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Lo scrittore preferito da Stephen King
Posted in le news dal mondo del libro, tagged autori americani, Don Robertson, L'uomo autentico, libri, libri nuovi, libri stephen king, Nutrimenti editore, STEPHEN KING on novembre 5, 2016| Leave a Comment »
Posted in le news dal mondo del libro, tagged alberto cavanna, Bacicio do Tin, classici, Da bosco e da riviera, Il dolore del mare, Il filibustiere, Joseph Conrad, L'uomo che non contava i giorni, La nave delle anime perdute, libri, nuovi romanzi, Nutrimenti editore, romanzi on luglio 19, 2016| Leave a Comment »
Chi non ha mai letto Conrad si perde tantissimo:
Il filibustiere, Nutrimenti editore
http://www.nutrimenti.net/libro.asp?lib=381
Il filibustiere (The Rover, in originale) è l’ultimo romanzo scritto e pubblicato in vita da Joseph Conrad, il testamento di un autore che in poco meno di trent’anni – dal 1895, data di pubblicazione del suo esordio, La follia di Almayer, fino al 1923, quando Il filibustiere uscì in rivista e poi in volume – aveva conquistato schiere di lettori con le sue opere, in gran parte ispirate agli anni trascorsi in mare per la marina mercantile britannica, specialmente in Oriente.
Qui, nel romanzo che chiude una delle più felici avventure della storia della letteratura, non siamo in Oriente ma in Europa, esattamente sulla frastagliata costa francese a est di Tolone, nel punto in cui la penisola di Giens si protende nel Mediterraneo verso le isole d’Hyères. Il cannoniere Peyrol, che per più di cinquant’anni ha percorso gli oceani in lungo e in largo, protagonista anche di scorribande piratesche tra le file dei Fratelli della Costa, torna infine nella sua terra natale, nei luoghi che aveva dovuto abbandonare nell’infanzia e di cui conserva pochi ricordi offuscati e dolorosi. Trova rifugio in una fattoria isolata, Escampobar, che funge anche da locanda, ospite di un singolare terzetto di personaggi: una giovane dall’aria svagata e folle, la zia di quest’ultima e un uomo arcigno e scorbutico, noto per essere stato un fanatico sanguinario durante il periodo del Terrore.
È il primo decennio del nuovo secolo, il fermento rivoluzionario si è placato e la Francia, guidata da un Napoleone da poco incoronatosi imperatore, è momentaneamente sotto scacco degli inglesi, che con la loro flotta al comando dell’ammiraglio Nelson sorvegliano il Mediterraneo bloccando le navi francesi di stanza a Tolone. Una situazione instabile, destinata a infrangersi e a esplodere in una nuova guerra. Allo stesso modo è instabile l’equilibrio che si è creato a forza, in seguito a fatti luttuosi, tra gli abitanti della locanda dove Peyrol ha fissato la sua dimora. E così il vecchio marinaio, mosso dagli eventi e dal suo spirito indomito, finirà per essere coinvolto in prima persona nelle vicende umane di Escampobar e, contemporaneamente, in quelle politiche della sua patria ritrovata.
Il filibustiere è qui proposto nella nuova traduzione e con le illustrazioni di Alberto Cavanna, narratore legato per vocazione al mare, autore dei romanzi Bacicio do Tin, Da bosco e da riviera, L’uomo che non contava i giorni, Il dolore del mare, La nave delle anime perdute e del saggio storico L’ultimo viaggio dell’imperatore. Napoleone tra Waterloo e Sant’Elena.
Joseph Conrad
Joseph Conrad (1857-1924) ha prestato servizio sulle navi mercantili britanniche per quindici anni, prima di dedicarsi alla scrittura e trasformare in storie le circostanze e i personaggi della sua avventurosa vita di mare. Considerato tra i maggiori scrittori di ogni tempo, è autore di classici immortali come Cuore di tenebra, Lord Jim, Tifone, Nostromo, Vittoria, La linea d’ombra.
Jane Urquhart, Sanctuary Line, Nutrimenti editore , il nostro libro del cuore della settimana
Posted in i libri che ci sono piaciuti - recensioni, tagged autori canadesi, Jane Urquhart, letteratura canadese, libri, libri nuovi, Nutrimenti editore, recensioni, recensioni libri, romanzi, romanzi consigliati, Sanctuary Line on aprile 26, 2016| Leave a Comment »
Qualcuno ricorda La collina delle farfalle, di Barbara Kingsolver? Al centro di quello splendido romanzo, ambientato negli Appalachi, vi era l’arancione delle farfalle monarca, splendido esempio di insetto migratore. La bellezza delle immagini che deriva dal loro lungo girovagare per l’America ha ispirato anche la bravissima Jane Urquhart, capace di rendere vivissima una vicenda famigliare che si adatta perfettamente al luogo che l’ha ispirato, un piccolo angolo sulle rive del Lago Erie, in cui ormai le vecchie fattorie e gli splendidi frutteti che davano lavoro a frotte di messicani sono ormai abbandonati. Sul filo della memoria, una paziente entomologa ritornata sul luogo per studiare le farfalle ripercorre le storie che lo hanno animato… Beh, non siamo certo i primi ad accorgersi della qualità della narrativa della letteratura canadese che approda alla traduzione italiana, e Jane Urquhart non è di sicuro l’eccezione!
Jane Urquhart, Sanctuary Line, Nutrimenti editore
- 240 – € 17
Traduzione di Nicola Manuppelli
Chiamata a lavorare in un centro di ricerca per studiare la migrazione delle farfalle monarca, l’entomologa Liz Crane si trasferisce a vivere nella fattoria in riva al lago Erie dove ha trascorso le estati della sua infanzia. Il luogo, un tempo affollato da zii e cugini, e dai lavoratori che giungevano annualmente dal Messico per la raccolta, ormai è caduto in rovina. I frutteti sono abbandonati, i campi sono arsi, e la vecchia casa di famiglia è popolata dai fantasmi.
Osservando attorno a sé i resti di un mondo scomparso, la donna ripercorre con la memoria quel passato luminoso – i giochi di bambini, le nuotate al lago, le leggende e le poesie, le barchette di carta liberate in acqua. E poi, a segnare la fine della stagione estiva, l’albero che avvampa di farfalle. Ma a gettare un’ombra sui ricordi è lo spettro di ciò che avvenne dopo, la successione di eventi che, come un cataclisma, hanno sconvolto un equilibrio apparentemente immutabile. Una trama di perdite e assenze, che s’intrecciano in una vicenda densa di simbologie.
Considerata l’erede di Alice Munro e Margaret Atwood, pluripremiata in patria e all’estero, in questo romanzo Jane Urquhart costruisce una storia familiare emozionante e piena di mistero, affrontando temi profondi e attuali: il tempo, la passione e l’identità; l’eredità e il destino; la fragilità delle relazioni umane e il complesso dialogo tra culture diverse.
“Una delle più efficaci rappresentazioni della centralità dei luoghi nella vita delle persone”.
Alice Munro
“La scrittura di Jane Urquhart è poetica, meravigliosamente sobria e misurata nel descrivere le emozioni più forti”.
The Times
“Una prosa armoniosa ed elegante, che ricorda Margaret Atwood”.
The Observer
“Una progressione incredibile che scuote emotivamente il lettore, con un finale così potente da far venire voglia di ricominciare da capo”.
Toronto Star
Jane Urquhart
Jane Urquhart (Little Longlac, Ontario, 1949) è autrice di otto romanzi acclamati a livello internazionale, per i quali ha ricevuto importanti riconoscimenti come il Governor General’s Literary Award, il Trillium Book Award, il Marian Engel Award e l’Harbourfront Festival Prize. È anche l’unica canadese a essersi aggiudicata in Francia, nel 1992, il prestigioso Prix du meilleur livre étranger. È cavaliere dell’Ordine delle Arti e delle Lettere in Francia, e ufficiale dell’Ordine del Canada, la più alta onorificenza civile del suo paese.
Emma McEvoy, Nella terra di nessuno, Nutrimenti editore
Posted in i libri che ci sono piaciuti - recensioni, tagged arabi israeliani, Emma McEvoy, letture, letture consigliate, libri, libri consigli, libri consigliati, libri israele, libri medio oriente, libri nuovi, Nella terra di nessuno, novità consigliate, NUOVI LIBRI, Nutrimenti editore, recensioni, recensioni libri, romanzi, romanzi consigliati on Maggio 20, 2014| Leave a Comment »
due amici, entrambi israeliani, un ebreo obiettore di coscienza nei confronti del servizio militare, l’altro arabo ma disposto ad indossare la divisa per odio nei confronti della nonna che l’ha cresciuto… Li accomuna la mancanza della figura materna, morta nel caso di Saleem, in fuga dall’atmosfera del kibbutz per Avi: una ferita non rimarginata per entrambi, che li spinge a superare gli schemi che le due società impongono loro con un forte legame virile. Dal carcere in cui Avi è rinchiuso per il suo rifiuto del servizio militare, Avi ricorda i fatti avvenuti, fino alla tragica morte dell’amico, e alla disperata richiesta della moglie..
Un libro delicato e forte al tempo stesso, ottima prosa e temi forti, da una autrice esordiente dalle grandi capacità: ci sono editori come Nutrimenti che meritano la tripla AAA!
Emma McEvoy,
Nella terra di nessuno,
Nutrimenti editore
Traduzione di Dora Di Marco
Avi e Saleem sono entrambi israeliani, uno è ebreo, l’altro arabo. I due si sono conosciuti per caso, e per caso sono diventati amici. Ma la loro amicizia è qualcosa che nessuno può capire, privata, quasi segreta. Entrambi hanno perso la madre da bambini, Avi abbandonato, Saleem orfano, entrambi sono vittime dei rimpianti e dei rancori dei loro familiari, sono tenuti sotto scacco l’uno dal fervore del padre, convinto sostenitore della vita del kibbutz, l’altro dall’odio e dalle rivendicazioni della nonna, profondamente ferita dalla vita. E mentre Saleem ha deciso di vestire la divisa dell’esercito israeliano – lui che, come arabo, non è obbligato – Avi sceglierà infine l’obiezione di coscienza, scontando il suo rifiuto con la prigione.
Così, nel silenzio della cella, durante le notti insonni, alla luce di una candela, Avi scrive al suo amico, ucciso durante uno scontro mentre tentava di fermare un ragazzino pronto a tirare un sasso contro un soldato. Ogni settimana viene a trovarlo in carcere Sahar, la vedova di Saleem. La giovane ha una richiesta per Avi: che la sposi e la porti via da quella terra senza futuro.
In uno stile asciutto e vibrante, Emma McEvoy racconta il rimpianto e la perdita, e le contraddizioni di due comunità costrette a fronteggiarsi, dove rompere gli schemi comporta una frattura profonda e definitiva con le proprie radici e con una parte di sé.
Emma McEvoy
Emma McEvoy è nata a Dalkey, in Irlanda, nel 1973. Dopo aver studiato storia e scienze politiche all’Università di Dublino, si è trasferita in Israele, dove ha vissuto per otto anni in un kibbutz al confine con il Libano. Attualmente vive nel West Cork con il marito, i due figli e il cane Barkley. Nella terra di nessuno è il suo primo romanzo.
Margaret Laurence, I rabdomanti, Nutrimenti editore. Il nostro libro del cuore della settimana
Posted in i libri che ci sono piaciuti - recensioni, tagged autori canadesi, I rabdomanti, libri, libri consigliati, Margaret Laurence, Nutrimenti editore, recensioni libri, romanzi consigliati on novembre 29, 2012| Leave a Comment »
Peccato se ne conoscano così pochi, peccato che l'”import” sia così esiguo: perché tutti gli scrittori canadesi che vengono tradotti in italiano lasciano buonissime impressioni! Se amate Alice Munro, con la sua capacità di introspezione, sarebbe davvero un delitto mancare l’appuntamento con Margaret Laurence, che viene considerata una sorta di “maestra” per la connazionale. Grande capacità di dare vita a ritratti umani sontuosi, e uno stile magnifico che sorregge con disinvoltura le sue opere.
I rabdomanti è l’ultimo libro di una sorta di ciclo narrativo costruito attorno all’esistenza femminile,in un ambito geografico ristretto; nello specifico, è una sorta di viaggio a ritroso dell’autrice stessa: protagonista è una scrittrice che volge il suo sguardo alle passate stagioni, al filo conduttore capace di unire vita e letteratura. Quel che si dice un indimenticabile ritratto femminile, capace di percorrere senza timore un sentiero fatto di asperità!
Margaret Laurence,
I rabdomanti, Nutrimenti editore
Traduzione di Chiara Vatteroni
Morag Gunn è una scrittrice affermata, quarantasette anni e cinque romanzi. Vive in una casa di campagna affacciata sul fiume: il vento che soffia in direzione opposta alla corrente è l’immagine del potere della memoria. Nell’attesa impaziente di notizie della figlia, partita per l’Ovest alla ricerca di sé, Morag si abbandona al vortice dei ricordi, raduna i frammenti di una vita – la sua vita – che si succedono come spezzoni di un film: desideri, dolori, incontri, conflitti, passioni. L’infanzia difficile, bambina orfana cresciuta in una famiglia umile della provincia; il desiderio di fuga, l’università. Poi l’amore, l’uomo sposato – il professore più grande di lei, la bella casa di città – e l’altro, il mezzosangue, il cantastorie, la sfida di Morag alle convenzioni. E infine la scrittura, quella rabdomantica ricerca del succo racchiuso dentro la scorza, accesso privilegiato al senso segreto delle cose.
Pochi hanno saputo descrivere come Margaret Laurence la condizione femminile, con ruvido rigore e tensione emotiva, scavando a più riprese nei recessi dell’autobiografia. I rabdomanti, ultimo romanzo dell’autrice canadese, quello in cui più emerge il sodalizio tra vita e letteratura, ci consegna un personaggio indimenticabile, la storia di una donna battagliera e orgogliosa, e del suo difficile percorso di autodeterminazione.
“Sontuosa la trama, meravigliosa la scrittura. Un libro poetico e vigoroso, con una delle protagoniste femminili più realistiche e ricche di umanità della narrativa contemporanea”.
The New Yorker
Margaret Laurence
Margaret Laurence (1926-1987) nasce a Neepawa, piccolo centro rurale nella provincia del Manitoba, in Canada, che le servirà da ispirazione per la città immaginaria di Manawaka, in cui è ambientata la saga di cinque romanzi che le ha dato notorietà internazionale. Dopo la laurea segue il marito ingegnere in Africa, dove vive per alcuni anni e inizia a scrivere. I riconoscimenti arrivano negli anni Sessanta con il ritorno in patria e la pubblicazione del primo romanzo del ciclo di Manawaka, L’angelo di pietra. Nel 1974 la saga si chiude con I rabdomanti, che le vale il secondo Governor General’s Award, il più prestigioso premio letterario del Canada, già ricevuto nel 1966.
Di lei Agostino Lombardo ha scritto: “Margaret Laurence, come Shakespeare, come Faulkner, ha un senso pieno della vita e dunque ha il senso della sua tragicità. Qui sta, io credo, il segno supremo del classico, ed è qui la svolta che la scrittrice fa compiere alla letteratura canadese (così come Hawthorne e Melville, a metà dell’Ottocento, l’avevano fatta compiere alla letteratura americana)”.