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Posts Tagged ‘nuovi libri poesia’

 

 

Anne Sexton

 

Giovane

 

Mille porte fa

quando ero una ragazzina solitaria

in un’enorme casa con quattro

garage e se ben ricordo

era estate,

di notte mi sdraiavo in giardino,

il trifoglio raggrinzito sotto di me,

le sagge stelle distese sopra di me,

la finestra di mia madre un imbuto

da cui usciva un calore giallo,

la finestra di mio padre, socchiusa,

un occhio dove passa chi dorme,

e le assi della casa

erano lisce e bianche come cera

e probabilmente milioni di foglie

navigavano come vele sui loro strani gambi mentre i grilli ticchettavano all’unisono e io, nel mio corpo nuovo di zecca, non ancora di donna, facevo domande alle stelle e credevo che Dio potesse veramente vedere il calore e la luce colorata, i gomiti, le ginocchia, i sogni, la buonanotte.

 

Traduzione di Cristina Gamberi

 

 

Anne Sexton

La zavorra dell’eterno

traduzione e cura di Cristina Gamberi

Crocetti Editore 2016

Novità Ottobre 2016

http://www.poesia.it/DailyPoetry/Archivio_PDG/Archivio_PDG_2016/23_09_16_Sexton.html

 

Anne Sexton

Anne Sexton (Photo credit: Wikipedia)

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«queste egrette / che incedono sul prato in truppe scomposte, bianche insegne / che arrancano derelitte; sono i rimpianti / scoloriti delle memorie di un vecchio, le loro strofe mai scritte. / Pagine che svolazzano come ali sul prato, segreti svelati».

dal Premio Nobel Derek Walcott,Egrette bianche, in libreria questa settimana.

Traduzione di Matteo Campagnoli
Biblioteca Adelphi

http://www.adelphi.it/libro/9788845930423

Egrette bianche, la quattordicesima raccolta di poesie di Derek Walcott, fonde elegia e rapsodia, sul ritmo di temi ricorrenti come l’eredità coloniale e lo spettro dell’impero, l’approssimarsi della morte e la scomparsa degli affetti, l’insofferenza per il turismo («una schiavitù senza catene, senza sangue sparso») e un amore per il viaggio vissuto nella consapevolezza – per citare Orazio – che «chi va per mare cambia cielo, non animo». Iosif Brodskij ha paragonato la poesia di Walcott alle onde di marea, a frangenti che montano, si ritirano e tornano a lambire la costa, mentre la magnificenza del suo linguaggio e la profusione di immagini evocano la lussureggiante natura delle Indie Occidentali.

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LO Stato francese concede alle librerie che ne fanno richiesta la possibilità di ricevere fondi per la creazione di scaffali di poesia e di teatro, generi che di solito non garantirebbero un indice di rotazione elevato. Un altro concetto di cultura, evidentemente.

In libreria, Le giovani Parole, di Mariangela Gualtieri (Einaudi). Grande poesia!

 

È un respiro largo quello che attraversa quest’ultima raccolta poetica di Mariangela Gualtieri, fatto del ritmo delle stagioni e delle generazioni, ascolto del silenzio, risveglio primaverile della terra, ebbrezza di vita connessa a ogni forma della natura. Ma nel libro non manca il lato ombroso, il vento che scuote, le «formiche mentali» che intasano la testa e impediscono il senso più leggero e piú compiuto della gioia. Dunque le poesie di queste pagine sono anche luogo alto di raccoglimento sulla trama e le connessioni del mondo sensibile, attraverso la parola ma anche attraverso lo «stare fermo» del corpo o lo sguardo sulle cose dato dalla lente di un microscopio. Lo «stile semplice» della Gualtieri è il punto d’arrivo di questo percorso spirituale e il punto di forza della sua piú recente poesia. Uno stile semplice ma ricchissimo di risonanze letterarie, da Bruno Schulz, al quale è dedicata un’intera sezione, ad altri autori amati con i quali la poetessa intreccia versi e parole in una sorta di grande e potente preghiera collettiva.

Sentiamo la notte quella vastità
tutta sopra il tetto della casa
sopra il letto un richiamo di sfere
una pressione per entrare nel petto
tutto quel vasto nero assetto d’orbite.
Venga. Entri.
Quell’ingrandire, quel seminare sé
e liberare nell’aria il respiro.
Quell’impastare terra e sangue
e particelle e spegnere il pensare
per spalancamento cerebrale.
Il fiume è un impasto
di luce e acque accese.
L’ormeggio delicato si scioglierà da sé
appena salirai e quel viaggiare
avrà cominciamento. Andrai. Andrai. Andrai. –

———

 

Questo giorno io lo butto via
sparpaglio le sue ore ciondolando
guardo la pioggia fine solo stando
ferma, seduta qui al tavolino.
Lo butto come giorno che non conta
una cartaccia sporca, una buccia
niente di niente che si getta via.
Si chiama lunedì, si chiama aprile
numero ventinove, e piove piove
e sarei piena di cose da fare
per farne un giorno col suo risultato.
Ma l’ho detto. Sarà buttato, sperso
consegnato ad un ozio che non vale
se non come preghiera. Allora dire
ecco, io offro questo ciondolare
sull’altare del mondo affaccendato.
Faccio io il perno che non muove.
Il punto che sta fermo. Lo bado io
quell’immobile stato delle cose.

 

__________________________________

 

Dietro le palpebre
c’è vastità
di altissime cime.
E sopra le cime
ancora un salire
senza chiodi né arpioni
senza neanche un’ala
o una fune.

E tutte le porto con me
in offerta alle antenne
vertiginose
batto lentamente
la pallina del cuore
assecondo questo freno potente
cancello le bandiere
innesto la mia vita
alle sponde di quel gran mare –
che è il cielo.

 

Mariangela Gualtiera, in azione


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SILVIO RAMAT

da Elis Island, Poesie da un esilio, di Silvio Ramat, Mondadori, 2015

 

XXXIX

 

Amica, a volte non mi riconosco.

E non è il trauma previsto – lo specchio

che ti rimanda una figura nuova

di te, segnata dal declino.

E’ altro,

è il rimpianto delle cose neglette,

di eventi che da sempre ho disprezzato.

Ecco, ultimamente, nella cornice

desertica di giorni che fra poco

non riuscirò nemmeno a enumerare

farsi strada una voglia di mercati

e fiere, di passare tra i banchetti

sfiorando i cenci le stampe le pentole

come non ho mai fatto nelle età

governate (ne ero certo) dal senno.

E nostalgia di voci, di rumori,

di passi che s’incrociano: un fastidio

ieri quand’erano troppi, un miraggio

oggi che te ne parlo senza voce.

 

16 luglio

 

Silvio Ramat, nato nel 1939 a Firenze, ha insegnato letteratura italiana contemporanea all’università di Padova. Accanto al fitto lavoro del critico (premiato nel 2001 dall’Accademia dei Lincei) c’è quello del poeta, con numerosi titoli raccolti nel volumeTutte le poesie 1958-2005 (2006). Sono poi usciti Il Canzoniere dell’amico espatriato (2009 e 2012), Banchi di prova (2011) e La dirimpettaia e altri affanni (2013). Per gli Oscar Mondadori ha curato Tutte le poesie di Alfonso Gatto (2005).

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VALERIO MAGRELLI ha appena dato alle stampe questo suo “canone personale” in cui compaiono 39 poeti per il Millennio:

Millennium Poetry – Viaggio sentimentale nella poesia italiana, Il mulino

Vorrei che queste 39 voci avessero la funzione che in cucina hanno gli aperitivi, ovverosia gli starters: cibi per cominciare, per aprire lo stomaco, nella speranza che il resto venga poi».

Chi non ha qualche verso prediletto? Nel confessare le sue preferenze, Magrelli suggerisce però un approccio particolare. Attento al multilinguismo e agli scambi fra culture, il suo lavoro presenta infatti sia poeti italiani che abbracciano altre lingue, sia stranieri che adottano la nostra come nel caso dell’inglese Milton, autore di un sonetto in italiano offerto all’italiano quale lingua d’amore. E appunto come un atto d’amore per la tradizione, questo libro è rivolto a chi voglia attraversare mille anni di versi in poche pagine.

>> Valerio Magrelli a Pane quotidiano

Valerio Magrelli professore di Letteratura francese presso l’Università di Cassino, collabora con «la Repubblica». Fra i suoi libri più recenti, oltre a «Nero sonetto solubile. Dieci autori riscrivono una poesia di Baudelaire» (Laterza, 2010), ricordiamo, per Einaudi, le prose di «Geologia di un padre» (2013) e i versi di «Il sangue amaro» (2014).

 

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Yves Bonnefoy, la voce più importante della poesia francese contemporanea

Il digamma. Testo francese a fronte, Es edizioni

“L’opera di Yves Bonnefoy (1923) si è affermata, nell’arco di oltre un sessantennio, come una delle più ricche e vitali del catalogo novecentesco per una serie di ragioni che ormai appaiono evidenti, e che sono riconducibili a una sostanziale capacità d’innovazione nella tradizione, oltre che per l’ampiezza d’interessi e di scritture (dalla poesia alla prosa, dalla critica alla traduzione), nella stretta sinergia fra creazione e pensiero. […] La storia poetica di Bonnefoy, che ha caratterizzato tutto il secondo Novecento ed è ancor oggi un baluardo di coerenza e attaccamento ai valori dell’uomo e della cultura in un’epoca che sempre più la minaccia, percorre dal Dopoguerra l’evoluzione della lirica contemporanea approdando a una poetica della presenza. […] ‘Il digamma’ si colloca in un lavoro di scrittura pienamente ‘di poesia’, che ama ultimamente affidarsi a raccolte snelle di testi in prosa, nei quali si può vedere per lo più la naturale evoluzione, sempre vitalissima, dei récits en rêve di Bonnefoy, testi che egli concepisce come il frutto del sogno ‘da svegli’, ovvero dell’azione di un immaginario vigile, proprio per distinguerli dai récits de rêve, le trascrizioni dei sogni notturni dei surrealisti, più preda della pulsionalità libidinale onirica, nella quale egli vede un pericoloso rischio di concettualizzazione dell’immaginario poetico.” (dall’Introduzione di Fabio Scotto)
Traduzione Fabio Scotto

 

 

 

 

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In uscita, quello che di certo è un vero e proprio avvenimento editoriale per chi ama la poesia:

Antonia Pozzi, Parole, Ancora

Prima e unica edizione integrale delle poesie di Antonia Pozzi.

La prima edizione integrale di tutte le poesie di Antonia Pozzi (con alcuni inediti). Il libro avrà un saggio introduttivo a cura di Graziella Bernabò e un profilo biografico di Antonia Pozzi curato da suor Onorina Dino.

L’ancora

Sono rimasta sola nella notte:
ho sul volto il sapore del tuo pianto,
intorno alla persona
il silenzio – che sul tonfo
della porta richiusa, a larghi cerchi
si riappiana.

Lenta nell’acqua oscura
del cuore –
lenta e sicura,
tra le alghe profonde
gli echi delle tempeste le lunghe correnti
le molli ghirlande di onde
intorno a inabissati
scogli –

lenta e sicura,
fino alle sabbie segrete giacenti
sul fondo dell’essere –
fida tenace, con i suoi tre bracci
lucenti
penetra l’àncora
delle tue parole:
– Tu aspetta me -.

16 dicembre 1934

 

English: Yves Bonnefoy on 2004. Français : Yve...

English: Yves Bonnefoy on 2004. Français : Yves Bonnefoy au collège de France en 2004. (Photo credit: Wikipedia)

 

 

 

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in libreria, Le giovani Parole, di Mariangela Gualtieri (Einaudi). Grande poesia!

 

È un respiro largo quello che attraversa quest’ultima raccolta poetica di Mariangela Gualtieri, fatto del ritmo delle stagioni e delle generazioni, ascolto del silenzio, risveglio primaverile della terra, ebbrezza di vita connessa a ogni forma della natura. Ma nel libro non manca il lato ombroso, il vento che scuote, le «formiche mentali» che intasano la testa e impediscono il senso più leggero e piú compiuto della gioia. Dunque le poesie di queste pagine sono anche luogo alto di raccoglimento sulla trama e le connessioni del mondo sensibile, attraverso la parola ma anche attraverso lo «stare fermo» del corpo o lo sguardo sulle cose dato dalla lente di un microscopio. Lo «stile semplice» della Gualtieri è il punto d’arrivo di questo percorso spirituale e il punto di forza della sua piú recente poesia. Uno stile semplice ma ricchissimo di risonanze letterarie, da Bruno Schulz, al quale è dedicata un’intera sezione, ad altri autori amati con i quali la poetessa intreccia versi e parole in una sorta di grande e potente preghiera collettiva.

Sentiamo la notte quella vastità
tutta sopra il tetto della casa
sopra il letto un richiamo di sfere
una pressione per entrare nel petto
tutto quel vasto nero assetto d’orbite.
Venga. Entri.
Quell’ingrandire, quel seminare sé
e liberare nell’aria il respiro.
Quell’impastare terra e sangue
e particelle e spegnere il pensare
per spalancamento cerebrale.
Il fiume è un impasto
di luce e acque accese.
L’ormeggio delicato si scioglierà da sé
appena salirai e quel viaggiare
avrà cominciamento. Andrai. Andrai. Andrai. –

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Questo giorno io lo butto via
sparpaglio le sue ore ciondolando
guardo la pioggia fine solo stando
ferma, seduta qui al tavolino.
Lo butto come giorno che non conta
una cartaccia sporca, una buccia
niente di niente che si getta via.
Si chiama lunedì, si chiama aprile
numero ventinove, e piove piove
e sarei piena di cose da fare
per farne un giorno col suo risultato.
Ma l’ho detto. Sarà buttato, sperso
consegnato ad un ozio che non vale
se non come preghiera. Allora dire
ecco, io offro questo ciondolare
sull’altare del mondo affaccendato.
Faccio io il perno che non muove.
Il punto che sta fermo. Lo bado io
quell’immobile stato delle cose.

 

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Dietro le palpebre
c’è vastità
di altissime cime.
E sopra le cime
ancora un salire
senza chiodi né arpioni
senza neanche un’ala
o una fune.

E tutte le porto con me
in offerta alle antenne
vertiginose
batto lentamente
la pallina del cuore
assecondo questo freno potente
cancello le bandiere
innesto la mia vita
alle sponde di quel gran mare –
che è il cielo.

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Roberto Piumini
I silenziosi strumenti d’amore
con una nota di Umberto Piersanti
Interlinea

Da un grande affabulatore un vero e proprio canzoniere amoroso, composto solo da sonetti che, pur nella forma chiusa della struttura metrica classica, raccontano con assoluta naturalezza un amore dei nostri giorni. «La forza di questa poesia sta nell’avere assunto l’amore come totalità, come tema unico sul quale sono possibili infinite variazioni, ma mentre il sonetto antico non conosce un “eros” raccontato, piumini “racconta” tutta la fisicità dell’eros, e non lo distingue dalla contemplazione, dalla tenerezza e dall’amore….» (Umberto Piersanti).

«I silenziosi strumenti d’amore,
occhi davanti a occhi sollevati,
esattamente e in pace dedicati
a vedersi e guardarsi, ore e ore,
e poi le mani leggere ed accese,
che se ne vanno non timidamente
in processioni luminose e lente
per piani, per salite, per discese».

(da I SILENZIOSI STRUMENTI D’AMORE, Roberto Piumini,  Interlinea)

Roberto Piumini, nato a Edolo in Valcamonica nel 1947, vive tra Milano e Buonconvento presso Siena. È autore di libri dal 1978: romanzi, racconti, poemi, poesie e traduzioni. Per bambini e ragazzi è tra gli scrittori italiani più conosciuti e suoi testi sono tradotti all’estero. Per i lettori adulti è autore di romanzi e di fortunate raccolte di poesia. Ha tradotto i sonetti di Shakespeare per Bompiani e poemi di Browning per Interlinea. In campo poetico, da Feltrinelli è in uscita La nuova commedia. Per Interlinea ha pubblicato la raccolta di poesie Non altro dono avrai, oltre a libri per bambini nella collana “Le rane” (l’ultimo è La battaglia dei colori).

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Italiano: La poetessa italiana Alda Merini con...

Italiano: La poetessa italiana Alda Merini con la cantante Milva durante uno spettacolo. (Photo credit: Wikipedia)

Alda Merini,

Il sigillo della poesia,

La vita e la scrittura, Piero Manni edizioni

Quando esce un nuovo libro di Alda Merini è come se ti accogliesse ancora una volta nella sua vita, per seminare versi innaffiati dalle sue lacrime di gioia e di dolore; versi che fioriscono dentro di te quando li leggi e non ti abbandonano mai. Non era facile raccogliere i fiori in forma di poesia di Alda, perché li dava solo a chi voleva, a chi capiva, a chi sapeva ascoltare. Piero Manni l’ha saputo fare. Se questo libro ci arriva oggi come un regalo è perché Alda Merini è stato un bel regalo, che fa battere il cuore e con la sua poesia dà luce in manierapermanente alla nostra vita ambulante.

 

Questo volume racconta la straordinaria avventura poetica ed esistenziale della poetessa dei Navigli attraverso le sue testimonianze e i suoi componimenti: la frequentazione fin da giovanissima degli intellettuali milanesi, l’esperienza del manicomio, la visione spregiudicata, la passione per l’umanità e l’amore, la spontaneità della versificazione hanno profondamente colpito milioni di lettori e hanno fatto della Merini un personaggio, oltre che un’artista della parola.

Manni, tra i suoi editori storici, le rende omaggio con un libro che contiene le poesie più belle, a partire dagli esordi.

A cura di Piero Manni Con una nota di Daniele Piccini

 

Amori. Testo francese a fronte,

                Desbordes Valmore Marceline, Elliot

Una selezione di liriche sull’amore della poetessa che i letterati di Francia chiamavano “Maestro”. Ammirata nell’Ottocento da Dumas, Scribe, Baudelaire, Hugo, Niccolò Paganini, Sainte-Beuve, Nietzsche, amica di Balzac (che si ispirò a lei per “La cugina Bette”), Marceline Desbordes-Valmore fu l’unica donna a essere inclusa nell’antologia di Verlaine “I poeti maledetti”, che ha segnato la poesia occidentale. Capace di cantare l’amore e il disamore con lingua pura e tagliente, e di affondare il coltello nel dolore e nell’estasi con la grandezza di Saffo e la virulenza di santa Teresa d’Avila, come disse Verlaine, il suo lirismo e la sua capacità di aderenza alla realtà l’hanno resa una voce inconfondibile e ancora attuale. Se a questo aggiungiamo la sua vita, che sembra tratta da un romanzo di Balzac, possiamo comprendere pienamente la potenza e l’importanza di Marceline Desbordes-Valmore, la cui fama è giunta nel Novecento, grazie agli apprezzamenti di Renée Vivien, Mallarmé, Colette, Cécile Sauvage, e non fa che crescere col passare del tempo.

 

 

A pennello, Edith de Hody Dzieduszycka, La vita felice

 

Questo libro raccoglie un centinaio di poesie che riguardano pittori e artisti di ogni epoca e origine. Si tratta di un piccolo estratto assolutamente non esaustivo rispetto al numero di quelli che hanno composto e fatta grande la storia dell’arte nel mondo e nei secoli. La scelta è stata da me fatta tra quelli che, in un modo o nell’altro, hanno attirato la mia attenzione. Sono partita dal ‘200 con Giotto per arrivare ai nostri giorni. Tante nazionalità sono rappresentate, tanti stili, tendenze, tecniche, che finiscono per comporre un grande puzzle, un caleidoscopio, un affresco multicolore e variegato.

Soltanto dopo averne scritti alcuni, all’inizio senza progetto particolare, in modo istintivo e quasi sotto forma di indovinelli, mi è venuto in mente che poteva essere più interessante lasciare quei testi nell’ordine spontaneo e disordinato in cui li avevo elaborati, con un andirivieni continuo tra secoli e generi. Potrà forse sconcertare ma, spero, rendere più divertente e imprevedibile il loro susseguirsi, alla scoperta del protagonista.

 

Il giardino. Testo inglese a fronte,

Sackville-West Vita, Elliot

“Piccoli piaceri devono emendare grandi tragedie, dunque di giardini nel pieno della guerra io con coraggio parlo. Un tempo, della nobile terra osavo azionare i registri d’organo, le note profonde del basso, l’estensione da diapason della ricca rotazione, procedendo di raccolto in raccolto, di stagione in stagione mentre la ruota girava a cicli nei solchi e nei frutteti del tempo; nominavo gli arnesi classici, l’aratro, la falce, nell’importante rito del lavoro dei campi, ma adesso del fratello minore dell’agricoltura tocco il grazioso acuto, pizzico la corda, componendo la collana di un’annata da giardiniere, dell’opera di un giardiniere, nel bene e nel male sgranata fin troppo facilmente in perle di versi”

La produzione poetica di Vita Sackville-West è dominata da due opere, “The Land” e “II giardino”. Grazie al primo, pubblicato nel 1927, l’autrice consolidò la sua fama all’interno della lunga tradizione letteraria pastorale inglese, ma solo molti anni dopo, nel 1939, iniziò la stesura del secondo poema che, nelle sue intenzioni, andava a completare un dittico e conteneva “molto più del semplice giardinaggio – tutte le cose in cui credo e quelle in cui non credo”. Opera dal carattere profondamente filosofico, “II giardino” fu composto in maniera discontinua durante la Seconda guerra mondiale e fu pubblicato soltanto nel 1946, ottenendo un immediato successo e la vittoria del prestigioso Heinemann Prize. Pur seguendo la stessa divisione in stagioni adottata in “The Land”, è un poema molto più intimo e simbolico, che esprime la fascinazione travagliata nei confronti della bellezza della natura oscurata dal conflitto e dalla morte. Il testo è accompagnato da un’introduzione del figlio dell’autrice, Nigel Nicolson.

introduzione di Elisa Govi

postfazione di Mario Lunetta

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