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Posts Tagged ‘libri adelphi’

Marie ama profondamente e senza dubbi il marito, ma durante una vacanza in Costa Azzurra il desiderio reclama i suoi diritti, prendendo le forme di un ragazzo di vent’anni. E quel pezzo di carta con scritto sopra il suo numero di telefono non lo getterà via.

Una trama apparentemente banale,ma, considerando che il libro ci arriva dal 1940, pubblicato in Belgio per la prima volta nel 1943, le prospettive cambiano .Poi, ci si accorge di una prosa magnifica, potente ed evocativa dei sentimenti e dei luoghi: Madeleine Bordouxhe dona intensa voce ad una protagonista luminosa, capace di percorrere la strada più pericolosa per conoscere se stessa. Davvero, una splendida riscoperta letteraria, ancora una volta esclamiamo:grazie Adelphi !

Consigliato!

 

 

 

https://www.adelphi.it/libro/9788845932458

 

 

Madeleine Bourdouxhe,

Marie aspetta Marie, Adelphi

Traduzione di Graziella Cillario

Con una Nota di Faith Evans

 

Chi ha letto La donna di Gilles sa che non c’è un’altra scrittrice capace come Madeleine Bourdouxhe di raccontare gli sbigottimenti e le lusinghe dell’amore: senza sbavature né svenevolezze, ma con un’intensità e un’evidenza che hanno qualcosa di lancinante. In questo secondo romanzo della Bourdouxhe (che Jonathan Coe ha definito «una delle più belle scoperte letterarie degli ultimi anni») non siamo più nella grigia e fuligginosa periferia di Liegi, bensì nella douceur de vivre della Parigi della fine degli anni Trenta; e se Élisa, la struggente protagonista della Donna di Gilles, viveva nell’attesa, nel dono di sé, nella devozione assoluta per un marito di cui tutto sapeva accogliere e perdonare, Marie (che pure ama profondamente il suo, di marito) scopre la violenza della passione quando, su una spiaggia della Costa Azzurra, incrocia lo sguardo di un ragazzo di vent’anni dalle spalle sottili, i fianchi stretti e le lunghe gambe abbronzate. Un pomeriggio si incontrano, come per caso, su un sentiero che costeggia il mare e, su un pezzetto di carta che lei non getterà, lui scrive un numero di telefono. Che Marie chiamerà, tornata a Parigi, dalla cabina telefonica di un caffè. In una breve Nota all’edizione Gallimard della Donna di Gilles, Madeleine Bourdouxhe aveva scritto: «L’annientamento nell’amore: un po’ la storia di tutte le donne», ma qui la prospettiva è cambiata, e il suo sguardo segue con vibrante complicità il percorso di una donna che affronta, con un’audacia che quasi la stupisce, «l’intransigenza del desiderio». E che alla fine del libro, a chi le chiede il suo nome, risponde di chiamarsi Marie – «Marie e basta».

 

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Si riprende l’attività, e chi troviamo sul cammino questa settimana? Da giovedì in libreria, Yasmina Reza, grande autrice de Felici i felici, caustica rappresentazione dei rapporti uomo donna nella nostra società, uno dei libri più amati degli ultimi anni dai lettori di Atlantide, e dai librai.
 
 
 
Yasmina Reza,
Babilonia, Adelphi
Traduzione di Maurizia Balmelli
 
In un posto chiamato Deuil-l’Alouette (che, tradotto alla lettera, sarebbe «Lutto-l’Allodola»), un posto qualunque nella periferia di Parigi, una donna qualunque, con un buon lavoro, un marito, un figlio, una sorella e dei vicini di casa, si lascia coinvolgere, nel corso di una strana notte di quasi primavera, in una faccenda che potrebbe costarle assai cara. Per affettuosa solidarietà con un uomo di cui non sa molto, tranne che è solo, profondamente solo. O forse perché, di colpo, ha voglia, foss’anche per un’ora, di respirare fuori dalla soffocante banalità del quotidiano, di farsi un giro «on the wild side» – di immergersi in una «dimensione di tenebra». Tirando con la consueta, stupefacente maestria le fila di una vicenda in cui il comico e il tragico si mescolano in maniera inestricabile come in una sorta di perverso vaudeville, Yasmina Reza dà voce alle angosce più segrete, e mette in scena il suo beffardo teatrino della crudeltà scavando ancora una volta in quello spazio di connivenze e mostruosità che può diventare la coppia; e ci ricorda che – non diversamente dagli ebrei, che «sulle rive dei fiumi di Babilonia» sedevano e piangevano «al ricordo di Sion» – ciascuno vive in esilio: da se stesso, da ciò che avrebbe voluto essere, e dagli altri.

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EMMANUEL CARRERE, dalla prossima settimana Propizio è avere ove recarsi, da Adelphi:
 
 
«Propizio è avere ove recarsi» è una delle risposte che fornisce, quando lo si interroga, l’I Ching, l’antico libro oracolare cinese. Seguendo questa preziosa indicazione, Emmanuel Carrère è partito innumerevoli volte, con una meta e uno scopo sempre diversi (e non necessariamente scelti da lui): è andato nella Romania del dopo Ceaușescu sulle tracce del conte Dracula, nei tribunali della «Francia profonda» a seguire processi per atroci delitti, nella Russia di Putin a immergersi nell’infinito caos del postcomunismo, al Forum di Davos a «chiacchierare» con i potenti della terra, nel Nord dello Stato di New York a incontrare il fantomatico «uomo dei dadi» – imbattendosi non di rado in storie e personaggi sorprendenti, e a volte sconvolgenti, che avrebbero offerto materia a L’Avversario, Un romanzo russo, Limonov. Negli stessi anni faceva anche altri viaggi, per così dire, attorno alla sua mente: inventando soggetti di film che non avrebbe mai girato, riflettendo sul proprio modo di fare letteratura, scoprendo libri folgoranti o rileggendone altri immensamente amati. Questo, e molto altro, è ciò che troviamo nei testi qui raccolti, molto diversi tra loro eppure legati da un tono riconoscibilissimo e peculiare – a riprova di quanto Carrère ha sempre sostenuto, ossia che gli sembra vano contrapporre letteratura e giornalismo, e quel che gli importa è scrivere un reportage nello stesso modo in cui scrive i suoi libri: «alla prima persona, menando il can per l’aia e raccontando le cose in maniera un po’ sinuosa». Quella che ci viene offerta qui è insomma una fondamentale via di accesso al laboratorio dell’autore. E soprattutto un appassionante autoritratto involontario.
 
Tradotto da Francesco Bergamasco
Français : Emmanuel Carrère au salon du livre 2009

Français : Emmanuel Carrère au salon du livre 2009 (Photo credit: Wikipedia)

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ricercatissimo, e a caro prezzo:  ma è in arriva la nuova edizione per LUCE DEI TANTRA. In uscita nel 2017, sempre per Adelphi
 
 
 
Abhinavagupta,
Luce dei Tantra
 
Tantrāloka
 
A cura di Raniero Gnoli, Adelphi
 
Una gigantesca summa del sapere esoterico, in cui si tratta diffusamente di ogni possibile aspetto della via tantrica alla liberazione.
 
«… una delle più alte espressioni della mistica indiana» («Il Sole 24 Ore»).
 
 
 
La versione dal sanscrito di Raniero Gnoli – tuttora l’unica esistente del Tantrāloka –, è stata salutata come una delle imprese più ardue dell’indologia contemporanea.
 
Uscito presso Adelphi nel 1999, Luce dei Tantra viene qui ripresentato in un’edizione profondamente rivista e ampliata.
 
«Abhinavagupta paragona la condizione umana a quella di un indemoniato che (come accadde ad Adamo ed Eva: erano indistinti da Dio) abbia perduto la consapevolezza della propria identità. Per riacquistarla, e sprofondare nell’eterna beatitudine, nell’eterno riposo, deve, attraverso i duri esercizi spirituali, i sacrifici, le pratiche yoga, la recitazione dei mantra (quei fonemi colmi della vibrazione divina, simili alle esclamazioni pure dei fanciulli), introiettare il mondo e il tempo dentro di sé e letteralmente “divorarlo” attraverso il respiro» (Giorgio Montefoschi).

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con la regia di Tom Ford, arriva sul grande schermo Animali Notturni, dal coinvolgente (e piuttosto inquietante) romanzo di Austin Wright: ci fa piacere che questo libro targato Adelphi ritorni d’attualità!

 

Austin Wright

Tony & Susan

Traduzione di Laura Noulian

Confessa, lettore. Se un conoscente ti recapita un manoscritto ingiungendoti di leggerlo entro qualche giorno, quando vorrà incontrarti per un responso, cosa proverai? Nervosismo? Fastidio? Imbarazzo? Bene, più o meno quello che prova Susan, anche perché il mittente non è una persona qualsiasi, ma il suo ex marito, e il romanzo che le ha spedito è quello che ha fantasticato di scrivere, senza riuscirci, per tutta la durata del loro matrimonio. Quindi mentre tu, lettore, puoi accampare un qualsiasi pretesto che ti impedisce di fare quanto più desidereresti al mondo, cioè leggere quel benedetto manoscritto, Susan deve sedersi, e cominciare da pagina uno. Dove si racconta di una famiglia che viaggia di notte, in aperta campagna. Di un sorpasso e di un controsorpasso con una macchina sconosciuta. Di uno scambio di insulti dai finestrini. Di un agguato, qualche chilometro dopo. Di una moglie e una figlia portate via da tre balordi. Di un uomo rimasto solo, che vaga alla loro ricerca in una notte che, come un incubo perfetto, sembra sempre ricominciare daccapo. Allora, lettore? Se alla fine hai ceduto anche tu, se ormai stai leggendo da sopra le spalle di Susan, devi fermarti, come lei. Fare una pausa. Cercare conforto nei suoi pensieri, nel suo sforzo di capire da dove tutto questo abbia avuto inizio. Prima o poi però, insieme a lei, dovrai ricominciare a leggere. Di alcuni fatti muti, semplici, atroci. E di una lenta, feroce, allucinata vendetta. Vedrai quello che vede lei, intuirai quello che lei intuisce, e soprattutto proverai quello che lei prova: una variante del terrore che fin qui non aveva conosciuto. E neanche tu

 

http://www.focusfeatures.com/nocturnalanimals

 

ATTORI: Amy Adams, Jake Gyllenhaal, Isla Fisher, Aaron Taylor-Johnson, Armie Hammer, Michael Shannon, Laura Linney, Karl Glusman

 

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“PIETROBURGO,- scriveva il prof.Vittorio Strada negli anni 50-60,- l’attuale Leningrado, da Puskin a Gogol’, da Dostoevskij a Blok, a Belyj è entrata nella letteratura russa con una sua topografia fantastica percorsa da personaggi irreali: gli Onegin, i Raskolnikov, i Basmačkin, gli Obleuchov, le Sconosciute” (V.Strada)

Proprio questo romanzo viene considerato il miglior libro del simbolismo russo: l’ambientazione è ad inizio Novecento, anni della guerra con il Giappone, di attentati, scioperi e cariche dei cosacchi contro gli operai. in questo periodo di tensione si inserisce il rapporto tra il giovane terrorista e il padre, il mitico Apollon Apollonovic Ableuchov, funzionario inseritissimo nella terribile macchina burocratica russa. Proprio l’ottusità della burocrazia russa pre rivoluzionaria è il bersaglio principale dell’opera, da cui risalta con fulgore una splendida protagonista: la città di Pietroburgo, appunto!

Certo, una gran bella sorpresa da parte dell’editore Adelphi, che ha riproposto questo vecchio testo Einaudi, nella stessa versione curata da Ripellino! Lettura consigliatissima per lettori di classe!

 

 Andrej Belyj, Pietroburgo, Adelphi

 

 

Pietroburgo, 1905. La città è sconvolta dalla tempesta sociale, si moltiplicano i comizi, gli scioperi, gli attentati. Il giovane Nikolaj Apollonovic, che si è incautamente legato a un gruppo rivoluzionario, entra in contatto con Dudkin, nevrotico terrorista nietzscheano, il quale gli affida una minuscola bomba. E il provocatore Lippancenko, doppiogiochista al servizio della polizia zarista e al contempo dei rivoluzionari, gli rivela qual è il suo compito: dovrà far saltare in aria il senatore Apollon Apollonovic, abietto campione dell’assurdità burocratica. Suo padre. È intorno a questo rovente nucleo narrativo che si snodano le vicende surreali e grottesche di “Pietroburgo”, unanimemente considerato il capolavoro romanzesco del simbolismo russo. Dove la vera protagonista è tuttavia la “Palmira del Nord”: una Pietroburgo maestosa e geometrica solo all’apparenza, edificata su un labile terreno palustre i cui miasmi sgretolano le possenti architetture, le cui brume sfaldano e decompongono ogni comparsa che striscia lungo i vicoli fiocamente illuminati, tra bettole ammuffite e palazzi scrostati. I sommovimenti di inizio secolo, preludio di future tragedie, l’ululato del vento che si incanala lungo le gole del libro, il demoniaco colore giallo dei comizi gremiti di una folla in trance: ogni cosa è in preda a una malefica possessione, che Belyj filtra attraverso la lanterna magica delle immagini.
 

Andrej Belyj è una figura di grande rilievo nella letteratura russa contemporanea. Figlio di Nikolaj Vasil’evic Bugaev (1837-1903), docente di matematica presso l’Università di Mosca, e di Aleksandra Dmitrievna Egorova (1858-1922), pianista, negli anni dell’adolescenza entra in contatto con Sergej Solov’ev (nipote del filosofo Vladimir Solov’ev), scrive le prime poesie e dal 1896 si appassiona al simbolismo francese e al pensiero di Arthur Schopenhauer. Nei primi anni del Novecento legge i versi di Aleksandr Blok e inizia a nutrire un certo interesse per la teosofia.

Compie i primi studi in Matematica presso l’Università di Mosca, dove a partire dal 1903 stringe amicizia con il filosofo e mistico Pavel  Florenskij. In questi anni intrattiene relazioni e rapporti con la realtà delle società filosofico-religiose, impegnate in un dibattito che, recuperando alcune antiche tradizioni del misticismo, poneva in discussione i rigidi e radicati confini dell’ortodossia. Dal 1912 al 1916 soggiorna nell’Europa occidentale e si avvicina alle teorie antroposofiche di Rudolf Steiner, mentre i suoi rapporti con Florenskij sono ormai interrotti. Ritorna in Russia nel 1916, per raggiungere nuovamente Berlino nell’autunno 1921 in un nuovo viaggio che nel 1923 si concluderà segnando il suo definitivo ritorno in patria. Muore a Mosca l’8 gennaio del 1934, in seguito alle conseguenze di un colpo di sole subìto in Crimea.

 

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Area di contagio, il primo libro su Ebola di venti anni fa, era davvero avvincente come un romanzo.  Promette molto bene anche questo testo, in arrivo per Adelphi:

DAVID QUAMMEN – Spillover. L’evoluzione delle pandemie
Adelphi – Traduzione di Luigi Civalleri
Ogni lettore reagirà in modo diverso alle scene che David Quammen racconta seguendo da vicino i cacciatori di virus cui questo libro è dedicato, quindi entrerà con uno spirito diverso nelle grotte della Malesia sulle cui pareti vivono migliaia di pipistrelli, o nel folto della foresta pluviale del Congo, alla ricerca di rarissimi, e apparentemente pacifici, gorilla. Ma quando scoprirà che ciascuno di quegli animali, come i maiali, le zanzare o gli scimpanzé che si incontrano in altre pagine, può essere il vettore della prossima pandemia – di Nipah, Ebola, Sars, o di virus dormienti e ancora solo in parte conosciuti, che un piccolo spillover può trasmettere all’uomo – ogni lettore risponderà allo stesso modo: non riuscirà più a dormire, o almeno non prima di avere letto il racconto di Quammen fino all’ultima riga. E a quel punto, forse, deciderà di ricominciarlo daccapo.

 

English: Color-enhanced electron micrograph of...

English: Color-enhanced electron micrograph of Ebola virus particles. Polski: Mikrofotografia elektronowa cząsteczek wirusa Ebola w fałszywych kolorach. (Photo credit: Wikipedia)

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“Il mito asburgico, lungi dal morire con la fine dell’Impero, sembra anzi avere iniziato con questa la sua più suggestiva e interessante stagione”, ha scritto Magris.

 

un grande romanzo sul disfacimento dell’impero asburgico, dopo la Prima Guerra Mondiale, vissuta negli occhi di questa dissoluzione l’ha sofferta:

“Che cosa mai era successo, com’era possibile che il mondo fosse cambiato a tal punto?” Un day after intriso di nostalgia, senso di sconfitta, difficoltà ad adattarsi alla nuova misera realtà, fatta di disoccupazione, povertà, sofferenza morale e fisica per le ferite ancora aperte del conflitto.

Chi frequenta la letteratura centro europea di inizio secolo sa quanto possa essere affascinante: questo testo cattura subito l’attenzione del lettore, portandolo in una situazione di attesa per gli sviluppi della storia, con una tensione narrativa che ricorda quello de LE BRACI di Marai.

 

Lo stendardo, Alexander Lernet Holenia, Adelphi

Traduzione di Elisabetta Dell’Anna Ciancia

 

Negli ultimi mesi della prima guerra mondiale, sul fronte balcanico ormai disfatto, nasce un amore fra l’alfiere Herbert Menis e la bella Resa Lang. Un amore travolgente, stendhaliano e hofmannsthaliano, che sembra fuori tempo, nello scenario di rovine ormai moderne in cui si situa – così come fuori tempo appare, nelle sue splendide uniformi, il reggimento di cavalleria a cui il protagonista appartiene. Ma è proprio quello scarto di tempi, quel rispecchiarsi e momentaneo confluire di mondi paralleli a dare a questo romanzo una vibrazione estrema, un’accensione esaltante, nella leggerezza e in una sorta di incosciente allegria come pure nella cupezza demoniaca. Pubblicato nel 1934, Lo stendardo, qui presentato in una nuova traduzione, rimane oggi, insieme alla Cripta dei Cappuccini di Joseph Roth, il grande messaggio di congedo della civiltà asburgica, stretto nelle mani di un alfiere della letteratura, come una logora e nobile insegna.

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la fascinosa Istanbul, anni ’30, descritta magistralmente: Nouchi è giovane, non bellissima, intenzionata a non sopportare più la misera dell’infanzia. E’ capace di far girare la testa agli uomini, senza mai concedersi fino in fondo: l’uomo che le è accanto ha ormai perso le illusioni, trascindandosi in un oscuro lavoro diplomatico per l’ambasciata francese, senza ambizioni e senza troppo denaro. Una cornice magnifica e una protagonista femminile di primordine per questo romanzo del sempre sublime Simenon!

English: Georges Simenon Português: Georges Si...

English: Georges Simenon Português: Georges Simenon, escritor belga, de língua francesa, autor de romances policiais (Photo credit: Wikipedia)

 

Georges Simenon,

I clienti di Avrenos, Adelphi

Traduzione di Federica Di Lella, Maria Laura Vanorio

 

Una città, Istanbul, ancora avvolta, all’ini­zio degli anni Trenta, da un’aura di eccitante depravazione. Una giovane donna, Nouchi, candidamente perversa, serafica­mente crudele, e capace di sedurre chiunque senza mai concedersi a nessuno. Un uomo non più giovanissimo, distinto ma squattrinato, che si è lasciato irretire, una sera, nel night-club dove Nouchi lavorava come entraîneuse, e che lei manovra a suo piacimento. Un gruppo di sfaccendati – artisti, giornalisti, uomini d’af­fari, nobili decaduti, viveur di mezza tacca -, che si ritrovano nel ristorante di Avrenos e passano le notti a bere raki e a fumare hashish, e che di Nouchi sono tutti più o meno innamorati. Se Emmanuel Carrère (che ne ha tratto una sceneggiatura televisiva) ha potuto dichiarare: «I clienti di Avrenos è un capolavoro», è soprattutto perché di personaggi femminili sconcertanti come Nouchi non se ne incontrano molti nei romanzi di Simenon – e non solo. Non ha ancora diciott’anni, non è particolarmente bella, ha una faccia irregolare e «due occhi penetranti come punte di spillo»; ed è ben decisa a non conoscere mai più la miseria e la fame che hanno segnato la sua infanzia viennese. A questo scopo giocherà tutte le sue carte – anche le più rischiose. Di I­stanbul, dove bisogna soltanto «accettare la vita come viene», abbandonandosi ai suoi perfidi incantesimi, Simenon fa la cornice perfetta per le trame ambiziose e svagate della sua incantevole, implacabile protagonista.

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