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Posts Tagged ‘CARGO’

Un’ingiustizia commessa in qualche luogo è una ingiustizia commessa ovunque.

Martin Luther King

 

Qualche libro sulla questione razziale americana:

 

 

Colson Whitehead La Ferrovia Sotterranea Sur
Colson Whitehead John Henry Festival Sur
Toni Cade Bambara Gorilla amore mio Sur
Colson Whitehead I ragazzi della Nickel Mondadori
Nana Kwame Adjei-Brenyah Black Friday Sur
Alice Walker Il colore viola Sur
Fran Ross Oreo Sur
Toni Morrison Amatissima Frassinelli
Harper Lee Il buio oltre la siepe Feltrinelli
Ta Neishi Coates Tra me e il cielo Einaudi
Margaret Wilkerson Sexton La libertà possibile Fazi
James Baldwin La prossima volta il fuoco Fandango
Kiese Laymon Il giusto peso Black Coffee
Jesmyn Ward Salvare le ossa Enneenne
Ann Petry La strada Mondadori
Lewis Shiner Black & White Giulio Perrone
Zora Neal Hurston I loro occhi guardavano Dio Cargo
PER ADOLESCENTI:
Angie Thomas The hate u give Giunti
Sharon Draper Divisa in due Feltrinelli

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Richard Hughes (1900-1976) nacque a Surrey, in Inghilterra, ma i suoi antenati provenivano dal Galles e si considerava a tutti gli effetti un vero gallese.Frequentò le scuole navali, rischiò di imbarcarsi nella marina militare durante la Prima Guerra Mondiale, che terminò appena prima che ciò avvenisse, ma non perse la passione per il mare.
Basato su una ricerca dettagliata di un evento realmente accaduto, il racconto di Richard Hughes  è densamente impregnato della suspense che i migliori romanzi ambientati sul mare possono garantire! Ma non è “solo” l’evento atmosferico ad intrigare il lettore, bensì anche il comportamento che gli uomini assumono di fronte al coraggio e all’immanente.

Richard Hughes, Nel pericolo, Cargo

Un indimenticabile capolavoro della moderna narrativa d’avventura. La suspense, il coraggio, la lotta per la vita: un romanzo in cui un gruppo di uomini dovrà mettersi alla prova contro il mare in tempesta.

L’Archimede, una nave mercantile in condizioni di perfetta efficienza, intraprende un viaggio verso la Cina dopo aver raccolto merci lungo la costa orientale degli Stati Uniti.
La nave salpa da Norfolk, Virginia, in uno splendido giorno d’autunno. Ben presto, però, il tempo diventa inaspettatamente burrascoso. L’Archimede viene spinto nel vortice di un immenso uragano, e per i successivi quattro giorni sarà scosso e colpito da venti e onde, finendo fuori controllo. Intrappolato in una incessante lotta per la sopravvivenza, l’equipaggio sarà messo a dura prova come mai prima e costretto a spingersi ai confini della propria umanità…

 

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A fine febbraio, il terzo volume della tetralogia IL CIMITERO DEI LIBRI DIMENTICATI, dopo L’ombra del vento e Il gioco dell’angelo

Roberto Arlt

Image via Wikipedia



Dopo ‘L’ombra del vento’ ed ‘Il gioco dell’angelo’ finalmente arriva il tanto atteso terzo libro della tetralogia “Il cimitero dei libri dimenticati” — Barcellona, dicembre 1957. Nella libreria dei Sempere entra un individuo misterioso che acquista una preziosa edizione del Conte di Montecristo e la lascia in custodia a Daniel perché la consegni al suo amico Fermin. Il libro porta una dedica inquietante: “Per Fermin Romero de Torres, che è riemerso tra i morti e ha la chiave del futuro”, firmato “13”. Tra malintesi, imbrogli e minacciosi ricordi dal passato inizia l’indagine di Daniel per decifrare quella dedica enigmatica e capire quali segreti nasconde il suo fedele amico. Prima di potersene rendere conto, il giovane libraio viene catapultato in un passato che lo riguarda da vicino, dove la morte di sua madre Isabella si lega al destino di David Martin, il grande scrittore che dal carcere scrive Il gioco dell’angelo, e a quello del perfido editore Mauricio Valls, una vecchia conoscenza degli anni di carcere di Fermin. Quello che Daniel scoprirà non rimarrà senza effetti sulla sua vita, molte domande rimaste in sospeso avranno una risposta e lui si troverà in mano, inaspettatamente, la possibilità di vendicarsi.

Uccidere il padre
Libro di Nothomb Amélie ,  Voland

“Il 6 ottobre 2010, L’Illegal festeggiava i suoi dieci anni. Avevo approfittato della confusione per imbucarmi a questa festa a cui non ero stata invitata. Erano arrivati maghi da tutto il mondo. Parigi non era più una capitale della magia, ma la forza della nostalgia aveva sempre il suo peso. Gli habitué si scambiavano ricordi. – Bella idea travestirsi da Amélie Nothomb – mi disse qualcuno. Lo salutai con un sorriso perché non riconoscesse la mia voce. Indossare un grande cappello in un club di magia, non garantiva l’anonimato. Non volevo spiare quelli che mostravano i loro nuovi trucchi, munita di una coppa di champagne, andai nella sala in fondo. Per la maggior parte dei maghi giocare a poker senza barare è un po’ come stare in vacanza. Affidarsi alla sorte è spassarsela e, attorno a questo tavolo, avevano tutti l’aria distesa. Tranne uno, che non parlava, non rideva e vinceva” — Joe è un ragazzo che accumula patrigni e che ha una passione per la magia. Cerca un mentore e lo trova in Norman, che diventerà il suo padre acquisito. Norman lo accoglie in casa propria e a questo punto la situazione precipita. Il ragazzo farà di tutto per “uccidere il padre” e superarlo, arrivando al punto di volergli rubare la donna e cercando persino di superarlo con le carte. Un romanzo dai risvolti filosofici ben congegnati

Il giocattolo rabbioso, Roberto Arlt, Cargo

Ambientato in una Buenos Aires decadente e piena di riferimenti interculturali grazie alle continue ondate di emigranti europei, nel raccontare la “formazione” del protagonista, Silvio Astier, il romanzo narra la storia di un adolescente, della sua voglia di vivere, la sua rabbia e le sue angosce. È diviso in quattro “gironi”, quattro tappe della sua formazione in cui affronta dalla piccola borghesia immigrata ai borghesi locali, dai sottoproletari ai militari presso cui cercherà il riscatto e da cui sarà condannato. Nell’incertezza della società che lo circonda – costretto dalla disoccupazione e sedotto dalla criminalità – Silvio Astier intraprenderà la strada del delitto.

Il giocattolo rabbioso è stato per Jorge Luis Borges uno straordinario riferimento letterario (ne Il gioco del mondo), e l’ha definito non solo la migliore di tutte le opere di Arlt, ma superiore a molti dei romanzi argentini osannati all’estero. Anche Cortázar l’ha apprezzato fino a usarlo come modello per Bestiario. Il giocattolo rabbioso è da considerarsi uno dei capolavori della letteratura latinoamericana.

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Cargo Editore, due testi decisamente molto originali, frutto del lavoro di ricerca di un editore attento alle novità e ai cataloghi storici del mondo: nel primo libro il personaggio principale è una sorta di Soldato Schweik alla rovescia, disposto a tutto pur di tornare a combattere tra le fila dei soldati del Reich..

Nel secondo è il mondo Yiddish della Romania degli anni Trenta, con una stramba compagnia teatrale, ad essere protagonista.

 

Paesaggio di cemento, Jacov Lind, Cargo editore

 

Il sergente Gauthier Bachmann è il perfetto soldato nazista. In seguito alla terribile sconfitta subita a Woroschenko, dove la maggior parte del suo reggimento di fanteria viene trucidata in un solo colpo, Bachmann è dichiarato inabile al servizio. Incapace di accettare tale decisione e di ritornare a una vita tranquilla, Bachmann vaga attraverso campagne devastate dalla guerra, cercando di riunirsi al suo o, in alternativa, a qualsiasi altro reggimento. È disposto a tutto, pur di tornare al fronte, in prima linea, e dimostrare alla patria il proprio valore. Nel suo peregrinare sarà costretto a confrontarsi con gli orrori che ha visto e compiuto, e verrà ingannato e manipolato da una serie di personaggi – disertori e collaborazionisti, ufficiali corrotti e predatori sessuali – che se ne serviranno per perseguire i loro fini venali, cercando di confondersi con il contesto di omicidi ed efferatezze istituzionalizzati dalla guerra. Introduzione di Joshua Cohen.

 

Il folle cabaret del professor Fabrikant , Yirmi Pinkus, Cargo

 

Quando l’illustre e facoltoso professor Fabrikant muore, lascia a suo nipote Herman un’insolita eredità: un cabaret. O meglio, una compagnia di teatro in lingua yiddish formata da sette attrici non più giovanissime che, perse le loro grazie, cercano in ogni modo di riconquistare una fama e un pubblico ormai in declino. Siamo nella Romania degli anni Trenta e, nonostante il plumbeo orizzonte che s’addensa sull’Europa, Pinkus mette in scena un piccolo e divertente teatrino (è proprio il caso di dirlo!) in cui vedremo le sette signore litigare tra loro, spettegolare, risolvere uno strano caso di gioielli scomparsi… e lottare – stavolta tutte unite – contro l’avara e terribile madre di Herman, una megera che vorrebbe sbattere quelle deliziose e scoppiettanti vecchiette in una casa di riposo (buttando via la chiave ovviamente) per mettere le mani sul leggendario “tesoro” del suocero. Questo singolare romanzo d’esordio è un incredibile pasticcio (nel miglior senso del termine, che è quello letterale: di gourmet e di pasticceria) di fantasia, invenzione e ricostruzione storica. Pieno di humour e dialoghi piccanti, gag e battute, umorismo ebraico e ironia yiddish, allegro e spassoso, come si addice al miglior cabaret di tradizione centro-europea. Si ride di gusto… e pian piano ci si affeziona alle sue sette improbabili star. Con ventotto disegni dell’autore. Prefazione di Moni Ovadia.

 

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Lo scrittore inglese Howard Jacobson si è visto consegnare martedì sera il più prestigioso premio letterario del Commonwealth, il Man Booker Prize (nonché il più ricco, e quello che garantisce un notevole incremento delle vendite). Si è imposto su Damon Galgut, Andrea Levy, Peter Carey, Emma Donoghue e Tom McCarthy.

The Finkler Question è un romanzo sull’amore e sulla perdita, sull’amicizia maschile, come al solito sempre ben condito dall’ironia e dalla ricerca del significato della condizione ebraica nel mondo moderno, da bellezza e malinconia, temi costanti nei libri dell’autore.

Jacobson dovrebbe intervenire al Festival Internazionale di Letteratura Ebraica a Roma, vedremo se riuscirà a tener fede ai propri impegni dopo questa vittoria. In Italia è edito da Cargo, che ha appena dato alle stampe il suo nuovo libro, e ha in cantiere la traduzione de The Finkler Question.

Howard Jacobson, Un amore perfetto, Cargo

«Jacobson, autore di Kalooki Nights, romanzo corrosivo e rivelatore, è famoso come scrittore comico, e sebbene questo nuovo libro sia anche un terrificante viaggio nell’animo umano è comunque incredibilmente divertente. L’amore per lui è pazienza, gentilezza, premura, disponibilità a sopportare ogni prova. Ma è anche molto altro: complicato, divertente, crudele, malato… sempre e comunque degno degli sforzi fatti per averlo. Esattamente come questo libro incredibilmente straordinario.» [Cynthia Macdonald, Globe & Mail]

Felix Quinn è un uomo raffinato ed erudito, amante dell’arte e del piacere, che gestisce una delle più antiche e note librerie antiquarie di Londra. Sua moglie Marisa, ricca e istruita, è una donna indipendente, dal carattere riservato e sfuggente. Felix la adora. Ma poi, poco per volta, inizia a essere ossessionato dall’idea che lei lo tradisca, al punto tale che finisce per trovarle lui stesso un amante: Marius, uomo corrotto e cinico, sessualmente incontinente, che capita per caso sulla sua strada.
Howard Jacobson

Howard Jacobson

L’AUTORE – Scrittore, saggista, giornalista, Howard Jacobson è nato a Manchester nel 1942 e attualmente vive a Londra. Noto per lo stile umoristico e la vena comica dei suoi romanzi, che hanno spesso come soggetto storie di ebrei inglesi. È autore di dieci romanzi e quattro libri di non fiction. Collabora come editorialista al quotidiano «The Independent» e ha realizzato documentari per Channel 4.

Kalooki Nights, uscito per le edizioni CARGO nel 2008, è stato tra i favoriti al Man Booker Prize nel 2006 e vincitore del Jewish Quarterly Wingate Prize nel 2007, battendo, tra gli altri, Suite francese di Irène Némirovsky. L’imbattibile Walzer  ha vinto il Bollinger Everyman Wodehouse, assegnato al libro comico dell’anno (anticipando Jonathan Coe e Marina Lewycka), e il Jewish Quarterly Literary Prize for Fiction.

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Con gli occhi rivolti al cielo (Their Eyes Were Watching God 1937), è l’opera più famosa di Zora Neale Hurston, scrittrice afroamericana dell’Harlem Renaissance. Venne scritto nel 1936, mentre l’autrice si trovava ad Haiti per uno studio antropologico, mentre la vicenda è ambientata in Florida. Zora Neale Hurston è una vera e propria icona del mondo afroamericano, la prima vera grande autrice di colore statunitense, tanto che paradossalmente questo successo può aver nuociuto alla sua bravura come scrittrice, quasi oscurata da tanta fama, come nota intelligentemente Zadie Smith nella bella introduzione che accompagna questa nuova edizione del libro (l’ultima fu quella di Bompiani negli anni Novanta). I loro occhi guardavano Dio, la storia narrata da Janie, la sua vita, i suoi amori e la ricerca di se stessa, è il romanzo che la rese celebre, in cui riuscì a rendere in maniera esemplare sulla pagina l’incanto della tradizione orale afroamericana, andando oltre gli stereotipi e con il coraggio di rivendicare l’orgoglio delle radici africane.

Zora Neale Hurston, I loro occhi guardavano Dio, Cargo

Janie Stark, donna di colore di quarant’anni, rievoca la storia della sua tormentata vita. Sposata a un uomo molto più grande di lei Janie fugge per finire tra le braccia di Joe, furbo e ambizioso, che ben presto diventa un potente commerciante. Condannata a subire i soprusi di Joe, rivelatosi arrogante e violento, Janie decide di fuggire di nuovo quando incontra Tea Cake, per ricominciare una nuova vita. Ma la sorte si accanisce contro di lei, e sarà proprio Janie, quando un cane rabbioso morde Tea Cake, a dover mettere fine alle sofferenze del ragazzo con un colpo di fucile. Solo dopo aver subito un processo infamante, Janie ritorna al suo paese natale, dove vivrà nel ricordo di una felicità perduta


Zora Neale Hurston
(Notasulga, 7 gennaio 1891 – Fort Pierce, 28 gennaio 1860) è stata una scrittrice studiosa del folklore statunitense.

La Huston fece parte del movimento dell’Harlem Renaissance, scrisse quattro romanzi e pubblicò più di cinquanta racconti, sceneggiature teatrali e saggi. È conosciuta soprattutto per il suo romanzo del 1937 Con gli occhi rivolti al cielo. Nel 2002 lo studioso Molefi Kete Asante l’ha inclusa nella lista dei 100 più grandi afroamericani.

L’infanzia e gli studi

Zora Neale Hurston era la sesta degli otto figli di John e Lucy Ann Hurston (nata Potts). Suo padre era un reverendo battista, agricoltore affittuario e carpentiere, mentre sua madre era un’insegnante. Benché la Hurston dicesse di essere nata a Eatonville, in Florida, nel 1901, in realtà nacque nel 1891 a Notasulga, in Alabama, dove crebbe suo padre; la sua famiglia si trasferì a Eatonville, una delle prime città degli Stati Uniti abitata solamente da afroamericani, quando lei aveva tre anni. Più tardi suo padre divenne sindaco della città, la quale venne glorificata nelle storie della Hurston come un posto in cui i neri americani potevano vivere come volevano, indipendenti dalla società bianca. La Hurston passò il resto dell’infanzia a Eatonville, e descrisse quegli anni nel suo saggio del 1928 How It Feels to Be Colored Me.

Nel 1904 sua madre morì e suo padre si risposò quasi subito. Il padre e la matrigna la mandarono a studiare a Jacksonville, in Florida. Qualche tempo più tardi fece alcuni lavori umili per poi essere assunta come cameriera della voce solista della compagnia teatrale itinerante Gilbert & Sullivan. Nel 1917 si iscrisse alla Morgan Academy, la scuola superiore che faceva parte della Morgan State University, a Baltimora, nel Maryland. Fu in questo periodo che la ventiseienne Hurston, probabilmente per avere i requisiti necessari a conseguire la qualifica, dichiarò di essere nata nel 1901, togliendosi così dieci anni. Si diplomò nel 1918.

Lo stesso anno iniziò gli studi universitari alla Howard University, dove fu una delle prime iniziate della confraternita femminile Zeta Phi Beta e fu co-fondatrice del giornale dell’università, il The Hilltop. Nel 1924 lasciò l’università e l’anno successivo le venme offerta una borsa di studio per il Barnard College, dove sarebbe stata l’unica studente nera. La Hurston si laureò in antropologia nel 1927. Mentre era al Barnard College, condusse ricerche etnologiche con il noto antropologo della Columbia University Franz Boas. Lavorò anche con Ruth Benedict e con la compagna di studi Margaret Mead.[9] Dopo essersi laureata la Hurston passò due anni come studente laureato in antropologia alla Columbia University.
Anni ’20

Quando la Hurston arrivò a New York, nel 1925, l’Harlem Renaissance era al suo picco e presto[11] divenne una delle scrittrici più importanti. Poco dopo essere entrata al Barnard College, il racconto Spunk venne scelto per The New Negro,[18] una antologia di narrativa, poesia e saggi considerata una pietra miliare per l’arte e letteratura africana e afroamericana. Nel 1926 un gruppo di giovani scrittori neri tra cui la stessa Hurston, Langston Hughes e Wallace Thruman, si definì come i Niggerati, e fondò una rivista letteraria chiamata Fire!!, la quale aveva come protagonisti giovani artisti e scrittori dell’Harlem Renaissance.

Anni ’30

Dalla metà degli anni trenta la Hurston pubblicò alcuni racconti e Mules and Men (1935), che venne salutato con favore dalla critica e fu un’innovazine della letteratura antropologica relativa al folclore afroamericano. Nel 1930 collaborò con Langston Hughes a Mule Bone: A Comedy of Negro Life in Three Acts, una commedia che non venne mai terminata e venne data alle stampe nel 1991.

Nel 1937 la Hurston venne premiata con la prestigiosa Guggenheim Fellowship per aver condotto ricerche etnografiche in Giamaica e ad Haiti. Tell Me Horse, pubblicato nel 1938, documenta le rue ricerche sui rituali africani in Giamaica e sul vudù haitiano. La Hurston tradusse le sue ricerche antropologiche nel teatro e il suo varietà The Great Day venne premiato al John Golden Theatre di New York nel 1932.

Negli anni trenta pubblicò i primi tre romanzi: Jonah’s Gourd Vine (1934), Con gli occhi rivolti al cielo (1937), scritto durante il soggiorno ad Haiti e considerato il suo capolavoro, e Mose, l’uomo della montagna (1939).

Anni ’40 e ’50

Negli anni quaranta le opere della Hurston vennero pubblicate in periodici come The American Mercury e The Saturday Evening Post. Il suo ultimo romanzo pubblicato, Seaph on the Suwantee, importante soprattutto perché focalizzato su personaggi bianchi, venne pubblicato nel 1948.

Nel 1954 il Pittsbourgh Courier le assegnò il compito di seguire il processo per l’omicidio di Ruby McCollum, la moglie di un malvivente locale, uccisa dal suo amante, un medico bianco. Contribuì anche a Woman in the Suwanee County Jail, un libro di Willam Bradford Huie, sostenitore dei diritti civili.

Dopo gli studi

Finiti gli studi compì molti viaggi nei Caraibi e in America del Sud per immergersi nelle culture locali e condurre ricerche antropologiche. Nel 1927 sposò Herbert Sheen, un musicista jazz già suo compagno di classe all’Howard College dal quale si separò nel 1931. Nel 1939, mentre stava lavorando per la Works Project Administration, un’agenzia governativa, sposò Albetrt Price, un ventitreenne anch’esso impiegato alla WPA, ma il matrimonio finì pochi mesi dopo.Anni più tardi, in aggiunta alla sua carriera letteraria, lavorò alla North Carolina Central University, allora conosciuta come North Carolina College for Negroes.

Nel 1948 la Hurston venne accusata di molestie ad un bambino di dieci anni. Benché il caso venne chiuso e lei fosse stata scagionata perché si trovava in Honduras nel momento del presunto crimine, e il bambino fosse stato dichiarato disturbato mentalmente, la sua vita personale venne seriamente turbata dallo scandalo.

La Hurston passo gli ultimi dieci anni della sua vita come scrittrice freelance per riviste e giornali. Lavorò in una biblioteca di Cape Canaveral, in Florida, e come supplente e cameriera a Fort Pierce.

Durante un periodo di difficoltà finanziarie e di salute precaria la Hurston venne costretta al ricovero nel St. Lucie County Welfare Home, dove ebbe un infarto e morì di cardiopatia causata dall’ipertensione. Venne seppellita in una tomba senza nome nel cimitero Garden of Heavenly a Fort Pierce.[16] Nel 1973 la scrittrice afroamericana Alice Walker e la studiosa letteraria Charlotte Hunt trovarono una tomba senza nome nell’area del cimitero in cui era stata seppellita la Hurston e decisero di scrivervi il suo nome.

Accedendo alla pagina dedicata all’autrice, potrete ascoltare Zora Neale Hurston leggere brani del libro: http://www.zoranealehurston.com/

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Alfredo Bryce Echenique è uno scrittore unico, e basta leggere i titoli dei suoi libri per rendersene conto: LA TONSILLITE DI TARZAN, GUIDA TRISTE DI PARIGI, fino a quest’ultimo VITA ESAGERATA DI MARTIN ROMANA.

La solitudine, il sentimento di lontananza, la certezza che ogni vita umana possa meritare di essere raccontata è al centro della sua opera, in cui molto sovente i personaggi principali compiono le loro esperienze di vita partendo dal Perù per finire nelle strade del Quartiere Latino di Parigi. Attorno al protagonista, l’autore accosta una molteplice, caleidoscopica galleria di personaggi ed eventi, avvolgendo completamente nella sua trama il lettore.

Il suo stile può essere accostato ad una via di mezzo tra la scrittura di Cortazar e quella di Bolano, con l’aggiunta di una buona dose di ironia. Anche VITA ESAGERATA DI MARTIN ROMANA colpisce per l’originalità, e per la solidità dell’impianto narrativo, che regge alla grande nonostante l’esilità dello spunto iniziale, e le tante digressioni che si incontrano durante la lettura.

ALFREDO BRYCE ECHENIQUE, VITA ESAGERATA DI MARTIN ROMANA, CARGO

Il senorito Martin Romana discende da uno dei più antichi casati dell’aristocrazia peruviana. È un gran lettore, ammiratore di Hemingway e, a sua volta, aspirante scrittore. Preso dal sacro fuoco della letteratura, il novello don Chisciotte decide di rinunciare agli agi di una vita pacifica e lussuosa: tronca ogni legame con la sua ricchissima famiglia e si dirige alla volta di Parigi, certo di trovarvi una vita affascinante e frenetica, come l’ha letta in centinaia di libri, a cominciare proprio da quelli di Hemingway. Scopre invece una realtà ben diversa. Prende gradualmente confidenza con il mondo ostile del vicinato intrigante e pettegolo, infestato da individui malvagi, dove, tra folli notti e gelide giornate nel quartiere latino, lui e altri immigrati latinoamericani devono far fronte a mille difficoltà. Sta quasi per cedere allo sconforto e alla delusione, ma lui, Martin Romana, non può concepire la vita senza una buona dose di ironia, e quando finalmente si decide ad annotare su un quaderno azzurro le sue riflessioni, riacquista un po’ per volta tutto il suo brio e l’irresistibile humour che lo contraddistingue. Il lettore si rende conto, ben presto, che sta leggendo un’epopea densa di immaginazione e comicità in cui Martin Romana, come uno Charlot dei nostri giorni, racconta le peripezie degli immigrati latinoamericani nella Ville lumière del Sessantotto.

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