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Posts Tagged ‘Germania’

in vacanza con il giusto libro, Paese per Paese, Edizione 2015. Paese che vai, lettura che ti suggeriamo.

 

FRANCIA: Jean Luc Bannalec, Un caffè amaro per il commissario Dupin, Piemme

FRANCIA, Jean Michel Guenassia, La mano sbagliata, Salani

PARIGI, Cristina Petit, Qualcosa che somiglia al vero amore, TRE60

SVALBARD, Monika Kristensen, Operazione Fritham, Iperborea

ISLANDA: Jon Kalman Stefansson, I pesci non hanno gambe, Iperborea

SCOZIA, James Boswell, Diario di un viaggio alle Ebridi, Sellerio

INGHILTERRA, Helen Humphreys, Il canto del crepuscolo, Playground

INGHILTERRA, Susanne Goga, I misteri di Chalk Hill, Giunti

INGHILTERRA, John Boyne, La casa dei fantasmi, Rizzoli

INGHILTERRA\IRLANDA:Joseph O’Connor, Il gruppo, Guanda

SCOZIA, Peter May, L’uomo degli scacchi, Einaudi

GERMANIA, Brigitte Glaser, Delitto al pepe rosa, Emons

AUSTRIA, Una vita intera, di Robert Seethaler, Neri Pozza

DANIMARCA, Erik Valeur, Il settimo bambino, Neri Pozza

SVIZZERA: Martin Suter, Allmen e le dalie, Sellerio

GRECIA: Fabrizio Ardito, Sul monte Athos, Ediciclo

GRECIA, Alexandros Papadiamantis, L’assassina, Elliot

PRAGA, Gustav Meyrink, Il golem, Tre editori

PORTOGALLO: Joao Ricardo Pedro, Il tuo volto sarà l’ultimo, Nutrimenti

LISBONA, Lorenzo Pini, A Lisbona con Antonio Tabucchi, Perrone editore

OLANDA, Paolo Ciampi, L’Olanda è un fiore, Ediciclo

AMSTERDAM, Nescio, Storie di Amsterdam, Iperborea

AUSTRIA, Maya Haderlap, L’angelo dell’oblio, Keller

RUSSIA, Andrej Platonov, Cevengur, Einaudi

RUSSIA, Martin Cruz Smith, Tatiana, Mondadori

EX YUGOSLAVIA, Gordana Kuic, Il profumo della pioggia nei Balcani, Bollati

ROMANIA, Vintila Horla, Dio nato in esilio, Castelvecchi

SPAGNA: Cristina Sanchez Andrade, Le sorelle Inviernas, Elliot

SVEZIA: Carl Johan Valgren, Il bambino ombra, Marsilio

ESTONIA, Jan Cross, La congiura, Iperborea

BULGARIA, Evtimova Zdravka , Sinfonia, Controluce

LITUANIA, Romualdas Granauskass, La vita sotto l’acero, Controluce

 

in Asia

ASIA: Henri Michaux, Un barbaro in Asia,Obarrao

CINA, Xiaolu Guo, 20 frammenti di gioventù verace, Metropoli d’Asia

CINA, Pierre Loti, Gli ultimi giorni di Pechino, Luni

GIAPPONE, Yasushi Inoue, La lotta dei tori,Skira

GIAPPONE, Radika Jha, Confessioni di una vittima dello shopping, Sellerio

MALESIA, Shih.li Kow, La somma delle nostre follie, Metropoli d’Asia

TURCHIA, HAKAN GUNDAY, A con Zeta, Marcos y Marcos

INDIA, H.R.F.Keating, La crociata dell’ispettore Ghote, Elliot

ISRAELE, Eskhol Nevo, Soli e perduti, Neri Pozza

ARMENIA, Nilo Marocchino, Armenia – peregrinando lungo la via della seta, Fusta

IRAN, Fariba Hachtroudi, L’uomo che schioccava le dita, E.o

INDONESIA, Eka Kurniawan, L’uomo tigre, Metropoli d’Asia

NEPAL, Peter Mathiessen, Il leopardo delle nevi, Beat

NEPAL, John Burdett, Il padrino di Katmandu, Bollati Boringhieri

SUD EST ASIATICO: Storie dal golfo del Siam, Controluce

THAILANDIA, Sudham Pira, La terra dei monsoni, Controluce

PAKISTAN, Bapsi Sidwa, Lingua d’amore, Neri Pozza

CAUCASO, Alisa Ganieva, La montagna in festa, La nuova frontiera

 

 

 

Nel Caucaso

Alisa Ganieva, La montagna in festa, La nuova frontiera

Quando Shamil arriva al giornale trova la redazione in subbuglio: secondo una voce che sta facendo il giro del paese i russi hanno innalzato un muro per isolare il Caucaso dal resto della federazione. La situazione diventa subito incandescente: manifestazioni e scioperi si susseguono giornalmente mentre i sostenitori dei movimenti islamici si scontrano con quelli dei partiti nazionali. Shamil vorrebbe continuare la sua vita come se niente fosse ma stenta a credere ai suoi occhi quando vede la fidanzata, Madina, indossare il velo e seguire i combattenti salafiti sulle montagne. Il sangue inizia a scorrere per le strade ma Shamil continua a esitare, non vuole scappare, fino a quando non è travolto dagli eventi. Alisa Ganieva ci racconta la storia di una catastrofe imminente, del declino di una società dilaniata dall’interno dove – come una visione – nel mezzo di quello che sembra un incubo, l’immagine della montagna in festa appare come un rifugio contro tanta violenza e intolleranza.

TRADUZIONE: ZONGHETTI C.

 

 

AUSTRIA

Una vita intera, di Robert Seethaler, Neri Pozza,

un libro tenero e intriso di poesia in ogni pagina, la storia di una vita intera con i suoi momenti significativi, narrata con uno stile che ricorda quello di Robert Schneider de Le voci del mondo.

«Le parole di Seethaler sono leggere come il battito d’ali di una farfalla, ma sanno colpire al cuore con una forza incredibile».

Christine Westermann, WDR

Andreas Egger non ha mai gridato né esultato da bambino. Fino al suo primo anno di scuola non ha mai neppure davvero parlato. Quando nell’estate del 1902, ancora bimbo, lo tirano giú dal carro con cui giunge tra le montagne diventate poi sue, resta semplicemente muto a guardare in alto con grandi occhi stupiti le cime splendenti di bianco. Ha quattro anni all’epoca, e non interessa a nessuno. Men che meno a Hubert Kranzstocker, il contadino che lo accoglie controvoglia. Il bimbo è l’unico figlio di una cognata che ha condotto una vita leggera ed è stata perciò punita dal buon Dio con una tisi che se l’è portata via.

Kranzstocker non lo manda al diavolo unicamente perché reca al collo un sacchetto di cuoio con delle banconote. In compenso non esita a picchiarlo per un pane lasciato ammuffire, una vacca persa o un balbettio durante la preghiera della sera. Un giorno lo bastona a tal punto che nella gamba destra di Andreas ogni cosa va fuori posto. L’aggiustaossa di un paese vicino gliela sistema alla bell’e meglio, ma la gamba da allora spunta sbieca dall’anca, irrimediabilmente storta.

Andreas Egger non grida né esulta nemmeno quando, trent’anni dopo, fa la sua comparsa nella valle, tra le urla di gioia del paese, la squadra del cantiere della ditta Bittermann & Figli: duecentosessanta operai, dodici macchinisti, quattro ingegneri, sette cuoche e un drappello di aiutanti, l’avanguardia di una colonna incaricata di costruire una funivia e mutare per sempre il volto della valle.

Andreas Egger ubbidisce semplicemente in silenzio al suo destino: vivere tra la quiete e la bellezza dei monti e la crudeltà degli uomini. Impara cosí dapprima il mestiere di bracciante e poi di contadino, e alla fine entra a far partedella Bittermann & Figli. È «la gigantesca macchina chiamata Progresso», gli dicono. Ma a lui queste cose non interessano.

Soltanto una cosa gli sta a cuore: mettere piede nell’osteria del paese e incrociare lo sguardo di Marie Reisenbacher, la ragazza dai capelli biondi e la pelle rosea che lavora lí ai tavoli, e che un giorno gli ha procurato «un dolore sottile vicino al cuore» sfiorandogli appena il braccio. Perciò quando, un pomeriggio di fine agosto, riesce a strappare un bacio a Marie e a stringerla a sé e lei gli dice «Ohi. Quanta forza, che hai!», gli sembra di capire che, oltre alla crudeltà, esiste anche la possibilità del bene e della felicità tra gli esseri umani.

Nominato «libro dell’anno» dai librai tedeschi, selezionato da Der Spiegel come uno dei romanzi piú importanti del 2014, accolto con entusiasmo dalla critica e dal pubblico in Germania, Una vita intera si segnala, nella narrativa contemporanea, per la bellezza della sua scrittura e l’originalità della sua narrazione: l’unicità di un’esistenza qualunque.

 

 

In Indonesia

Una nuova interessante voce della narrativa dell’Asia emergente: Eka Kurniawan dona voce ad un colorito affresco di personaggi per descrivere le mille voci del suo Paese,l’Indonesia, sospeso tra una modernità capace di cambiare i costumi e un ambiente sociale in cui convivono ancora pregiudizi e credenze ancestrali. Come il “matrimonio” tra certi uomini privilegiati dal destino e la tigre bianca, capace di vivere in simbiosi dentro l’essere umano. Se la scena si apre con un inspiegabile delitto, e la piega che sembra prendere il romanzo dà adito al sospetto di una magia sorta da questo connubio tra uomo e animale, l’autore poi ci conduce a cercare i reali motivi dell’accaduto all’interno dei segreti che animano la scena famigliare…

Eka Kurniawan, L’uomo tigre, Metropoli d’Asia

 

In una piccola cittadina indonesiana, il ventenne Margio uccide Anwar Sadat, un anziano e incallito sciupafemmine. L’omicidio viene compiuto in modo insolito: Margio ha morso il collo della vittima fino a spezzarne l’osso, proprio come una tigre uccide la sua preda. Sullo sfondo di un’Indonesia moderna ma ancora radicata in tradizioni ancestrali, il romanzo conduce il lettore in un labirinto di abusi e magie, di forti pregiudizi e impulsi irrefrenabili. Con uno stile composito, vivace e ironico, l’autore ci racconta la storia di due famiglie tormentate e di Margio, giovane a cavallo tra ambiente urbano e rurale e combattuto tra due nature, quella umana e quella soprannaturale.

«La tigre era bianca come un’oca, feroce come un cane selvatico. Mameh la vide emergere una volta per un breve istante dal corpo di Margio, come un’ombra. Non l’aveva mai vista prima e non l’avrebbe più rivista. Un segno indicava la presenza della tigre dentro il fratello; Mameh sapeva riconoscerlo ma ignorava se fosse l’unica in grado di farlo. Si poteva vedere solo al buio, era uno scintillio giallo, felino, che balenava negli occhi di Margio. Inizialmente lei si spaventava nel vedere quegli occhi, terrorizzata all’idea che la tigre potesse riemergere. Ma con il passare del tempo, e con il fatto che ormai vedeva quegli occhi che brillavano al buio fin troppo spesso, smise di preoccuparsene. La tigre non era sua nemica e non le avrebbe fatto del male; anzi, forse era lì per proteggere tutti loro».

Eka Kurniawan è nato a Tasikmalaya (nella parte ovest dell’isola di Giava) nel 1975. Ha studiato filosofia alla Gadjah Mada University di Yogyakarta e lavora come giornalista, scrittore e designer. Grazie al romanzo Cantikitu Luka (2002), prende subito posto tra i maggiori protagonisti della nuova scena letteraria in Indonesia, un Paese che sta rinascendo dopo decenni di una dittatura repressiva, conclusa nel 1998. L’uomo tigre è in corso di pubblicazione anche in Francia e Gran Bretagna

“Il giovane Eka Kurniawan è senza dubbio tra gli scrittori più interessanti presenti oggi nello scenario letterario indonesiano»

The Sun Daily

«Scoprire l’eleganza della scrittura di Eka Kurniawan e l’esuberanza del suo immaginario è entusiasmante come guardar cadere i primi fiocchi di neve da un cielo invernale»

The Jakarta Post

Traduzione di Martignoni M.

 

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Russia

Perseguitato dal regime, questo capolavoro di Platonov vide la luce in Russia solo nel 1988, sessanta anni dopo essere stato scritto. “La devastante fiducia degli idioti che agiscono e parlano nel romanzo di Platonov ha la grandiosa, grottesca vitalità che sommuove i pensieri e le passioni dei Demoni e dell’ Idiota di Dostoevskij” scrisse Alfredo Giuliani nel 1990 su Repubblica, a proposito di questo testo. Un ritorno molto gradito in libreria!

Fu Gorkj, allora responsabile della concessione dei nulla osta governativi per la pubblicazione dei libri a bloccarne l’uscita, considerandolo offensivo nei confronti dei valori della rivoluzione: per esempio il protagonista, monta un cavallo chiamato “Forza proletaria”e il suo scudiero, quasi accostato al Sancho Panza di Cervantes, lo accompagna in giro per la steppa alla ricerca del “Vero socialismo”… Era già troppo questo forse: si sa che l’ironia non è una delle doti di cui sono ricchi i regimi autoritari..

Andrej Platonov, Cevengur, Einaudi

Una città dimenticata da Dio nel cuore della steppa, abitata da uomini inselvatichiti dalla miseria. Ma anche in questo luogo è passata la rivoluzione e ha lasciato sogni e sentimenti sulla nuova società da costruire. Il romanzo di Platonov è la cronaca emozionante, ora tragica, ora comica, di questo momento magico, quando gli ultimi del mondo sembrano diventare i protagonisti della Storia. Gli esiti della rifondazione utopica sono paradossali, bislacchi, votati al disastro, che puntualmente arriverà, ma i personaggi restano nella memoria del lettore con tutto il loro carico di umanità. Uno dei più grandi capolavori della letteratura russa del Novecento, scritto nella seconda metà degli anni Venti ma pubblicato in Russia solo nel 1988, in una nuova edizione integrale accuratamente tradotta.

A cura di DiscacciatiO.

 

 

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LITUANIA, Romualdas Granauskass, La vita sotto l’acero, Controluce

Non sono più terre vergini quelle che ospitano la vecchia Monika Kairiene, rimasta sola a preservare la memoria del marito e del figlio morti nella casa diroccata ai margini di un villaggio fantasma, dove adesso dominano la solitudine e lo spaesamento. Dopo le sofferenze subite durante la dittatura sovietica, con la spoliazione dei beni e delle terre dovuta alla collettivizzazione, per lunghi anni le genti del villaggio lituano al centro di questo romanzo sono state schiave del miserabile sussidio che proveniva dal lavoro nei kolkhoz. In seguito alla liberazione, la modernità ha cancellato per sempre lo stile di vita contadino, sono arrivate le macchine “rombanti” sulle strade asfaltate di fresco, i rapporti umani sono diventati ruvidi e tutti hanno lasciato la terra per trasferirsi verso “l’abitato”. “La vita sotto l’acero” è una raffinata metafora sulla rapacità degli uomini nella società moderna. Un romanzo di protesta che attraverso la voce e i ricordi della protagonista mette a confronto passato e presente, senza cedere a rimpianti nostalgici.

 

English: Dunbuy. Visited by Samuel Johnson and...

English: Dunbuy. Visited by Samuel Johnson and James Boswell on 24th.Aug.1773. Also associated with Scott’s, “The Antiquary” (Photo credit: Wikipedia)

 

 

 

 

 

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« Le strade attraversano lunghe il paese, i villaggi si stendono nella luce grigia, gli alberi stormiscono e le foglie cadono, cadono. Per le strade vanno passo passo, con le loro divise stinte e sudice, le grige colonne. I visi setolosi sotto gli elmetti d’acciaio sono sottili e scavati dalla fame, dalla miseria, stenti e ridotti ai lineamenti che segnano l’orrore, il valore e la morte. »

 

 

Il romanzo venne pubblicato a puntate sul quotidiano tedesco Vossische Zeitung tra il Dicembre del 1930 e il Gennaio del 1931. Successivamente venne pubblicato nell’Aprile del 1931. L’opera racconta l’esperienza vissuta da un giovane reduce dalle trincee della prima guerra mondiale, al rientro in Germania e il tentativo di reinserirsi nella vita quotidiana. Si colloca cronologicamente come seguito di Niente di nuovo sul fronte occidentale e prima del romanzo Tre camerati, a formare una trilogia capace di raccontare in maniera esemplare l’orrore: in questo libro il tema è quello del ritorno a casa dei sopravvissuti alla Prima guerra mondiale, alla sconfitta della Germania. Di cinquecento uomini iniziali della compagnia, solo una trentina ce l’ha fatta.

Immaginate uno studente delle scuole professionali come Ernst, il narratore, partito per difendere la patria, lasciando i banchi di scuola per vedere la morte in faccia, uccidere con la baionetta un soldato francese, far morire dissanguato un graduato inglese, vedere cadere uno dietro l’altro i commilitoni (spesso compagni di classe)

Remarque in Davos, 1929.

Remarque in Davos, 1929. (Photo credit: Wikipedia)

,emozioni rese magistralmente da Remarque. Poi, sentirsi esclusi dalla gretta società che li ha mandati al macello, lontani, orfani dello spirito fraterno che li hanno legati agli altri fanti in trincea: che senso ha tornare a scuola, dopo essere diventati uomini in questo modo? Come convivere con quanto è rimasto dentro di quei tremendi giorni?

 

Un grande autore, Remarque,le cui opere finirono bruciate dai solerti nazisti…

 

Erich Maria Remarque, La via del ritorno, Neri Pozza

 

Quattro anni trascorsi in trincea, in un inferno di orrori, in un lembo di terra tutta buchi e distruzione, tra brandelli di divise, lampi d’artiglieria e missili che solcano il cielo come fiori colorati e argentei… e poi in un giorno del 1918 ecco, improvvisa, la pace. Niente più mitragliatrici, niente più spari, nessun sibilo di granate. Comincia la ritirata e il ritorno in Germania per Ernst e la sua compagnia. Trentadue uomini, su più di cinquecento fanti partiti all’inizio della Grande guerra. Attraversano la Francia camminando lentamente, con le loro divise stinte e sudicie, i volti irsuti sotto gli elmetti d’acciaio. Magri e scavati dalla fame, dalla miseria, dagli stenti. Anziani con la barba e compagni smilzi non ancora ventenni, coi lineamenti che segnano l’orrore, il coraggio e la fine, con occhi che ancora non riescono a capire: sfuggiti al regno della morte, ritornano davvero alla vita? Lungo la strada incontrano i nemici, gli americani. Indossano divise e mantelli nuovi, scarpe impermeabili e della misura giusta. Hanno armi nuove e tasche piene di munizioni. Sono tutti in ordine. Al loro confronto Ernst e i suoi hanno l’aspetto di una vera banda di predoni. Eppure, una sola parola sgarbata e si lancerebbero all’assalto, selvaggi e sfiatati, pazzi e perduti. Arrivano in Germania di sera, in un grosso villaggio. Qualche festone appassito pende sopra la strada. Dei manifesti stinti dalla pioggia danno Il benvenuto. Ma nessuno li accoglie. Nessuna ragazza li saluta lungo la via, soltanto qualche bambino affamato corre loro accanto. Tutti sembrano tornati a occuparsi di se stessi, la vita continua come se loro fossero degli accessori. È quella davvero la patria, quella la casa? Oppure il fronte, quell’inferno di orrore e distruzione è penetrato così a fondo nei loro cuori che il lembo di terra della trincea è diventato la loro vera patria, terribile e straziante? Pubblicato per la prima volta a puntate sulla Vossische Zeitung e poi in volume nel 1931, La via del ritorno, riproposto qui in una nuova traduzione, fa parte, insieme con Niente di nuovo sul fronte occidentale e Tre camerati, della trilogia di Erich Maria Remarque dedicata alla Grande guerra. È uno dei libri più riusciti dello scrittore messo al bando dai nazisti, un’opera in cui la potenza delle immagini e delle parole si coniuga perfettamente con la storia narrata di un giovane reduce della Grande guerra. La prosa lieve e malinconica di Remarque raggiunge in queste pagine la sua più compiuta espressione, indugiando con maestria sui desolati paesaggi del terribile conflitto e restituendo al lettore l’anima di un personaggio che è il simbolo di un’intera generazione: una generazione che ha creduto di tornare a casa e dimenticare l’inferno delle trincee, e che invece ne è rimasta sopraffatta.

 

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Gli orfani di Philip Kerr e delle indagini del suo detective Bernard Gunther nella Germania degli anni Trenta possono affidarsi con sicurezza alla penna sapiente di Robert Hultner. Le medesime atmosfere cupe, in cui è possibile avvertire lo sgretolamento della società civile che l’avvento della dittatura reca con sé, potete ritrovarle nelle imprese di Paul Kajetan, già protagonista di altre opere dell’autore.

Con discreta abilità l’autore riesce a calarci in quel clima, presentando un eroe lontano da quel crogiuolo di violenza che stava diventando il Paese tedesco, e anche le descrizioni del piccolo paesino di montagna in cui si svolge l’azione non può non affascinare!

 

Robert Hültner,

La tempesta di neve, Del Vecchio edizioni

Anno 1928: tempi politicamente e socialmente turbolenti quelli in cui si muove il detective Paul Kajetan. Bassino, con pizzetto e occhio arguto, dapprima ispettore della polizia di Monaco, viene allontanato perché “troppo zelante” e inviato in montagna, a Walching. Ma a ogni indagine svela corruzione e disonestà nel corpo di polizia e, radiato, finisce per fare l’investigatore privato. L’ultima indagine lo porta troppo vicino ai pezzi grossi della corruzione della polizia cittadina ed è costretto a fuggire. Nel varcare il confine austriaco, è colto da una tempesta di neve e rischia di morire, ma si salva per ritrovarsi invischiato in una nuova avventura: è il principale sospettato dell’omicidio del locandiere Thannheiser, e viene arrestato. Quando il commissario locale scopre la sua vera identità gli promette di non consegnarlo alla polizia di Monaco a una condizione: Kajetan dovrà aiutarlo nelle indagini sull’omicidio. Con il procedere dell’indagine, Hültner dall’arcaico e spoglio paesino di Zellach spalanca la visuale sugli albori dell’era hitleriana, e racconta una storia avvincente, profonda e crudele di persecuzioni politiche, perfide congiure e umana disperazione.

 

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Thomas Mann mit Familie in Nidden

Thomas Mann mit Familie in Nidden (Photo credit: Wikipedia)

da  Erika Mann, prima figlia del NObel Thomas, dieci storie di persone comune, scritte  con l’intento di rendere noto al pubblico americano la condizione di vita sotto il tallone dell’oppressione nazista, prima dell’entrata in guerra della nazione americana.

 

 

 

Erika Mann,

QUANDO SI SPENGONO LE LUCI

Storie dal Terzo Reich, Il saggiatore

 

Germania, ottobre 1938. Uno straniero passeggia tra i vicoli di una città di provincia. Sono da poco passate le nove di sera e la città è irrealmente deserta e silenziosa, si odono solo il fruscio di bandiere appese alle finestre, l’abbaiare di un cane che si confonde con l’eco di una voce di un uomo.

Lo straniero siede ai piedi di un monumento, guarda il cielo, assapora la quiete e la serenità della notte. Non sa che la voce lontana è quella di Adolf Hitler che parla al suo popolo, non sa che da lì a poco tempo dalla Germania partirà l’offensiva che darà inizio alla Seconda guerra mondiale.

In Germania, molti intellettuali e artisti sono fuoriusciti da anni, scegliendo o dovendo scegliere l’esilio come autodifesa. Una di loro vuole far capire che cosa sta succedendo, che cosa è già successo e soprattutto quello che ancora potrebbeessere fatto.

Quando si spengono le luci, volume di racconti brevi scritti in presa diretta da Erika Mann in pochi mesi, è testimonianza e appello.

L’autrice racconta di gente comune, non di eroi né di criminali al servizio del Terzo Reich: sono viaggiatori, medici, commercianti, contadini, professori universitari, operai, sacerdoti, giornalisti, madri di famiglia e marinai i protagonisti delle sue «storie vere».

In un racconto, il professor Habermann conduce per mano i suoi allievi all’insubordinazione in pectore, durante una lezione, col solo ragionare correttamente di diritto in un’aula universitaria. In un altro, due giovani ragazzi innocenti, non certo avversi al regime, si suicidano per colpa della leggerezza incompetente di un medico nazista, in un contesto di ubbidienza cieca a cui loro per primi si sono volontariamente uniformati. Per i due giovani il processo post mortem si chiude con una vuota frase di circostanza e il rammarico che al Terzo Reich sia stata tolta «forza lavoro»: di certo un futuro fedele soldato e, con tutta probabilità, una buona fattrice di bambini.

Nella postfazione «Un nuovo tipo di scrittrice», Agnese Grieco scende dietro le quinte dell’opera di Erika Mann, mettendo in luce la delicatezza illuminista e la misura perfetta con cui Quando sispengono le luci analizza la doppia natura faustiana dell’anima tedesca, per cercare di capire e affrontare il presente hitleriano e testimoniare, al tempo stesso, un’altra Germania.

 

Erika Mann (Monaco di Baviera, 1905 – Zurigo 1969), saggista, performer, scrittrice e giornalista, figlia primogenita di Thomas Mann e Katja Pringsheim, abbandona la Germania del Terzo Reich nel 1933 assieme al fratello Klaus, scegliendo la via dell’esilio che la porterà in Svizzera, Inghilterra e Stati Uniti.

Corrispondente per radio e giornali inglesi e americani, autrice di fortunati libri per l’infanzia, reporter di guerra, conferenziera di successo, curatrice del lascito letterario del padre e del fratello, Erika Mann attraversa anni cruciali all’insegna di un instancabile impegno intellettuale.

Tra le pubblicazioni in italiano, Caro Mago. Lettere e risposte 1922-1969 (il Saggiatore 1990), che raccoglie la corrispondenza con il padre.

 

Agnese Grieco è nata a Milano, dove si è laureata in Filosofia, e ha conseguito il dottorato di ricerca presso la Freie Universität di Berlino, città in cui vive dal 1996.

Da anni lavora come scrittrice, drammaturga e regista teatrale fra Italia e Germania.

Per il Saggiatore ha pubblicato Wittgenstein (1998), Per amore (2005), Anatomia di una rivolta (2010).

 

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Thomas Mann, 20 April 1937

Thomas Mann, 20 April 1937 (Photo credit: Wikipedia)

Si sta sempre attenti alla pubblicazione di un nuovo testo di narrativa da parte dell’editore Nutrimenti, visto che “non ci ha mai tirato pacchi”, anzi! E anche se non costa 9,90 euro siamo certi che le 528 pagine di questo libro soddisferanno i palati esigenti dei lettori. Le vite di Bertold Brecht e Thomas Mann sono decisamente diverse, ma convergeranno negli anni dell’ascesa al potere di Hitler, costretti ad abbandonare il Paese per le loro posizioni dure nei confronti del dittatore. Cosa può fare un artista quando il mondo crolla accanto a lui? Restare a combattere in patria, insieme a chi non può fuggire, o rifugiarsi altrove e condurre la propria battaglia da un luogo differente? C’è tanta storia, ovviamente, il dramma di una nazione considerata un faro della civiltà, che sprofonda nella follia collettiva della caccia al diverso. E ci sono i due grandi protagonisti, ad illuminare la scena a loro modo!

Bert e il mago, Fabrizio Pasanisi, Nutrimenti

È il 1933 quando l’incendio del Reichstag a Berlino segna il destino della Germania, vittima dell’ascesa inarrestabile di Hitler: i nazisti accusano del rogo i comunisti e avviano una spietata caccia all’uomo. Il giorno successivo all’incendio, 28 febbraio, Bertolt Brecht, che è nell’elenco degli artisti non graditi per le sue simpatie comuniste, lascia in tutta fretta il paese. Appena qualche settimana prima, l’11 febbraio, a varcare la frontiera era stato Thomas Mann, dopo che una conferenza su Wagner a Monaco di Baviera gli aveva attirato le ire dei nazionalisti hitleriani. Di fronte ai due si apre il lungo, doloroso cammino dell’esilio.
Con stile incalzante e cura rigorosa nella ricostruzione degli eventi e nel ritratto dei personaggi e delle loro relazioni, Bert e il Mago mette in forma di romanzo le vite parallele di due dei maggiori esponenti della cultura europea novecentesca: la formazione della loro poetica, la genesi delle opere, la notorietà e i riconoscimenti, i risvolti meno noti della sfera privata, il fatale scontro con l’aberrazione nazista.
Due scrittori rivali, distanti per età, credo politico e concezione di letteratura, ma legati da una sorte comune: quella dell’intellettuale posto di fronte alla sopraffazione e alla violenza della storia; quella dell’uomo costretto alla fuga, e al ripensamento dei propri valori, davanti alla follia del mondo.
Fabrizio Pasanisi

Fabrizio Pasanisi è giornalista, autore televisivo, studioso di letteratura e traduttore. Con Bert e il Mago, suo libro d’esordio, è stato finalista al Premio Italo Calvino 2012, dove ha ricevuto la menzione speciale della giuria.

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