini è possibile una diversa forma di solidarietà e collaborazione, senza le tante barriere sociali create nelle società con ampi divari economici. Legami che si stringono anche per resistere alla forza di una natura incombente, magnifica e terribile.

Dopo l’esperenza nelle terre del Nord,   ” si impiega nelle Nazioni Unite come Field Service Officer. Le missioni compiute da Riel per le Nazioni Unite lo portano nelle zone del mondo funestate dalla fame e dalla guerra. Sono di questo periodo i viaggi in Giordania, Siria, Israele, Pakistan e Africa e le raccolte di novelle Den fede, hvide Tuan (“Il grasso, bianco Tuan”, 1974), Den lange neger, Den sorte mand (“Il lungo negro, L’uomo nero”, 1990) e Den gode væver (“Il buon tessitore”, 1997), ambientate in Asia sudorientale, Medio Oriente, Cambogia e Africa. Si tratta di racconti in forma di reportage, in cui i temi dell’odio etnico, della natura della guerra, dell’abuso di potere, degli effetti del tragico incontro tra la civiltà occidentale e il Sud del mondo sono riflessi attraverso esperienze di vita in netto contrasto con il tranquillo benessere della società del welfare danese.” Da Wikipedia

Dall’amore per la cara Groenlandia sono nati i suoi libri, la maggior parte della sua “produzione” letteraria, una ventina di testi che raccontano  in modo irresistibile le avventure quotidiane e i rapporti duri e morbidi, a volte da vecchie zie, a volte bisbetici che nascono tra i cacciatori che qui si radunano, recuperando lo skrøne.
Il concetto di skrøne ci arriva proprio dal Grande Nord,e possiamo considerarlo un racconto fatto di una buona invenzione, condita con un pizzico di esagerazione, qualche grassa risata e qualche appunto di filosofia della vita. Si sta insieme, si racconta una propria avventura, esagerandola un poco, lasciando alla portata dell’ascoltatore l’esistenza di una qualche “morale”.
Safari artico, La vergine fredda, Uno strano duello, questo nuovissimo Viaggio a Nanga,  sono libri che svelano un universo per noi distante attraverso i racconti di antieroi intenti a far passare il lunghissimo inverno: uomini accomunati da un senso di libertà e amicizia, forti di una umanità resa solida dai rigori di un luogo estremo. Il Bjiork, Mads Madsen, e gli altri umili e ignoranti (nel senso buono del termine) esploratori del nulla e dell’animo umano: non li dimenticheremo, non li dimenticherete se proverete ad accostarvi alle loro vicende.

Un autore consigliatissimo, imperdibile per chi ama i libri di Paasilinna.

 

Viaggio a Nanga, Jorn Riel, Iperborea

Bjørk non crede ai suoi occhi quando il Capo Thompson vede la Veste Muri farsi strada tra i ghiacci per rifornire i cacciatori della costa. Perchè a bordo c’è proprio Halvor, che un Natale di anni prima ha divorato per errore il suo compagno, il Vecchio Niels, scambiandolo per il maiale di casa. Le cure mediche e il ritiro in seminario non sono serviti a placare i sensi di colpa del cacciatore, tornato in Groenlandia per cercare qualcosa che ha dimenticato, qualcosa di molto importante, che forse potrà dargli pace, ma cosa? Per ricordarlo intraprende un viaggio alla riscoperta della grande isola bianca, attraverso l’immenso buio dell’inverno polare, in cui “il tempo è un’illusione” che confonde il giorno e la notte, la realtà del nudo confronto quotidiano con una natura imperiosa e l’immaginazione paradossale, innaffiata di acquavite, degli avventurieri poetici e scanzonati, che abitano queste terre sperdute. Come Mads Madsen, che per la crisi di astinenza dalla sua pipa rischia di perdere un amico fraterno e qualche connotato in una furibinda scazzottata, o il raffinato Conte, che con una bottiglia di Chablis mette in piedi il primo allevamento di bue muschiato al mondo, o Fjordur, il vendicatore solitario con una ferita insanabile nel cuore e una passiona per il lavoro a maglia. Se, come insegna il saggio Bjørk, l’intelligenza è il semplice frutto della fantasia, niente è impossibile a chi sa ascoltare la natura fuori e dentro di sé, e la più impetuosa tempesta artica può dare a Halvor le risposte che cerca, conducendolo fino a Nanga, la meravigliosa montagna azzurra del Kashmir.

 

 

Traduzione di Maria Valeria D’Avino

 

13,50 euro – 192 pagine

L’autore – Jørn Riel, (1931) esploratore ed etnologo, è uno degli scrittori danesi più amati in patria, dove ogni suo titolo supera le 200mila copia. Della sua quarantina di opere, pluripremiate anche all’estero, Iperborea ha pubblicato tra le altre, Safari Artico , La vergine fredda , Una storia marittima e Prima di domani

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Adolf Hitler and Benito Mussolini in Munich, G...

Image via Wikipedia

un romanzo abilmente costruito basandosi sui fatti reali che la storia ci ha consegnato, il fallito attentato ad Hitler del luglio 1944, con una precisa ricostruzione del carattere dei protagonisti, di come in Stauffenberg (ideatore della trama) si sviluppi nel tempo l’odio per il dittatore

Stig Dalager, Quei due giorni di luglio, Lantana editore

Il romanzo che ha ispirato il film Operazione Valchiria, con Tom Cruise nei panni di Stauffenberg.

Questo romanzo storico ricostruisce i due giorni in cui si consumarono la preparazione e il fallimento dell’attentato a Hitler, evento che avrebbe potuto cambiare il corso della Storia: 19 e 20 luglio 1944. Com’è noto, per un caso fortuito, il dittatore riportò nell’esplosione solo lievi ferite.

Al centro del romanzo le anime dei due antagonisti Hitler e Stauffenberg, l’ideatore del complotto: un vero e proprio docu-drama, che conduce al tragico epilogo mescolando introspezione e dialoghi, suspense, eroismo e fallimento.

Maestro nel far rivivere i personaggi della Storia nella loro dimensione più intima e umana, Dalager porta qui in primo piano i dubbi, i pensieri e le motivazioni dei due personaggi, costruendo un ingranaggio narrativo di grande respiro.

«Dalager opera un penetrante ritratto di Hitler e una magnifica ricostruzione narrativa dell’uomo che invano tentò di combattere il Male». Publisher’s Weekly

 

«Stauffenberg appare come ossessionato. Il ritratto che emerge di lui è meno eroico e ideale di quello tradizionalmente rappresentato, ma proprio per questo molto più credibile». Das Parliament

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