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Photograph of an Alaska Native woman wearing a...

Photograph of an Alaska Native woman wearing a coat with a fur collar. Original title was “Eskimo woman”–likely Inuit/Inupiat based on location of photographer (Nome), but also might be Yup’ik. (Photo credit: Wikipedia)

Siberia, Canada, Groenlandia… Anche qua l’uomo bianco ha mostrato il suo volto rapace nei confronti dei nativi.

 
Artico Nero –
La lunga notte dei popoli dei ghiacci,
Matteo Meschiari , Exorma
Sette storie da un Artico nero e morente, ambientate in Canada, nella Norvegia settentrionale, in Siberia, in Groenlandia: luoghi dove la distruzione di una cultura sta anticipando gli scenari peggiori.
 
«I popoli circumpolari non hanno solo in comune un habitat, dei tratti di cultura materiale e una complicata storia di intrecci genetici. Quello che hanno condiviso fino a mezzo secolo fa era una visione animistica dell’esistenza, centrata sugli animali, sulla caccia e sul potere degli sciamani».
 
Un’analisi politica e sociale incassata nel modello romanzo-saggio. Un modo nuovo di raccontare e fare antropologia: antropofiction.
 
Uelen, penisola della Chukotka, estremo oriente russo al confine con l’Alaska. Alcuni cacciatori Ciukci tornano a riva dopo aver catturato una balena. Contravvenendo a regole millenarie, anziché distribuire la carne a tutti decidono di metterla in vendita: hanno bisogno di soldi per continuare a indebitarsi con i Russi che vendono loro un distillato micidiale fatto con acqua, lievito e zucchero.
 
È crollato il potere centrale sovietico, i sottomarini nucleari sono stati abbandonati in rada, luci di crepuscolo, la ruggine. Nelle strade i camion dell’esercito non hanno più benzina. I nativi li smontano, usano l’acciaio delle balestre per fabbricare arpioni. Come in un’apocalisse boreale, i sopravvissuti cacciano gli ultimi trichechi. La notte si ubriacano. Un lento genocidio.
 
Culture venute dal Paleolitico si dissolvono come i ghiacci per il surriscaldamento globale; come quella dei Saami, o degli Inuit avvelenati dall’uranio americano. O degli Inupiat, inebetiti dentro scatole di lamiera chiamate case, scacciati dalle società petrolifere. O degli Jakuti che diventano i nuovi schiavi del commercio dell’avorio di mammut.
 
Matteo Meschiari
 
Matteo Meschiari (Modena, 1968) insegna antropologia e geografia all’Università di Palermo. Studia il paesaggio in letteratura, la wilderness, il camminare, lo spazio percepito e vissuto presso varie culture di interesse etnografico. Ha pubblicato le sue ricerche con Sellerio, Liguori e Quodlibet.

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Greenland, Groenlandia

Greenland, Groenlandia (Photo credit: Darioste)

 

winner“Bianco ovunque, il bianco di una neve perennemente immacolata, distese scintillanti, iceberg che i giochi di luce trasformano in fantomatici velieri alla deriva, un cielo vertiginosamente alto, di un azzurro così azzurro da parere il colore dell’eternità, e poi una notte interminabile di buio e silenzio che dura sei lunghi mesi: una natura estrema, quella artica, che non lascia indenne nessuno”. Ecco come l’editore Iperborea presenta la Groenlandia di Jorn Riel.

Nasce nel 1931 a Odense, città famosa per aver dato i natali a un altro grande scrittore: Hans Christian Andersen. Da sempre appassionato esploratore, scelse giovanissimo di vivere con i cacciatori Inuit della Groenlandia, per 16 anni. Condividendo con loro la passione per quelle lande in cui tra gli uomini è possibile una diversa forma di solidarietà e collaborazione, senza le tante barriere sociali create nelle società con ampi divari economici. Legami che si stringono anche per resistere alla forza di una natura incombente, magnifica e terribile.

Dopo l’esperenza nelle terre del Nord,   ” si impiega nelle Nazioni Unite come Field Service Officer. Le missioni compiute da Riel per le Nazioni Unite lo portano nelle zone del mondo funestate dalla fame e dalla guerra. Sono di questo periodo i viaggi in Giordania, Siria, Israele, Pakistan e Africa e le raccolte di novelle Den fede, hvide Tuan (“Il grasso, bianco Tuan”, 1974), Den lange neger, Den sorte mand (“Il lungo negro, L’uomo nero”, 1990) e Den gode væver (“Il buon tessitore”, 1997), ambientate in Asia sudorientale, Medio Oriente, Cambogia e Africa. Si tratta di racconti in forma di reportage, in cui i temi dell’odio etnico, della natura della guerra, dell’abuso di potere, degli effetti del tragico incontro tra la civiltà occidentale e il Sud del mondo sono riflessi attraverso esperienze di vita in netto contrasto con il tranquillo benessere della società del welfare danese.” Da Wikipedia

Dall’amore per la cara Groenlandia sono nati i suoi libri, la maggior parte della sua “produzione” letteraria, una ventina di testi che raccontano  in modo irresistibile le avventure quotidiane e i rapporti duri e morbidi, a volte da vecchie zie, a volte bisbetici che nascono tra i cacciatori che qui si radunano, recuperando lo skrøne.
Il concetto di skrøne ci arriva proprio dal Grande Nord,e possiamo considerarlo un racconto fatto di una buona invenzione, condita con un pizzico di esagerazione, qualche grassa risata e qualche appunto di filosofia della vita. Si sta insieme, si racconta una propria avventura, esagerandola un poco, lasciando alla portata dell’ascoltatore l’esistenza di una qualche “morale”.
Safari artico, La vergine fredda, Uno strano duello, questo nuovissimo Viaggio a Nanga,  sono libri che svelano un universo per noi distante attraverso i racconti di antieroi intenti a far passare il lunghissimo inverno: uomini accomunati da un senso di libertà e amicizia, forti di una umanità resa solida dai rigori di un luogo estremo. Il Bjiork, Mads Madsen, e gli altri umili e ignoranti (nel senso buono del termine) esploratori del nulla e dell’animo umano: non li dimenticheremo, non li dimenticherete se proverete ad accostarvi alle loro vicende.

Un autore consigliatissimo, imperdibile per chi ama i libri di Paasilinna.

 

Viaggio a Nanga, Jorn Riel, Iperborea

Bjørk non crede ai suoi occhi quando il Capo Thompson vede la Veste Muri farsi strada tra i ghiacci per rifornire i cacciatori della costa. Perchè a bordo c’è proprio Halvor, che un Natale di anni prima ha divorato per errore il suo compagno, il Vecchio Niels, scambiandolo per il maiale di casa. Le cure mediche e il ritiro in seminario non sono serviti a placare i sensi di colpa del cacciatore, tornato in Groenlandia per cercare qualcosa che ha dimenticato, qualcosa di molto importante, che forse potrà dargli pace, ma cosa? Per ricordarlo intraprende un viaggio alla riscoperta della grande isola bianca, attraverso l’immenso buio dell’inverno polare, in cui “il tempo è un’illusione” che confonde il giorno e la notte, la realtà del nudo confronto quotidiano con una natura imperiosa e l’immaginazione paradossale, innaffiata di acquavite, degli avventurieri poetici e scanzonati, che abitano queste terre sperdute. Come Mads Madsen, che per la crisi di astinenza dalla sua pipa rischia di perdere un amico fraterno e qualche connotato in una furibinda scazzottata, o il raffinato Conte, che con una bottiglia di Chablis mette in piedi il primo allevamento di bue muschiato al mondo, o Fjordur, il vendicatore solitario con una ferita insanabile nel cuore e una passiona per il lavoro a maglia. Se, come insegna il saggio Bjørk, l’intelligenza è il semplice frutto della fantasia, niente è impossibile a chi sa ascoltare la natura fuori e dentro di sé, e la più impetuosa tempesta artica può dare a Halvor le risposte che cerca, conducendolo fino a Nanga, la meravigliosa montagna azzurra del Kashmir.

 

 

Traduzione di Maria Valeria D’Avino

 

13,50 euro – 192 pagine

L’autore – Jørn Riel, (1931) esploratore ed etnologo, è uno degli scrittori danesi più amati in patria, dove ogni suo titolo supera le 200mila copia. Della sua quarantina di opere, pluripremiate anche all’estero, Iperborea ha pubblicato tra le altre, Safari Artico , La vergine fredda , Una storia marittima e Prima di domani

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“Bianco ovunque, il bianco di una neve perennemente immacolata, distese scintillanti, iceberg che i giochi di luce trasformano in fantomatici velieri alla deriva, un cielo vertiginosamente alto, di un azzurro così azzurro da parere il colore dell’eternità, e poi una notte interminabile di buio e silenzio che dura sei lunghi mesi: una natura estrema, quella artica, che non lascia indenne nessuno”. Ecco come l’editore Iperborea presenta la Groenlandia di Jorn Riel.
Negli anni 50, ventenne, Jorn Riel si unì alla spedizione di un geologo nelle fredde terre di Groenlandia, attratto dalle cosiddette “zone bianche”, quei lembi di terra praticamente inesplortati dell’isola più grande del mondo. Da questo amore sono nati i suoi libri, che raccontano (per quel che riguarda le sue traduzioni italiane) in modo irresistibile le avventure quotidiane e i rapporti duri e morbidi, a volte da vecchie zie, a volte bisbetici che nascono tra i cacciatori che qui si radunano, recuperando lo skrøne.
Il concetto di skrøne ci arriva proprio dal Grande Nord,e possiamo considerarlo un racconto fatto di una buona invenzione, condita con un pizzico di esagerazione, qualche grassa risata e qualche appunto di filosofia della vita .
Safari artico, La vergine fredda, Uno strano duello, sono libri che svelano un universo per noi distante attraverso i racconti di antieroi intenti a far passare il lunghissimo inverno: uomini accomunati da un senso di libertà e amicizia, forti di una umanità resa solida dai rigori di un luogo estremo.
Prima di domani ha la stessa ambientazione geografica, diversa quella temporale: la protagonista, la vecchia Ninioq, avrà il sentore di una tragedia imminente, prossima. Siamo nel periodo dei primi contatti degli Inuit con i bianchi, da cui verranno bellamente sterminati. L’ironia a cui Jorn Riel ci aveva abituati è assente, per entrare nel dettaglio minimo della vita quotidiana tra i ghiacci, con la vita normale che cambia bruscamente direzione per quel popolo. Un autore consigliatissimo, imperdibile per chi ama i libri di Paasilinna. (ma per chi non lo conosce, suggeriamo di partire con Uno strano duello o Safari artico)

PRIMA DI DOMANI, JORN RIEL, IPERBOREA
Nordest della Groenlandia, intorno al 1860. Ninioq è ormai vecchia. I suoi occhi vedono bene ed è ancora una buona rematrice, ma sa che presto le forze l’abbandoneranno e sarà tempo di andare a esporsi sola sul ghiaccio e morire con dignità. Pensa alla fine con serenità, gli uomini e gli animali da sempre nascono e poi muoiono, mentre il mare, il cielo, le montagne sono come sono sempre stati. Eppure una strana inquietudine l’assilla, come se tutto si stesse disgregando, come se lei e la tribù stessero perdendo la vita che hanno sempre vissuto. Solo la natura immutabile che si stende sotto il suo sguardo può placare la sua angoscia senza nome. È per questo che si offre di partire sola con Manik, il nipotino preferito, per l’isola di Neqe, quando viene il momento di portare il pesce a seccare: prima che li vengano a riprendere per la raccolta dei mirtilli, potrà insegnargli tutto ciò che serve a un vero inuit. Ma il tempo passa e nessuna imbarcazione compare all’orizzonte. Ninioq sente l’angoscia trasformarsi in uno spaventoso presentimento: che siano stati abbandonati? Che siano rimasti soli al mondo? Un destino drammatico incombe sul giovanissimo cacciatore che si appresta ad affrontare la vita, e una responsabilità ancora più grande grava su Ninioq, così vicina ad abbandonarla. In uno dei suoi romanzi più intensi e avventurosi, Jørn Riel parla di affetti, tradizioni e confronto di civiltà sullo sfondo di una tragedia che la storia ha lasciato in sordina: il massacro degli inuit.

Nasce nel 1931 a Odense, la città di Hans-Christian Andersen. Ha pubblicato finora circa quaranta libri con una tiratura media nella sola Danimarca di 260.000 copie. In Francia è uno degli autori più tradotti e amati del Nord. Nelle sue storie la comicità si mescola a una nascosta poesia e alla testimonianza umana di vite che, nelle loro follie e nella loro elementare saggezza, restano improntate all’autenticità e alla solidarietà. Dopo aver vissuto sedici anni in Groenlandia con i cacciatori che gli hanno ispirato la maggior parte dei suoi romanzi e racconti, è inviato dell’ONU in Medio ed Estremo Oriente. Attualmente vive a Kuala Lumpur, in Malesia, con la moglie, i figli e il suo piccolo branco di scimmie, alternando soggiorni in Nuova Guinea ed Europa.
Autore dell’anno nel ’94, riceve nel ’98 il Premio della Letteratura Nordica in Francia, e nel 2004 il prestigioso Premio Nathansen.

Prima di domani, Before Tomorrow, è diventato anche un film, realizzato da una comunità di donne
http://beforetomorrow.ca/en/index.php

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