Guido Cervo abbandona temporaneamente centurioni ed eroi romani per portarci sul teatro di una delle guerre più terribili degli ultimi secoli, il primo conflitto mondiale. Assisteremo alla disfatta di Caporetto attraverso gli occhi di soldati e profughi civili sfollati, alla ricerca della salvezza lontano dal fronte, decisi a raggiungere quei PONTI DELLA DELIZIA che li metteranno in salvo dall’esercito austroungarico. Un buon romanzo di facile lettura,scorrevole ed appassionante su uno degli episodi chiave della Storia d’Italia del Ventesimo Secolo, visto anche alla luce di certi aspetti poco noti.
Guido Cervo, I ponti della delizia, Piemme
Nel cuore della notte, sul fronte di Caporetto si abbatte terribile l’offensiva austro-ungarica. Il nemico che gli italiani avevano creduto sfiancato, si è ripreso e ora, complice pioggia e nebbia, cala su truppe infreddolite, demotivate e stanche. Impreparate a tanta potenza di fuoco. C’è una babele di dialetti nelle trincee, uomini che maledicono, danno ordini, pregano, e spesso neanche si capiscono tra loro. Per prendere Trento e Trieste hanno mandato a morire molta più gente di quanta ne viva là, osserva il soldato Santini, il socialista della brigata. E poi, avranno voglia quelli di essere liberati? Ma non importa, i generali hanno deciso così, e ormai è lì, immerso nel fango, con le bombe che gli esplodono tutt’intorno, la vita in bilico, legata alla traiettoria di una pallottola. In poche ore lui e i suoi compagni si trovano in fuga, non si parla più di sconfitta ma di disfatta. I “tugnit” avanzano. I soldati allo sbando invadono città e paesi ormai quasi deserti, razziano, devastano, dei civili chi può si da alla borsa nera, gli altri se ne vanno, lasciando tutto. Per sfuggire ai carabinieri, che nel caos tiranneggiano e si lasciano anche andare alla ferocia, Santini e il sergente Tarcisio, intervenuto a difenderlo, si arruolano negli arditi, quelli che si rifiutano di dare le spalle al nemico e gli vanno invece incontro a testa alta.