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Posts Tagged ‘libri gialli consigliati’

Jack Reacher, ex maggiore dell’esercito, torna protagonista in questa nuova investigazione ambientata in un sonnacchioso Colorado: la trama asciutta e le caratteristiche del personaggio di Lee Child le troverete tutte in questo nuovo romanzo che getta uno sguardo indagatore al contemporaneo, al tema del “fronte interno” con reduci delusi e militari dediti all’intrigo.

Lee Child, Niente da perdere, Longanesi
In quel posto incredibile che si chiama Stati Uniti esistono, fra le mille stranezze, due piccole città: si trovano in Colorado e una si chiama Hope, l’altra, a pochi chilometri di distanza, si chiama Despair. “Speranza” e “disperazione”: due opposti che non sembrano creare alcun problema a Jack Reacher, in fondo lui vuole soltanto un caffè prima di rimettersi in viaggio. Da anni l’ex maggiore dell’esercito Jack Reacher gira l’America; qualcuno potrebbe chiamarlo “vagabondo”, lui preferisce “libero”. A Despair, però, nessuno vuole stranieri tra i piedi e Reacher si ritrova prima in cella, poi espulso. C’è una sola cosa a cui Reacher tiene ancor più della sua libertà: la giustizia. Per vederci chiaro, per capire che cosa nasconda di così oscuro e minaccioso quel piccolo paese nel nulla, Reacher ha bisogno di un alleato. Lo trova in una poliziotta di Hope, Vaughan, una donna tanto bella quanto determinata che, come lui, vuole scoprire la verità. E, forse, riuscire così a dare un senso al dolore che la attanaglia… Jack Reacher non ha legami, non ha una casa, non ha particolari speranze ma non è nemmeno disperato, non ha un passato e del futuro non si preoccupa mai. Ha però una debolezza, forse l’unica che può permettersi… Ma l’amore è un lusso, per chi non ha niente da perdere.

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Gonzales Ledesma è un vero e proprio esploratore della realtà che lo circonda: lo scrittore ottantatreenne continua a stupire con i suoi noir affilati, capaci di indagare con precisione un momento storico particolare attraverso la figura del suo investigatore Mendez, senza rinunciare a catturare l’attenzione del lettore con la trama.

Gonzales Ledesma, Non si deve morire due volte, Giano Editore

La sposa ha venticinque anni ed è una ragazza bella soda. In piú è alta e ha occhi quieti e profondi. L’abito di seta è uno dei piú cari perché l’occasione lo richiede, sebbene lei lo guardi con un’ombra di tristezza. Dà un’ultima occhiata allo specchio, poi all’ora stabilita si dirige verso il salone dell’albergo in cui si trova.
Al di là di una porta, ecco gli invitati: gli uomini con il vestito grigio d’ordinanza, le signore con abiti sgargianti da primavera. Lo sposo indossa una giacca severa. La camicia è fatta su misura e fascia impeccabilmente il petto giovane e ampio. La cravatta è rigorosamente grigia. I pantaloni tagliati stretti, le scarpe nere. Tutto perfetto.
Peccato che la sposa regga il bouquet con una mano sola, quando tutte lo tengono orgogliosamente con due, e l’altra la tenga nascosta dietro la schiena. Peccato, poi, che la muova all’improvviso e che tutti guardino solo il suo volto. Peccato, infine, che la gente non riesca nemmeno a gridare né a interrompere la musica.
Nella mano nascosta della sposa appare una pistola. Subito dopo una fiammata e, infine, la morte, assurda, insensata, affiora sulla fronte dello sposo.
Così, con queste tragiche nozze, si apre questo romanzo di Francisco González Ledesma.  Come accade sovente nelle inchieste dell’ispettore Méndez, muove da una rapida successione di scene, storie diverse che a poco a poco mostrano il filo comune che le sorregge e svelano il disegno criminoso cui appartengono.
A ritmo serrato assistiamo nelle prime pagine al gesto apparentemente folle della sposa, alla presentazione di un killer che, appena uscito di prigione, riceve subito l’incarico di un altro delitto, all’entrata in scena di una bambina che vive isolata in una casa dinanzi alla quale si fermano troppe macchine di lusso, alla comparsa di una delle figure più torbide mai uscite dalla penna di González Ledesma.
Apparentemente nulla accomuna queste figure e questi crimini. Ma non per lo scettico, disincantato, ironico ispettore Méndez. Méndez conosce gli abissi dell’animo umano e sa che un sottile filo unisce la signora Dalia, Conde, Gabri e l’adolescente Nadia, il filo scuro dell’epoca in cui viviamo, dove il denaro e il vizio hanno da tempo infranto ogni barriera e sorpassato ogni limite.

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Per chi vuole tornare alle atmosfere fumose de Il porto delle nebbie, per chi desidera tornare ai giorni di Francia dei flic e dei malavitosi , suggeriamo il nome di Handrè Helena, che un piccolo editore sardo, Aisarà e Fanucci stanno iniziano a riproporre, dopo decenni di silenzio. Un autore disincantato, senza troppe speranze sul futuro dell’umanità, capace come pochi di cogliere le sfumature e le ossessioni del sottobosco umano del secondo Dopoguerra.

Gli sbirri hanno sempre ragione, Aisarà
Théophraste Renard, per gli amici Bob, è appena uscito di galera dopo aver scontato una pena per furto con scasso. Stanco di vivere come un delinquente cerca un lavoro e sogna una vita tranquilla ma reinserirsi nella società per lui è quasi impossibile. Prima alloggia in un bordello clandestino, fa girare la testa a una prostituta, diventa gigolò di una cinquantenne insaziabile, poi finalmente riesce a trovare un lavoro onesto, ma all’improvviso le cose si complicano. Forse perché quel divieto di soggiorno che si porta appresso è per lui come una seconda condanna, o forse perché lo Stato non è altro che un’organizzazione repressiva, gli sbirri degli aguzzini, e un pregiudicato, in quanto “capace del fatto”, è per tutti colpevole.

Andrè Helena, La vittima, Fanucci
Da più di dieci anni, quattro uomini s’incontrano ogni giorno alle 18 in punto nello stesso bar, il bistrot di Monsieur Pierre, attorno alla stessa tavola. Giocano a carte fino a tardi. Una sera però Monsieur Bernard non è puntuale. Di questo compagno di gioco, gli altri sanno solo che ha una bottega di oggetti antichi e che si occupa di gioielli. Contemporaneamente, in quel bar che sa di sporco e malasorte, arriva la notizia che un tale Mare Lardier, detto il Tatuato, uno scassinatore di gioiellerie, è stato ritrovato con due pallottole in corpo. Scatta l’indagine della polizia. L’inchiesta del commissario Boisard e dell’ispettore Grégoire ci conduce così nei luoghi putridi di una Parigi fatta di pioggia e nebbia, tinta di un unico colore: il grigio. Parigi è grigia come le sue strade bagnate, grigia come il destino di tutti questi uomini schiacciati dalla povertà, grigia come la disperazione.

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Degno erede di Glauser, Hansjorg Schneider ha creato una ottima figura di commissario, impiegato a combattere il suo mal di schiena e a vagabondare per le montagne svizzere. Una investigazione che si dipana come una complicata matassa sotto gli occhi del lettore, grazie al fiuto e alla fortuna di questo umanissimo detective.

Hansjörg Schneider,
Il commissario Hunkeler e la mano d’oro,
Casagrande edizioni

«Quelli di Schneider sono semplicemente i migliori gialli che vengono scritti attualmente in lingua tedesca».
Björn Kuhligk, Tip Berlin

Con Il commissario Hunkeler e la mano d’oro presentiamo finalmente al pubblico italiano un romanzo dello scrittore svizzero Hansjörg Schneider. I gialli del commissario Hunkeler riscuotono da anni un enorme successo nei paesi di lingua tedesca e ogni nuovo titolo della serie rimane in cima alle classifiche per mesi e mesi. L’amabile commissario Hunkeler, con il suo placido modo di indagare e il suo debole per i piaceri gastronomici, saprà conquistare anche il pubblico italiano. Un romanzo avvincente e divertente, costruito a regola d’arte da uno scrittore che disdegna i colpi di teatro e le descrizioni a effetto, per affidarsi invece a una lingua sobria e controllata e forse per questo tanto più efficace.

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Primo giallo di Michael Innes (nel lontano 1935), introduce la figura di John Appleby, colto ispettore di Scotland Yard che sarebbe stato il protagonista di quasi tutti i suoi romanzi. Un piccolo gioiello che ci introdurrà alle atmosfere solenni e ovattate degli ambienti universitari inglesi di inizio secolo, proposto da Polillo nella sua collana I BASSOTTI, dedicata ai classici del giallo.

Morte nello studio del rettore, Michael Innes, Polillo

Il St Anthony’s College è una delle più prestigiose università inglesi. Le tradizioni vengono rigidamente osservate, il corpo docente è famoso per l’eccellenza del suo insegnamento e il grande edificio, chiuso da alte cancellate e immerso in ampi giardini, impone rispetto alla sola vista. In quel luogo dedito allo studio, in una fredda serata di novembre il rettore Umpleby viene trovato morto, ucciso da un colpo d’arma da fuoco. Le indagini vengono affidate all’ispettore John Applehy, uomo estremamente colto ed equilibrato e unico tra i funzionari di Scotland Yard in grado di dialogare alla pari con i professori del St Anthony’s. La scena che gli si presenta di fronte quando si reca a vedere la vittima è raccapricciante. Il rettore giace a terra nel suo studio, la testa avvolta in una toga accademica come in un sudario. Sul pavimento, accanto al viso, c’è un teschio umano con mucchietti di ossa tutt’intorno, mentre sui pannelli di quercia sopra il camino fanno bella mostra di sé due teschi ghignanti, rozzamente disegnati con il gesso. Solo una mente perversa può aver concepito tutto ciò, e questa mente non può che essere quella di uno dei professori. Di sera, infatti, il college viene chiuso, isolato dal resto del mondo, e occorrono chiavi speciali per entrare. Ce ne sono solo dieci. E solo i docenti le hanno.

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