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Posts Tagged ‘Il maestrale’

 

 

 

Alberto Capitta, narratore italiano ma dal respiro internazionale, per la sua capacità di “volare alto”, e di uscire dagli schemi minimi della narrativa nazionale.  Molto convincente la sua nuova prova, L’ultima trasfigurazione di Ferdinand, ancora un a vola impregnata di un  misurato realismo magico, dedicata ad una acuta analisi del percorso umano ed artistico del suo protagonista, attraverso un  viaggio affascinante nei teatri dell’Europa del nord nel Novecento:

 

http://www.edizionimaestrale.com//IT/Products/257/L-ultima-trasfigurazione-di-Ferdinand

 

Alberto Capitta,

L’ultima trasfigurazione di Ferdinand ,Il maestrale

 

 

 

Se il talento prendesse forma umana avrebbe certo mente e corpo di Ferdinand Lieber, e vivrebbe mosso dall’arte narrativa di Alberto Capitta. Il talento di Ferdinand è la recitazione, un’autentica vocazione che gli permette d’inabissarsi nei personaggi fino al limite estremo della trasfigurazione nell’altro da sé. Il giovane Ferdinand fa presto i conti con la benedetta maledizione di queste sue metamorfosi. È appena un bambino quando perde un dente per il ceffone di un padre che detesta vederlo travestirsi: il giorno in cui il bimbo indossa per gioco una gonna l’uomo perde le staffe e lo colpisce. Ferdinand cresce silenzioso, appartato. Accompagna i suoi pensieri un paesaggio del Nord, fatto di chiatte che scivolano lungo i canali e di pescaie sotto la neve. Unica consolazione è la tomba del fratellino morto, dove trascorre ore, nel piccolo cimitero del villaggio, e inventa mondi d’immedesimazione. Quel piccolo, morto anni prima che lui nascesse, portava il suo nome e cognome e l’idea di un doppio adagiato nella terra accompagnerà per sempre le sue giornate. Inizia così la vicenda umana di Ferdinand Lieber, il grande Lieber, come lo chiameranno quando l’amore per i travestimenti confluirà nell’amore per la scena e lui diverrà “attore mai eguagliato”. Tutti si domandano a quali forze faccia appello per calarsi nelle sue trasfigurazioni: per quelle è diventato celebre e per quelle la gente corre a vederlo. In un’Europa tormentata dalla continua minaccia della guerra, Ferdinand, gigante della scena, passa di trionfo in trionfo: finché una sera la visione di un atto crudele gli mostra la misera sostanza della sua arte. È una rivelazione dura. Dopo un ritorno alla tomba del doppio, sarà l’esilio. Ma una piccola isola mediterranea lo accoglie. Una ragazza, Stella, è il solo interlocutore di questi mesi di pace. E il destino non ha ancora concluso la sua opera. La vecchia passione potrebbe riemergere e prodursi nell’ultima grande trasfigurazione di Ferdinand Lieber.

 

 

 

 

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Fahrenheit  ha trasmesso  ieri in diretta da ‘Piu’ libri piu’ liberi’, incoronando  nel corso della puntata il Libro dell’Anno 2013, votato dai lettori e – da quest’anno – scelto dai librai indipendenti (quelli segnalati dal pubblico qui: http://bookadvisor.blog.rai.it/ ).

è ALBERI ERRANTI E NAUFRAGHI di ALBERTO CAPITTA, Il maestrale.

 

ECCO la nostra recensione di aprile, proprio su questo blog.

 

sarà un caso, forse no, ma questa settimana siamo sulle tracce dell’editore Il maestrale,  di cui abbiamo ben parlato con il  testo di Luigi Bernardi e con il libro del cuore della settimana. L’editore  ci porta a conoscere un altro talento letterario sardo, la regione stessa dell’editore: Alberto Capitta.  Recensendo il romanzo su Internazionale, Fofi ha così scritto dell’autore «il più originale dei nostri scrittori».«Non è realismo poetico  quello di Capitta, ma qualcosa di più ampio e di più profondo, che spinge al paragone con il magistero femminile delle Morante, Ortese, Masino e Ramondino, o con i toscani di ieri da Palazzeschi a Lisi, tra gusto antico del romanzo-fiaba (con echi di Stevenson e Leskov) e l’esigenza di dire il più e l’oltre dell’esperienza attuale del mondo. In una visione che non esclude animali e piante, e che, d’invenzione in invenzione, torna a un umano intriso di natura – mai bamboleggiata e mai dimenticando la sua durezza – e alle prese con le costruzioni nefaste e mortifere delle società e di un’umana miseria antropocentrica».

È una Sardegna mai nominata, ma perfettamente percepita quella narrata. In questo spazio che avvertiamo popolato dalle presenze ancestrali dell’isola, si muovono e si incrociano i destini di tre famiglie, descritti con perfetta originalità e vivacità, “alberi erranti e naufraghi” nel percorso dell’esistenza, alle prese con perdite e assenze, con un personale rapporto con la natura che li circonda e la terra che li ha nutriti.

Alberi erranti e naufraghi,

Alberto Capitta, Il maestrale

 

In un’innominata ma riconoscibile Sardegna settentrionale i destini di tre famiglie si intrecciano scontrandosi e incontrandosi, perdendosi e ritrovandosi ancora. Tre famiglie molto diverse: gli Arca, i Nonne e i Branca. Piero e Giuliano Arca, padre e figlio, vivono soli oltre i margini della città in un casolare stipato di animali feriti che loro raccolgono e curano. In città risiedono i Nonne: il capofamiglia Sebastiano, una moglie sottomessa e due figli: Michelangelo, di cui poter andare fieri, militare di carriera e compagno di esaltate battute di caccia, ed Emilio, deprecato per le sue mollezze, le letture in solitudine nel chiuso della sua stanza, e per l’amicizia indecorosa con Giuliano Arca. Infine i Branca: Edoardo, notaio di lungo corso, e la figlia Maddalena, venticinquenne delicata e sensibile, che abitano nella villa della tenuta di famiglia – e sarebbe una convivenza di un’armonia perfetta se la ragazza non s’innamorasse di Michelangelo Nonne, passione di cui il padre della giovane non si capacita. Gli accadimenti ricevono una spinta prepotente quando Piero Arca scompare in una giornata di neve insanguinata dalla carneficina di tutte le sue bestie. Da qui inizia per Giuliano un lungo e allucinato viaggio alla ricerca del padre. Un viaggio nei luoghi del passato e in posti nuovi, abitati da una sconosciuta umanità bambina e carichi di esperienze che ricondurranno il ragazzo al punto di partenza, dove gli eventi potranno prendere una piega imprevedibile, rimescolando le sorti di tutti i personaggi che animano questo quarto romanzo di Capitta: la conferma di una sapienza stilistica e affabulatoria.

capitta

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Sarà un caso, forse no, ma questa settimana siamo sulle tracce dell’editore Il maestrale,  di cui abbiamo ben parlato con il  testo di Luigi Bernardi e con il libro del cuore della settimana. L’editore  ci porta a conoscere un altro talento letterario sardo, la regione stessa dell’editore: Alberto Capitta.  Recensendo il romanzo su Internazionale, Fofi ha così scritto dell’autore «il più originale dei nostri scrittori».«Non è realismo poetico  quello di Capitta, ma qualcosa di più ampio e di più profondo, che spinge al paragone con il magistero femminile delle Morante, Ortese, Masino e Ramondino, o con i toscani di ieri da Palazzeschi a Lisi, tra gusto antico del romanzo-fiaba (con echi di Stevenson e Leskov) e l’esigenza di dire il più e l’oltre dell’esperienza attuale del mondo. In una visione che non esclude animali e piante, e che, d’invenzione in invenzione, torna a un umano intriso di natura – mai bamboleggiata e mai dimenticando la sua durezza – e alle prese con le costruzioni nefaste e mortifere delle società e di un’umana miseria antropocentrica».

È una Sardegna mai nominata, ma perfettamente percepita quella narrata. In questo spazio che avvertiamo popolato dalle presenze ancestrali dell’isola, si muovono e si incrociano i destini di tre famiglie, descritti con perfetta originalità e vivacità, “alberi erranti e naufraghi” nel percorso dell’esistenza, alle prese con perdite e assenze, con un personale rapporto con la natura che li circonda e la terra che li ha nutriti.

 Alberi erranti e naufraghi,
Alberto Capitta, Il maestrale

In un’innominata ma riconoscibile Sardegna settentrionale i destini di tre famiglie si intrecciano scontrandosi e incontrandosi, perdendosi e ritrovandosi ancora. Tre famiglie molto diverse: gli Arca, i Nonne e i Branca. Piero e Giuliano Arca, padre e figlio, vivono soli oltre i margini della città in un casolare stipato di animali feriti che loro raccolgono e curano. In città risiedono i Nonne: il capofamiglia Sebastiano, una moglie sottomessa e due figli: Michelangelo, di cui poter andare fieri, militare di carriera e compagno di esaltate battute di caccia, ed Emilio, deprecato per le sue mollezze, le letture in solitudine nel chiuso della sua stanza, e per l’amicizia indecorosa con Giuliano Arca. Infine i Branca: Edoardo, notaio di lungo corso, e la figlia Maddalena, venticinquenne delicata e sensibile, che abitano nella villa della tenuta di famiglia – e sarebbe una convivenza di un’armonia perfetta se la ragazza non s’innamorasse di Michelangelo Nonne, passione di cui il padre della giovane non si capacita. Gli accadimenti ricevono una spinta prepotente quando Piero Arca scompare in una giornata di neve insanguinata dalla carneficina di tutte le sue bestie. Da qui inizia per Giuliano un lungo e allucinato viaggio alla ricerca del padre. Un viaggio nei luoghi del passato e in posti nuovi, abitati da una sconosciuta umanità bambina e carichi di esperienze che ricondurranno il ragazzo al punto di partenza, dove gli eventi potranno prendere una piega imprevedibile, rimescolando le sorti di tutti i personaggi che animano questo quarto romanzo di Capitta: la conferma di una sapienza stilistica e affabulatoria.

 

 

 

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