Se vi piacciono le saghe familiari, i libri che vi proponiamo oggi fanno al caso vostro. A voi la possibilità di scegliere tra il Portogallo di Miguel Sousa Tavares, o l’Iran di Kader Abdollah. Due libri in cui traspare l’affetto del narratore per la sua terra, dove la materia viene tenuta saldamente unita dalla bravura dello scrittore: non è facile in casi simili andare “fuori tema” o eccedere nei dettagli!
Miguel Sousa Tavares lo abbiamo conosciuto e stimato per Equatore, sorta di feuilleton ottocentesco ambientato nei primi decenni del Novecento, tra il Portogallo e una isola sperduta dell’Oceano. Con notevole precisione storica questa volta la vicenda abbraccia decenni di storia portoghese, partendo dal rurale Alentejo, per arrivare ai giorni della dittatura di Salazar, passando per Lisbona e per il Brasile.
Fiume dei fiori un libro di Miguel Sousa , Cavallo di Ferro.
Tavares Siviglia, 1915 – Vale do Paraiba, 1945: trent’anni di storia del XX secolo scorrono nelle pagine di questo romanzo che si svolge tra l’Alenlejo (Portogallo) la Spagna e il Brasile. Attraverso la saga dei Ribeira Flores, proprietari rurali dell’Alentejo, siamo trasportati negli anni tumultuosi della prima metà di un secolo marcato da terribili dittature e da brutali scontri sanguinati, dove il cammino che conduce alla libertà sembra troppo stretto e il prezzo da pagare troppo alto. Tra l’attaccamento alla terra che li ha visti nascere e l’attrazione verso il nuovo e lo sconosciuto, tra devastanti amori e disamori di una vita e il confronto delle idee che li separano, due fratelli seguono percorsi diversi, ognuno di loro cercando a suo modo il luogo della coerenza e della felicità. “Fiume dei fiori” è il risultato di un minuzioso ed esaustivo lavoro di ricerca storica che fa da sfondo a un intreccio di amori, passioni, attaccamento alla terra e alle sue tradizioni e, contemporaneamente, al desiderio di mutare l’ordine stabilito delle cose.
Miguel Sousa Tavares
Miguel Sousa Tavares è nato a Porto. Dapprima avvocato, è diventato un famoso giornalista, grazie ai suoi reportage di viaggio che hanno riscosso un grande esito di pubblico. Equatore è il suo primo romanzo, accolto da un sorprendente successo sia in Portogallo sia all’estero
“Ho scritto questo libro per l’Occidente. Ho scostato il velo per mostrare l’Islam come modo di vivere . . un Islam moderato, domestico, non quello radicale.”
Kader Abdolah spiega con queste parole la motivazione profonda che lo ha spinto a scrivere La Casa nella Moschea, una ricca saga familiare vissuta all’ombra di una moschea. Un libro dall’inizio strepitoso, con le formiche fermate da una sura del Corano, mentre stavano infestando la casa!
Kader Abdolah è nato in Iran nel 1954 ed è stato perseguitato prima dal regime dello scià e poi da quello di Khomeini. Nel 1988 ottiene asilo politico in Olanda, dove ricomincia una nuova vita, impara la lingua e diventa l’autore di romanzi di successo scritti direttamente in olandese.
KADER ABDOLAH
n. 163 – La casa della moschea
Iperborea
Dopo aver viaggiato nel passato di Calila e Dimna e nel presente del Sudafrica e della sua anima, Kader Abdolah ci riporta nella Persia di Scrittura cuneiforme e al cuore pulsante della sue radici: la casa della moschea. Una casa avita, che conserva l’eco di riti familiari, di tradizioni centenarie, che forma un unicum con la moschea accanto alla quale sorge fino a legare indissolubilmente il proprio destino a quello del luogo sacro e alle sorti dell’Iran. Con immutata e vitale passione per l’arte del narrare, Abdolah dipinge tra quelle mura un affresco multicolore, in cui nell’atmosfera di un mito che si stempera nella realtà, ritrova con spirito riconciliato figure che i suoi lettori hanno profondamente amato: Kazem Khan, Aga Akbar e lo stesso Ismail sotto nuove spoglie. La cronaca delle loro esistenze, e di quelle dei loro nuovi compagni di viaggio, è un filo delicato che intreccia – nella leggerezza della fiaba, nella nostalgia degli affetti perduti e nella crudeltà della violenza – quello della Storia. All’ombra dei minareti si allacciano amori, si tessono intrighi, mentre la religione si trasforma in una spietata arma politica e sull’Iran si addensano le nubi della rivoluzione islamica e della guerra. Nella Casa della moschea Abdolah torna così a farsi cantore di vicende che hanno segnato per sempre il nostro tempo e, senza sottrarsi alla scabrosità della sua personale esperienza, dà nuova prova della sua capacità di coniugare autobiografia e letteratura, di raccontare con occhio denudato l’animo umano, di leggere, anche attraverso preziosi ricordi di avvenimenti e spaccati forse inediti, la storia del suo Paese. Ma soprattutto ridona voce alla sua dolente pietà per gli umiliati e i vinti, offrendo l’alta testimonianza di una passione umana e civile di antigoniana memoria.
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