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Posts Tagged ‘libri di poesia’

IMMENSO, Inimitabile MICHELE MARI.
Mark Hateley: scarso calciatore del Milan anni Ottanta. Ma Michele Mari lo salva dall’oblio, con il suo «poema in endecasillabi sciolti», l’Atleide,
1148 versi ad Omero ispirati cantando «la classe immensa il fiero sguardo…/ del colpitore di palloni…/ che tante meravigliando addusse/ sfere impetuose in rete».
Il “discorso di Rivera”, la tragica Invettiva di Franco al fratel Giuseppe (Baresi). Cosa possiamo chiedere di più, a Michele Mari?
Dopo Cento poesie d’amore a Ladyhawke, una nuova raccolta poetica per Einaudi, Dalla cripta.
 
 
QUI, l’autore legge alcuni versi:
 
 
LA SCHEDA DEL LIBRO
Passati invece siamo di diritto, passanti un giorno e trapassati poi senza tensione, senza piú tragitto; frammenti di memoria, noi e voi, precipiti nel nulla a capofitto perché il passato è tutto, e siamo suoi. L’autore di Cento poesie d’amore a Ladyhawke torna a pubblicare un libro di poesia. Ma attenzione: il libro è completamente diverso. Ci sono sonetti amorosi, omaggi alla tradizione poetica italiana (Dante, Foscolo, Leopardi), poesie oscene secondo il modello comico-realistico, scherzi, versi d’occasione e perfino un poema incentrato su un giocatore del Milan degli anni Ottanta (Mark Hateley). Un libro manieristico, dunque: sapendo però che il cimento con la lingua e le forme della tradizione attraversa gran parte dell’opera di Mari anche in prosa (si pensi a Io venía pien d’angoscia a rimirarti ). Ed è proprio nel lavoro sulla lingua letteraria che Mari riesce a esprimere con maggior forza le vertigini dolorose o gioiose della propria interiorità. Dunque, «dalla cripta» dove giace la tradizione poetica italiana che oggi appare piú desueta, Mari trae materiali che gli permettono di scendere nella cripta di se stesso e trarne deliziosi scheletri.

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sono splendide le poesie di Vivian Lamarque. Questa volta con questo suo ultimo libro ritorna a cantare la figura materna, ad esplorare il rapporto con le due madri, quella biologica e quella adottiva:
 
 
Vivian Lamarque,
Madre d’inverno, Mondadori
 
Vivian Lamarque possiede una rarissima dote: quella di rendere lievi e trasparenti i temi e gli strappi dell’emozione più complessi e profondi. E di comunicarne le tracce e gli esiti con la grazia sottile della sua impeccabile petite musique. Ne aveva dato importanti prove nelle opere precedenti, da Teresino a Una quieta polvere (uscita esattamente vent’anni fa). E lo conferma in questo nuovo, attesissimo libro, dove già dal titolo, Madre d’inverno, indica il percorso centrale di una raccolta che riesce comunque a svilupparsi in varie direzioni. L’idea e la figura materna, dunque, vissuta nel trauma originario – accettato con sapienza eppure inguaribile, nel paradosso e nel dolore – della sua doppia immagine, quella della madre biologica e quella della madre adottiva. In uno scenario aperto e sofferto, fitto di elementi di una concretissima realtà quotidiana, dove si intessono frammenti di dialogo e schegge di parlato, si passa da una iniziale sequenza ospedaliera a una serie di sensibilissimi versi in cui si realizza una sorta di postumo colloquio con la figura materna. Rispetto alla quale il coinvolgimento del lettore scatta immediato poiché, partendo dalla propria esperienza personale, l’autrice mette a punto un vasto disegno in cui la madre diventa una forma assoluta, diventa l’emblema di tutte le madri. Nella mobile ricchezza di un’opera composta in un ampio arco di tempo, l’autrice si rivolge alle più svariate tracce della memoria, fino a introdurre, improvvisa, “l’altra madre”, quella biologica, insinuando, in un tono di assoluta normalità antiretorica – e perciò ancora più autentica –, un senso di pervasiva, interiore instabilità. Lamarque è per fortuna ben lontana dal chiudersi in un territorio tematico senza sbocchi, e infatti si apre a varie “avventure”, ad altre madri espressive, ad altri personaggi. Fino a coinvolgere l’esempio di Wisława Szymborska; fino a coinvolgere quella che definisce una sua «coinquilina poco prevedibile», e cioè la poesia stessa, di cui Vivian Lamarque, con la sua voce inconfondibile, si conferma una delle nostre espressioni più vive, originali e giustamente amate.
 
Ritratto con vela
 
Ci mancava anche il vento! Come quando in casa
la malchiusa finestra da sola si spalancava e
aria folate d’aria tende di vela, pol-mo-ni dicevi,
respiravi. Ora sulla tua fronte da secchi
rami in volo ferita, piano come bianca benda,
piano di platano plana una grande foglia.

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QUESTA SERA IL SOLE…

 

Questa sera il sole tramonta nei tuoi occhi

l’inverno vi si spegne, lenta brace tranquilla.

Così la gente indugia per le strade che l’ombra

non ha toccato ancora, ma il fumo appena

da umili camini intimamente annuvola.

Tu lascia che ristagni sulle case ed offuschi

i lontani  del cielo che scolora.

Finché un’altra pena

porti la notte, vigilia della primavera.

 

(da Poesie, Garzanti)

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Il  nuovo editore BIBLIOTECA DEI LEONI – LCE EDIZIONI si affida alla bravura del poeta Paolo Ruffilli per dare nuova linfa alle opere di due sommi come Kavafis e Mandel’stam:

 

Costantino Kavafis si è ispirato al mondo ellenistico pagano che ad Alessandria, sua città natale e in quegli anni ombelico del mondo, celebrava gli ultimi fasti. Eccoli, i motivi ricorrenti: l’amore (vissuto tra sensualità violenta e accorata nostalgia), l’inafferrabilità della bellezza (specchio del desiderio che non si placa), la storia (vista come terreno di scontro tra l’uomo e la sorte).

 

Costantino Kavafis, “Il sole del pomeriggio”, Biblioteca dei Leoni (LCE Edizioni) – 2014 – Traduzione di Tino Sangiglio e Paolo Ruffilli

 

 

 

CANDELE

 

Stanno dinanzi a noi i giorni del futuro

come una fila di candele accese

– calde, vivide, dorate -.

 

Restano indietro i giorni del passato,

riga penosa di candele spente:

le più vicine fanno fumo ancora,

ma fredde, ormai disfatte e storte.

 

Non voglio, no, guardarle: mi pesa il loro aspetto,

pesa il ricordo del loro antico lume.

E guardo avanti le candele accese.

 

E non mi volto, per non vedere, scosso dai tremiti,

come si allunga la fila tenebrosa,

come crescono presto le candele spente.

 

I lupi e il rumore del tempo,

 Osip Emil’evic Mandel’stam,

Traduzione di Ruffilli Paolo  

Liberatosi “per reazione incontenibile” dalla paura, il poeta Osip Emil’evic Mandel’stam ha sentito più forte di qualsiasi altra la spinta ad andare “contropelo rispetto al mondo” e ha scritto alcune delle liriche più dure nei confronti della “follia sovietica”, che lo hanno portato alla denuncia e all’arresto e all’inizio di quel particolarissimo calvario di prigione, confino, lager, durato cinque anni fino alla morte. In tutta la sua produzione intensamente lirica, qui tradotta da Paolo Ruffilli, per Mandel’stam la parola della poesia doveva per forza avere una valenza integrale e non a caso definiva il poeta “colui che scuote i significati”, non per una rivolta contro la retorica della letteratura ufficiale e contro i dettami propagandistici dell’epoca, ma pregiudizialmente e da sempre, nella sua esperienza, per l’istintivo rigetto del luogo comune, dell’immagine inerte, del tono ingessato, della frase fossilizzata.

 

Odio la luce

 

Odio la luce delle stelle uniformi.

Salve mio vecchio delirio,

slancio di torre gotica al cielo!

 

Pietra, sii come un merletto

e diventa, tu, ragnatela.

Ferisci con un ago sottile

il petto vuoto del cielo!

Verrà il mio turno, lo so,

e sento aprirsi le ali.

 

Ma dove mirando cadrà

la freccia del vivo pensiero?

Conclusi il tempo e la strada,

potrò ritornare dov’ero:

ma là non riesco ad amare

e qua del mio amore ho timore.

 

 

 

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abbiamo cominciato con un ragazzetto di ottanta anni, terminiamo con Shibata Toyo, che a quasi cento anni ha pubblicato questa raccolta di poesie, su consiglio del figlio, per “non sentirsi frustrata” per l’avanzare dell’età…

Se sei triste, guarda il cielo,Shibata Toyo, Mondadori

Una piccola donna di quasi cento anni ha scoperto la speranza e l’ha ridata al suo popolo diventando il caso editoriale degli ultimi anni con più di due milioni di libri venduti. “Si può amare anche a novantotto anni! Vorrei anche sognare! E salire su una nuvola” scrive Toyo che ha iniziato a comporre alla tenera età di novantadue anni. Era depressa perché il mal di schiena le impediva di dedicarsi al suo passatempo preferito, la danza tradizionale, e quindi, consigliata dal figlio ultrasessantenne, ha deciso di impiegare il suo tempo componendo poesie. Scriveva di notte quando la badante tornava a casa e lei restava sola davanti alla televisione. “La poesia mi ha aiutata a capire che nella vita non ci sono soltanto dolore e sofferenza.” Toccanti e delicate, le parole di Toyo sono un balsamo per l’anima. Curano la tristezza e ci accompagnano nella riscoperta delle piccole e grandi meraviglie della vita che troppo spesso si finisce per dimenticare.

 

 

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PS ANTICIPATO: da giovedì 26 fino al 6 maggio i titoli di poesia sono scontati del 15% ad Atlantide!

ironia e leggerezza sono le caratteristiche delle poesie di Wendy Cope, che guarda con occhi attenti al mondo che ci circonda. Una raccolta di grande successo nel mondo anglosassone, proposta da un editore che continua (per fortuna) con ostinazione a esplorare questo genere letterario.Wendy Cope, Guarire dall’amore, Crocetti
“Ironica e spiritosa, la poesia di Wendy Cope ci parla d’amore con grazia e sense of humour: con estrema delicatezza, con struggente partecipazione emotiva, ma senza mai cedere alla tentazione di idealizzarlo. Wendy Cope ci fornisce non solo dei moderni “remedia amoris” di ovidiana memoria, ma ci insegna che la vita non è una tragedia, piuttosto un liquore gentile, da gustare serenamente in un angolo di giardino, cullando le “ferite d’amore” al suono dei suoi versi saggi e frizzanti”.

Wendy Cope

Al Round Pound

Guardi te stessa. Ed anche chi ti guarda.
Uno spettro sul muro del giardino.
Uno è lo spettro e l’altra, sì, sei tu –
sempre che entrambi esistiate davvero.

Che strano esser qualcuno dietro un volto,
avere un nome e sapere che è il tuo,
trovarsi in questo angolo di verde.
Una chiocciola osservi: avanza e sosta.

Tu stai seduta, e ti domandi quieta
fino a quando. Ti muovi? No, rimani.
Ignoto è il tessitore dell’ordito.
Scivola via un minuto dopo l’altro.

Traduzione di Silvio Raffo

Wendy Cope.
Guarire dall’amore
a cura di Silvio Raffo
Crocetti Editore 2012

Una lunga notte di sogni, James Laughlin, Guanda
Protagonista defilato ma centrale della vita culturale americana del Novecento, editore e amico dei maggiori esponenti del moderno, James Laughlin ha orientato la propria scrittura poetica in una direzione diversa rispetto alla poesia del Novecento, caratterizzata dalla sperimentazione e dal modernismo. La sua è un’opera infatti di raffinata trasparenza comunicativa. Laughlin ha scelto la via di accenti piani e colloquiali, assolutamente coerenti con la concretezza del suo mondo poetico, fatto di realtà e circostanze quotidiane, di episodi semplici e ricordi teneri, che nei suoi versi riescono comunque a diventare memorabili. Laughlin parla soprattutto d’amore, ed è capace di cogliere spaccati di vita molto intensi, in grado di restituire il senso e il sapore di un’epoca.

Tutte le poesie, Maria Luisa Spaziani, MondadoriMeridiani
II Meridiano presenta tutte le raccolte poetiche della Spaziani. Dopo la raccolta d’esordio, “Le acque del sabato” (1954), caratterizzata da una spiccata tensione lirico autobiografica e dalle suggestioni delle avanguardie europee, in “Luna lombarda” (1959), “Il gong” (1962), “Utilità della memoria” (1966), “L’occhio del ciclone” (1970) nel dettato poetico della Spaziani si stagliano passioni costanti; le cose concrete, i volti e i paesaggi del mondo, la gioia dei sensi e dei sentimenti, degli amori e dei disamori si fondono in un impasto caldo e affabile con le tessere della sua prolifica memoria letteraria – che attinge sia alla letteratura classica che a quella moderna, alla grande poesia europea (Montale su tutti), al teatro francese dal Rinascimento al Novecento. Le ultime raccolte – da “Geometria del disordine” (1981, Premio Viareggio) a “La stella del libero arbitrio” (1986) alle recenti “Poesie della mano sinistra” – testimoniano il passaggio a una scrittura via via più diaristica, “impura” e aforistica, il lato insomma più sapienziale e ironico della sua ispirazione.

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English: A portrait of one of the the greatest...

Image via Wikipedia

 

Dal libro d’esordio del 1951, “Dietro il paesaggio”, fino al recentissimo “Conglomerati”, questo volume raccoglie l’intera produzione di Andrea Zanzotto, maestro della poesia italiana del secondo novecento. Il silenzio della natura e le violenze della storia, l’ordine e il disordine, la scienza, il sacro, i saperi umani: nella sua straordinaria parabola linguistica la poesia di Zanzotto attraversa i grandi interrogativi della società occidentale e li traduce in un messaggio di speranza e di lode alla realtà. L’analitica introduzione di Stefano Dal Bianco guida il lettore alla scoperta delle tappe fondamentali di questo percorso poetico. Un percorso a spirale: “Per quanto la curva si allarghi fino a comprendere l’universo mondo, ogni suo punto è in rapporto costante con l’origine, con un luogo – Pieve di Soligo – e con un libro – “Dietro il paesaggio””.

Fedor Tjutecev, Poesie, Adelphi

Appartenente a una famiglia dell’aristocrazia moscovita, Fèdor Ivanovic Tjutcev (1803-1873) fu diplomatico oltre che eminente poeta, e dopo aver iniziato la carriera nel Collegio degli Affari esteri di Pietroburgo operò come incaricato speciale a Monaco di Baviera – dove frequentò Heine, Schelling e gli ambienti del Romanticismo tedesco – e a Torino, dove visse dal 1837 al 1839. Nel 1836 alcune sue liriche furono pubblicate dalla rivista di Puskin “Il contemporaneo”, suscitando i primi, ampi consensi. Nel 1844 tornò definitivamente in Russia, mentre la sua fama di poeta cresceva dopo i riconoscimenti tributatigli da Turgenev, Fet, Dobroljubov. Il suo universo poetico è un coacervo di visioni cosmogoniche e di rappresentazioni metafisiche che rispecchiano un dualismo di tipo manicheo: vi sono due mondi, il Caos e il Cosmo, e il secondo altro non è se non l’organismo vivente della natura, un’essenza viva e pulsante ma secondaria rispetto al Caos, l’unica vera realtà, di cui il Cosmo rappresenta un’effimera scintilla. La cosmogonia di Tjutcev si nutre di contrasti tra inaccessibili vertici di perfezione e desolate lande nordiche o spaventosi abissi dominati dal disordine notturno e dall’instabilità spettrale del fato. A questo mondo che non conosce la gioia del possesso, ma solo la perdita, la caduta, il rimpianto, e insieme la vertigine del solitario destino umano, dà voce la versione di Tommaso Landolfi, scrittore affine a Tjutcev per sensibilità e magistero poetico.

Billy Collins, Balistica, Fazi

L’insistente abbaiare di un cane, un cappello appeso a un attaccapanni o un bonsai accanto a una tazza. Sono i momenti e gli oggetti della realtà più ordinaria a legare tra loro i testi di “Balistica”. È in tal senso, nella connotazione propriamente fisica della realtà, Collins utilizza un linguaggio piano, comune, con il ritmo della lingua parlata, senza enfasi o retorica, a volte comico e divertito, a volte ironico e commovente. Una poesia che vive dell’immaginazione che investe le cose, gli elementi della natura, rifuggendo ogni suggestione visionaria. Ne discende una scrittura “suburbana, domestica, che appartiene alla classe media, e senza alcuna vergogna”, come ha sottolineato lo stesso poeta, celebre per i reading con cui riempie i teatri statunitensi. Per l’alchimia che scaturisce da un’insolita capacità immaginifica e da una sorvegliata abilità nell’uso e nella disposizione delle parole, questa poetica apparentemente “quotidiana” ha conquistato il cuore di moltissimi lettori americani, facendo di Billy Collins un acclamato autore di bestseller, in un mercato ovunque poco generoso con la poesia.

Shiki Masaoka, Il mangiatore di cachi che ama gli haiku, La vita felice

Shiki ha spesso affermato che un grande maestro di haiku non scriveva durante la sua vita di poeta che duecento o trecento haiku autentici. Di quelli che sono portatori di un’intuizione profonda della realtà immediata ed evidente. Di quelli che ci permettono di sentire, di sondare l’indicibile profondità, di gustare il sottile sapore dell’esistenza umana, colta nell’eternità dell’istante presente. Di quelli che traducono, senza specificare, ma solamente suggerendo l’esperienza di distacco filosofico, poetico se si preferisce, dal mondo, quando tutto diventa semplice, luminoso, meravigliosamente evidente. Quando si percepisce, molto più che il senso, l’armonia delle cose, la loro impeccabile coincidenza. Sono proprio questi haiku che Shiki compose a essere raccolti in quest’opera.

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elitis

Il 2011 è stato proclamato dal Ministero della Cultura Greco “Anno Elitis” in occasione della riccorrenza dei cento anni dalla nascita del poeta premio Νobel, ed ecco una nuova versione di una delle sue migliori raccolte poetiche: E’ presto ancora

 

Quello che veramente ero

L’uno di molti secoli prima

Il non scisso dal cielo

Entrò dentro di me

Divenne quello che sono

 

 

Odisseas Elitis, E’ presto ancora, donzelli

Odisseas Elitis (1911-1996) ha pubblicato la sua prima raccolta di poesie, Orientamenti, nel 1940. Nel 1943 esce Sole il Primo e nel 1945 Canto eroico e funebre per il sottotenente caduto in Albania, nato dall’esperienza della campagna di Albania contro Mussolini. Dopo un lungo periodo di silenzio e un soggiorno a Parigi, pubblica nel 1959 Dignum Est, forse la sua opera più significativa. Da allora Elitis non ha mai cessato di scrivere e pubblicare: dalla raccolta di saggi e prose Carte scoperte (1974) fino ai più recenti Elegie di Oxòpetra (1991), il secondo volume di saggi e prose In bianco (1992), A occidente del dolore (1995), Da presso (1998). Nel 1979 riceve il premio Nobel per la letteratura. Di Odisseas Elitis la Donzelli editore ha pubblicato Il metodo del dunque e altri saggi sul lavoro del poeta (1995, 2011), La materia leggera. Pittura e purezza nell’arte contemporanea (2005) e Monogramma nel mondo (2006), raccolta di traduzioni in otto lingue del poemetto Monogramma.

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mistral

Canto che amavi. Si intitola così la prima raccolta dei versi di Gabriela Mistral mai pubblicata in Italia, nonostante l’autrice si sia meritata il Premio Nobel per la letteratura nel 1945. Una lacuna colmata da Marcos Y Marcos, fortunatamente!

Fu la prima donna latinoamericana a vincere il Premio Nobel per la letteratura, appunto nel 1945. I temi centrali della sua produzione poetica, immediata e coinvolgente, sono l’amore, l’affetto per la madre (il padre era fuggito da casa quando lei aveva tre anni), le proprie memorie dolorose, la tristezza e la guarigione.

Queste le motivazioni della giuria del Nobel:

“Gabriela Mistral, questa cilena che salutiamo con ammirata commozione nel piccolo novero delle donne che hanno vinto il nostro premio, si avvicina fraternamente nel nostro ricordo a un’italiana altrettanto inizialmente sconosciuta, Grazia Deledda. Molte cose le uniscono. L’oscuro lavoro in condizioni disagiate, le difficoltà rovesciate dalla loro tenacia creativa e dal loro calore umano; e quello sguardo puntato sui piccoli, sui miseri, sulle esistenze che proliferano nell’ombra magica di province in cui si svolge la drammatica lotta tra fede e superstizione, tra preistoria e modernità”.

GABRIELA MISTRAL
Canto che amavi, Marcos Y Marcos

Natura, passioni umane, perdita, conquista, tradimento: i grandi temi della vita nella poesia della più amata figura letteraria femminile del Sudamerica.

Finalmente ricompare in Italia la voce della più grande poetessa sudamericana di tutti i tempi.
La celebre Gabriela Mistral, popolare come Pablo Neruda, suo amico e corrispondente, o Isabel Allende. La vincitrice di uno storico Premio Nobel, nel 1945: il primo mai vinto da una autrice sudamericana.

La sua è una poesia limpida e sferzante come l’acqua. Musicale e avvolgente. Ma anche di importanza politica. I temi ricorrenti nei suoi versi sono la morte, l’amore sconfinato per la madre, scomparsa quando era ancora molto giovane, il rapporto con la sua terra, con la Patagonia, i suoi ricordi più dolorosi.

E dalle sue parole trapela la speranza per un mondo più generoso, proprio come lei, e una fede autentica e commovente in un’entità spirituale misericordiosa, in grado di darle forza nonostante tutto. Il suo impegno politico a favore delle donne, affiché possano finalmente godere degli stessi diritti dell’uomo, è sintomo di un atteggiamento femminista sano, sincero, lontano dal fanatismo e dettato dalla mera fiducia e ammirazione per coloro che ancora devono lottare duramente per raggiungere la tanto agognata parità sessuale.

Gabriela Mistral nasce nel 1889 a Vicuña, magico paesino nel cuore delle Ande. Il cielo stellato più nitido del mondo, l’umile ricchezza del lavoro agricolo sono basi solide che nutrono il suo carattere forte e fantasioso. Gabriela mostra grandi doti organizzative, ed è ben presto insegnante amatissima. Quando pubblica la prima raccolta di poesie, è provveditore agli studi. Nel giro di un ventennio, si afferma come l’autorità culturale più amata e rispettata del suo paese. Console in Francia, negli Stati Uniti e in Italia, vive qualche anno a Napoli e Rapallo. Nel 1945 il re di Svezia le conferisce il
Premio Nobel. Crea una fondazione, tuttora attiva, per accogliere e educare gli orfani. Quando muore, nel 1957, non solo il Cile, ma il mondo intero saluta con grande rispetto la sua scomparsa

Io canto ciò che tu amavi, vita mia
nel caso ti avvicini e ascolti, vita mia,
nel caso ti ricordi del mondo che hai vissuto,
nel pieno tramonto io canto, ombra mia.

Io non voglio restare più muta, vita mia.
Come senza il mio grido fedele puoi trovarmi?
Quale segnale, quale mi svela, vita mia?”

“Tornerò a terre bambine;
a una morbida terra di acque.
Su grandi prati che io invecchi
e narri al fiume fiabe e fiabe.
Che io abbia una fonte come madre
e alla siesta vada a cercarla,
e in giare scenda da un pendio
un’acqua dolce, acuta e aspra.”

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MERCOLEDI’ 23 GIUGNO ALLE 18,00
alla LIBRERIA IRNERIO
via Irnerio, 27 a Bologna

ELISABETTA MOROTTI  presenta la raccolta poetica “RIFLESSI DI LUCE”
(L’Autore Libri)

Una raccolta di poesie con un inaspettato riscontro da parte del pubblico, tanto che si è arrivati ad una seconda ristampa in pochi mesi.
Mercoledi’ l’autrice, che vive a Monte San Pietro, incontra i suoi lettori, con qualche anticipazione sul suo secondo, imminente libro in uscita.

Vi aspettiamo!
Cinzia, Manuela, Raffaella, Rita

per informazioni:
Libreria Irnerio
Via Irnerio, 27 Bologna
tel e fax 051251050
e-mail libreria.irnerio@libero.it
blog: http://www.libreriairnerio.blogspot.com

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