RIMESSA IN GIOCO, Maurizio Garuti
Pendragon, Bologna
Un ex calciatore, un’ascesa rapida dai campi di periferia alla serie A. Il denaro, il successo. Un grave incidente di gioco, l’abulia, l’incapacità di reggere lo stress agonistico. La fuoriuscita dal sistema, la deriva. Poi, come una palla dal rimbalzo fortuito, l’occasione illecita per rifarsi una vita e riconquistare la donna amata. Una trama avvincente, in una Bologna avida e impassibile.
Un monologo di Maurizio Garuti sarà interpretato da Ivano Marescotti a Castel Guelfo:
CASTEL GUELFO DI BOLOGNA
1310-2010
SETTIMO CENTENARIO
DELLA FONDAZIONE
IVANO MARESCOTTI IN
“700 ANNI DI ZAPPA E SPADA”
un monologo originale
sulla storia di Castel Guelfo e dei castelguelfesi
di Maurizio Garuti
venerdì 21 maggio 2010 ore 21
cortile del Palazzo comunale
degustazione offerta da LOCANDA SOLAROLA
ingresso libero
INFORMAZIONI: http://www.comune.castelguelfo.bo.it tel. 0542639211
Alla serata sarà presente Libreria Atlantide con un piccolo bookshop
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accoppiata castellana per il secondo libro presentato: autrice ed editore a Km 0! Carla Sermasi propone una raccolta di racconti con un preciso filo conduttore, sono tutte vite vissute lungo la nostra Via Emilia all’ombra di un tiglio:
Tilia Cordata, Carla Sermasi, Supporti Grafici
Un uomo, Gabriele, durante gli anni Settanta vive in solitudine i suoi ideali e arriva a simpatizzare per l’estrema sinistra: la sua è una storia narrata all’interno di una casa, inconsapevole dei suoi passi pesanti. Due sorelle, Elvira e Giulia, abitavano anch’esse là, vicino alla sepolta città romana di Claterna. Nessuno di loro sapeva di un antico vaso dai profumi ammalianti, usato molto tempo prima da Leda. “Tilia cordata” fa ombra lungo la via Emilia e si intreccia tra queste pagine di vita.
“…E’ come se guidasse una corriera del tempo, quella che percorre la strada emiliana …capace di portarci a spasso attraverso duemila anni, con tante piccole fermate prenotate, ognuna in epoche diverse. La prosa di Carla è mutevole… e si adatta perfettamente alla pieghe del tempo e dello spazio, lasciando a volte sospeso il lettore, che si trova a immedesimarsi con i suoi personaggi, sempre lucidi, sempre a tutto tondo…” Luca Martini (Scrittore)
“…Moltitudine di genti per lo più anonime hanno transitato per questo tratto di via Emilia… La mia vita nella stessa direzione, sulle stesse tracce, forse con pensieri simili traslati nel tempo. Assisto impotente al mutare del paesaggio ma lo conservo nella memoria e lo trascrivo nelle carte. Non sono un guerriero, un uomo di chiesa, un politico, un funzionario o un commerciante, sono solo un viandante.” Maurizio Molinari (Ispettore onorario per l’archeologia dell’ Emilia Romagna)
“Suggestioni, immagini evocative, fragranze lontane accompagnano le storie di vita di Tilia cordata, scivolano sulla via Emilia in una narrazione fresca e poetica, precisa e appassionata che attraversa il tempo con sorprendente leggerezza.” Raffaella Colella (Insegnante di scuola secondaria di primo grado, “Incontri” Associazione volontariato per la cultura a Dozza)
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Giorgio Comaschi, Felix Pedro, Pendragon
Vivere la straordinaria avventura della corsa all’oro, attraversare le gole del Klondike e affrontare le rapide dello Yukon, passare mesi in solitudine e silenzio a spadellare con le mani immerse nell’acqua ghiacciata, accamparsi le notti all’addiaccio vicino a un fuoco per paura degli orsi. A cavallo fra il XIX e il XX secolo è stato il destino di migliaia di uomini disposti a tutto pur di realizzare il loro sogno di ricchezza. Felice Pedroni, poi diventato Felix Pedro, è stato uno di questi leggendari cercatori. Un introverso montanaro che nel 1881 lascia l’Appennino modenese per andare a cercare una vita migliore in America e nel 1905 torna a Trignano di Fanano per prender moglie con un cinturone pieno di pepite al posto dei proiettili. Il mondo sembra ai suoi piedi ma anche la fortuna, come i filoni d’oro, prima o poi si esaurisce… Sulle tracce di questo eroe d’altri tempi, due amanti del mistero che, affascinati dalla vita di Felix Pedro e incuriositi dalle oscure circostanze della sua morte, si impegnano in ostinate ricerche e mirabolanti indagini (riesumandone persino il corpo), per ricostruire una storia di grande fascino, epica e profondamente umana al tempo stesso.
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Gina NEGRINI, Il nome sulla pelle,Coop Bacchilega
Dieci anni fa uscì, presso Bacchilega editore, la seconda edizione de Il sole nero, già edito trent’anni prima da Licinio Cappelli. Della protagonista, che lasciò sospeso il finale, si perse ogni traccia, con grande disappunto dei lettori che ne attesero invano la conclusione. Tuttavia, la ragazza de Il sole nero non fu dimenticata anche grazie alla Compagnia teatrale di Baliani- Maglietta, che l’aveva fatta rivivere nei teatri italiani. Adesso, quell’incredibile ragazza ha più di ottant’anni, e attraverso i ricordi che è riuscita a strappare alla memoria del tempo, in questo suo libro Il nome sulla pelle, quel finale ce l’ha poi raccontato. Ha raccontato la verità, ingenua e disarmata, mai furba.
Ci sono verità, nella sua lunga vita, il cui cammino è tutto in salita, verticale, irto di ostacoli, dove occorrono scalatori tenaci per issarsi e per raggiungerla nonostante l’arbitrio del potere.
Il nome sulla pelle è la storia di un ideale tradito, di un amore assassinato, di un terribile inganno. E’ la storia di un paradiso abitato da demoni, di una raggelante eclissi, di come il buio può accecare il mondo quando muore la speranza. Ed è con spietato realismo che fa assistere in prima fila a un aborto clandestino chi vuole rimandare le donne sul tavolo della mammana. E lei, l’autrice, la troviamo confusa e spaventata mentre pensa al figlio che sarà costretta a far nascere. E’ notte e se lo immagina vicino, nascosto dal buio. “Dovrò farti nascere” gli dice “e insieme dovremo pagare per la tua vita, io per avertela data e tu per doverla vivere. Pensi che ce la faremo?” Il nome sulla pelle è il marchio di fabbrica di chi nasce nei ghetti, dove le donne non sono conquiste ma prede. Dove i bambini sembrano come gli altri, ma non sono della specie migliore, non sono schietti, non ne hanno la purezza, non ne hanno l’essenza e neppure le proporzioni per la denutrizione, il rachitismo, la tubercolosi. Dice la protagonista: “Ero una di loro, solo un pochino più su nella scala sociale: io e la mia famiglia non camminavamo scalzi e ci nutrivamo più di libri che di pane, libri che ci dava a domicilio, dietro un piccolo compenso, una biblioteca circolante, la cui vetrina impolverata si apriva alla nostra mai bastante riconoscenza in via delle Moline. Eravamo poveri sì, ma non miserabili, eravamo capaci di pensare! E quando sul buio pesto dei vicoli si accendeva la luna, insinuando i suoi raggi fin sotto le volte dei portici cadenti, così che anche i ragni sembravano tessere fili d’argento, riuscivamo persino a sognare!”.
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