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Posts Tagged ‘saggi storici’

Una vicenda storica davvero degna di libro, di film, di essere conosciuta. L’appassionante opera di difesa attuata da Keplero per salvare l’anziana madre dalle accuse di stregoneria, un “lavoro” durato sei anni in cui lo scienziato usò un metodo a lui noto, quello scientifico, per smontare una ad una le testimonianze di coloro che giudicavano provenienti dal diavolo i fatti accaduti in presenza del genitore. Una accurata ricostruzione per calarsi nel clima di una turbolenta epoca storica, i primi anni del Seicento..
L’ASTRONOMO E LA STREGA
 
LA BATTAGLIA DI KEPLERO PER SALVARE SUA MADRE DAL ROGO, RUBLACK ULINKA.
Hoepli
Il racconto straordinario e avvincente della lunga lotta intrapresa dal famoso astronomo Johannes Keplero per difendere la madre dall’accusa di stregoneria.
Trama
Johannes Keplero è una delle figure chiave della rivoluzione scientifica del XVII secolo. Strenuo sostenitore del sistema eliocentrico, Keplero è noto soprattutto per la scoperta dell’ellitticità delle orbite planetarie e per la formulazione delle tre leggi che ancora oggi portano il suo nome. Meno noto è invece che nel 1615 fu proprio Keplero, al culmine della sua carriera scientifica, ad assumersi in prima persona la difesa della madre dall’accusa di stregoneria. Nel processo, che durò sei anni, Keplero condusse una lunga e coraggiosa battaglia per ottenere giustizia e per salvare la madre dalla tortura e dal rogo. Nell’Astronomo e la strega Ulinka Rublack ricostruisce con mano sicura tutti i dettagli di questo doloroso episodio della biografia di Keplero, facendo immergere il lettore nel difficile e volubile contesto in cui egli visse. Il risultato è una storia toccante e coinvolgente che, a partire da un dramma familiare, riporta alla luce qualcosa di più importante: il mondo di una piccola comunità luterana del centro Europa, segnata da profonde tensioni politico-religiose prodotte dalla Riforma protestante e alle soglie della Guerra dei trent’anni. Tra i tanti libri dedicati alla stregoneria, questo è indubbiamente il primo a documentare in modo convincente come la caccia alle streghe non riguardasse soltanto singole donne, bensì intere famiglie e comunità.
“Un libro coinvolgente e dai molteplici significati… è insieme una vivida introduzione a un’affascinante realtà sociale e culturale, un’approfondita analisi di un processo per stregoneria e un penetrante studio su uno dei più grandi scienziati della storia.” Professor Anthony Grafton, Princeton University
“Stimolante e avvincente, questo libro getta nuova luce sulle famiglie e sulle personalità coinvolte nel processo per stregoneria a Katherina Kepler, sulla loro comunità e sulla loro cultura… Il passato, con le sue paure e le sue speranze, ritorna meravigliosamente alla vita in questo studio fondamentale.” Professor Nicholas Jardine, University of Cambridge
“Questo libro conduce il lettore nel cuore del XVII secolo, delle sue aspettative, dei suoi sogni e delle sue paure. Ulinka Rublack racconta una storia scioccante: com’è stato possibile che la madre di un famoso astronomo fosse accusata di stregoneria? Con uno stile tanto rigoroso quanto coinvolgente, l’autrice presenta sotto una nuova luce i legami tra pensiero scientifico e conoscenze naturali all’alba di una nuova era. Uno dei migliori libri che abbia letto in questi ultimi anni.” Professor Lyndal Roper, University of Oxford

Autore

Ulinka Rublack insegna all’Università di Cambridge ed è autrice di numerosi studi sull’Europa della prima età moderna, tra cui Reformation Europe (2005), e Crimes of Women in Early Modern Germany (1999) e Dressing Up: Cultural Identity in Renaissance Europe (2010), con il quale ha vinto il Roland H. Bainton Prize. Ha inoltre curato l’Oxford Concise Companion to History (2011) e l’Oxford Handbook of the Protestant Reformations (2016).

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15 vite speciali, capaci di raccontare un millennio, nel nuovo saggio di Sergio Luzzatto: Una febbre del mondo, Einaudi

 

 

http://www.einaudi.it/libri/libro/sergio-luzzatto/una-febbre-del-mondo/978880623091

 

Da san Francesco a Pietro il Grande, da Giovanna d’Arco a Marie Curie, da Ippolito Nievo fino a Nelson Mandela e Malala. Quindici storie di avventure, di fede e di passione. Un viaggio emozionante sulle tracce di chi, seguendo la propria febbrile vocazione, ha fatto la Storia.

 

Certe vite ruotano intorno a un prima e un dopo, intorno a un singolo momento che segna la fine di un’esistenza ordinaria e conduce verso frontiere inesplorate. Tutti i protagonisti di queste storie hanno percorso quella strada fuori dal comune. Lo hanno fatto in epoche e mondi distanti, seguendo spinte diverse: un sogno o un’ambizione, un’illusione o un delirio. Ma sempre con cieca ostinazione. C’è Giovanna d’Arco, finita al rogo aggrappata alle parole del suo Dio. Ci sono Galileo Galilei e Marie Curie. Il primo costretto, per amore di scienza, ad anni di sospetti e accuse, fino all’abiura. La seconda che, nel suo mistico slancio verso la ricerca, conserva, da ragazza e da moglie, da vedova e da madre, una straordinaria umanità. C’è Malala Yousafzai, che ancora bambina ha avuto il coraggio di denunciare la condizione femminile nel Pakistan dei talebani, rischiando la sua giovane vita. Sergio Luzzatto, con il suo stile preciso e suggestivo, racconta le vite di quindici personaggi che spesso nel bene, e talvolta nel male, hanno ossessivamente cercato di cambiare il mondo.

 

 

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davvero un grande storico, Emilio GENTILE, di quelli che vorresti invitare per una presentazione. Ecco la sua ultima fatica, dedicata alla figura dell’UOMO FORTE.
 
Emilio Gentile, Il capo e la folla, Laterza
 
 
 
Conoscere l’arte di impressionare l’immaginazione delle folle, vuol dire conoscere l’arte di governarle». Così scriveva nel 1895 Gustave Le Bon nel suo celebre libro Psicologia delle folle. Emilio Gentile rievoca le principali esperienze di partecipazione delle folle alla politicca dell’antichità di capi straordinari, che hanno governato con le folle per distruggere o per salvare la democrazia. Da Napoleone Bonaparte a Napoleone III, incontrando poi Franklin D. Roosevelt, Churchill, sull’attuale tendenza a trasformare il ‘governo del popolo, dal popolo, per il popolo’ in una democrazia recitativa, dove la politica diventa l’arte di governo di un capo, che in nome del popolo muta i cittadini in una folla apatica, beota o servile.
 
Attraverso la storia raccontata da Gentile, il lettore può forse trarre l’impulso a preservare la dignità della propria coscienza critica, evitando di essere assorbito nella folla sottomessa al capo in una democrazia recitativa.
 
Uno dei più importanti storici italiani esplora il rapporto che ha legato la folla a leader carismatici come Roosevelt, Mussolini, Lenin, Hitler, Ataturk, de Gaulle, Kennedy. E rivela le dinamiche all’interno delle masse, la seduzione delle parole e delle immagini, la personalizzazione della politica, gli effetti sulla democrazia. Attraverso la sua indagine, le persone che vogliono preservare l’autonomia della loro individualità in una democrazia recitativa possono forse apprendere come evitare di diventare una folla, che non può fare a meno di un padrone.
 
La caratteristica fondamentale della folla, protagonista della politica moderna, è il bisogno di un capo. Da ciò ha origine, nell’epoca contemporanea, la personalizzazione della politica e del potere anche nelle democrazie moderne. Nel 2009 “Le Monde” inserì fra i venti libri che hanno cambiato il mondo La psicologia delle folle di Gustave Le Bon, pubblicato nel 1895, tradotto in molte lingue e continuamente riedito fino ai giorni nostri. Le Bon insegnava ai capi che «conoscere l’arte di impressionare l’immaginazione delle folle, vuol dire conoscere l’arte di governare». Politici molto diversi, democratici, totalitari o autoritari seguirono gli insegnamenti della Psicologia delle folle. Nella scia dell’opera di Le Bon, Emilio Gentile rievoca le principali esperienze di personalizzazione del potere nell’epoca contemporanea, da Napoleone a Kennedy: una riflessione storica utile per comprendere l’attuale tendenza a trasformare il ‘governo del popolo, dal popolo, per il popolo’, in una democrazia recitativa, fondata sul comando di un capo acclamato dalla folla.
 
«I caratteri specifici della folla sono la suggestionabilità, l’incapacità di ragionare, l’esagerazione dei sentimenti, il semplicismo delle opinioni e altre caratteristiche che apparentano la folla al bambino o agli esseri primitivi per “la facilità a lasciarsi impressionare dalle parole e dalle immagini, a farsi trascinare in atti lesivi dei suoi più evidenti interessi”.»
 
«Nella folla, le attitudini coscienti, razionali e intellettuali dei singoli individui si annullano, e predominano i caratteri inconsci. I fenomeni inconsci svolgono una parte preponderante nel funzionamento dell’intelligenza. E ciò accade non solo per una folla composta da individui senza cultura o appartenenti alle classi popolari, ma anche per una folla composta da individui colti o appartenenti alle classi superiori. Le decisioni di interesse generale prese da un’assemblea di uomini illustri, ma di specializzazioni diverse, non sono molto migliori delle decisioni che potrebbero esser prese in una riunione di imbecilli.»
 
«Nella psicologia delle folle, le immagini acquistano la vivacità delle cose reali e sono considerate reali: l’irreale predomina sul reale. Ciò va tenuto presente soprattutto nelle elezioni. Il capo candidato può promettere senza timore le più imponenti riforme. Le promesse esagerate producono sul momento un grande effetto e non impegnano affatto per l’avvenire, perché l’elettore non si preoccupa mai di sapere se l’eletto ha rispettato la proclamata professione di fede, in base alla quale avrebbe dovuto giustificare la sua elezione. Ma soprattutto il capo deve possedere il prestigio, l’elemento fondamentale della persuasione, la molla più forte di ogni potere.»
English: Mug shot of the revolutionary sociali...

English: Mug shot of the revolutionary socialist Benito Mussolini, later Italian Fascist leader Benito Mussolini, following his arrest by Swiss police for lack of identification papers. Italiano: Foto segnaletica del rivoluzionario socialista Benito Mussolini, later Italian Fascist leader Benito Mussolini, poi divenuto capo del Fascismo, dopo il suo arresto da parte della polizia svizzera per mancanza di documenti di identificazione. (Photo credit: Wikipedia)

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Già, una famiglia tedesca, quella di questo saggio, emblematica, esemplare. Un libro necessario per collocare i tanti tasselli che compongono la variegata personalità di Walter Benjamin, del contesto famigliare,  per vedere scorrere l’impetuoso fiume della storia del Novecento.

 

Uwe-Karsten Heye

I Benjamin. Una famiglia tedesca, Sellerio

Una tragica saga familiare, un secolo di storia tedesca attraverso una famiglia esemplare, esempio di opposizione culturale e morale agli orrori che i conflitti portano con sé.

Traduzione dal tedesco di Margherita Carbonaro
Titolo originale: Die Benjamin, Eine deutsche Familie

Walter Benjamin, uno dei «profeti» culturali del Novecento, morì in una piccola località sulla frontiera spagnola; fuggiva dalla Francia occupata e si suicidò per timore di essere riconsegnato alla Gestapo. Era ebreo oltre che antinazista. La sua fine è abbastanza nota.
È invece per lo più ignota la vicenda delle personalità con cui più vivamente e drammaticamente si intrecciò la sua storia e, in parte, la sua attività: Georg, il fratello minore, medico, dirigente comunista, soppresso a Mathausen nel 1942, la sorellina Dora, sociologa e attivista, esule a Parigi con Walter dal 1933 e morta in Svizzera dov’era in esilio, la cognata Hilde, militante clandestina antinazista e madre di un bambino «meticcio» da sottrarre allo sterminio, poi giudice supremo nella DDR e ministro della Giustizia, distintasi nella prosecuzione giudiziaria dei criminali nazisti.
L’autore di questa inchiesta storica, basata su documenti sconosciuti e su conversazioni con i protagonisti, li definisce «una famiglia tedesca». E infatti la loro vicenda collettiva di disperazione di morte e di coraggio, è aggrovigliata in modo indistinguibile con la stessa storia della Germania. E il racconto di essa si staglia sullo sfondo della vita in Germania, prima e dopo il 1933. A partire dal primo miracolo tedesco, la grande crescita dopo la nascita dell’impero del 1871, in cui fiorì la famiglia di agiati e colti ebrei Benjamin; fino agli anni Sessanta del Novecento quando, mentre i caporioni ex nazisti completavano le loro carriere indisturbati ad Ovest, l’ultima dei Benjamin si guadagnava l’epiteto di «Ghigliottina rossa» per il suo lavoro di giudice ad Est, contro i criminali di guerra.
Una ricostruzione dal respiro del Ventesimo secolo europeo, quella condotta dallo storico e giornalista Heye che riesce a coniugare con passione l’empatia esistenziale di una storia privata degli affetti, con l’interesse documentaristico della grande storia.

Uwe-Karsten Heye (1940), giornalista, è stato autore di discorsi per Willy Brandt, portavoce del governo di Gerhard Schroeder e autore di testi per le reti televisive ARD e ZDF

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Il grande mare. Storia del Mediterraneo, David Abulafia, Mondadori

Da sempre il Mediterraneo – il “mare fra le terre” – è stato un crocevia di popoli, culture, lingue, religioni, che ne hanno fatto il cuore pulsante del Vecchio Mondo. A segnare la storia del “grande mare”, il nome con cui era noto nella tradizione ebraica, non sono stati, secondo lo storico britannico David Abulafia, il clima, i venti o le correnti, ma gli uomini (navigatori, mercanti, missionari, condottieri, crociati, pellegrini, pirati), che, mettendo in contatto le regioni più remote di questo vasto bacino, lo hanno reso “forse il più dinamico luogo di interazione tra società diverse sulla faccia del pianeta”. Anziché richiamarsi a un’astratta e statica “identità mediterranea”, l’autore pone l’accento sul cambiamento di una regione che nel corso dei millenni ha visto sorgere e tramontare imperi e civiltà, è stata teatro di feroci battaglie per il monopolio politico e commerciale, e che infine, prima con la scoperta della rotta atlantica e poi con l’apertura del canale di Suez, ha perso sempre più importanza nelle relazioni e nei commerci internazionali, per trovare la sua nuova e insospettata vocazione nel turismo di massa e diventare, più recentemente, il complesso scenario di incessanti flussi migratori. Al centro di questa affascinante ricostruzione non ci sono soltanto gli eventi e i personaggi più importanti della storia economica, politica e militare, ma anche figure solo apparentemente di fondo…

 

L’arte del comando. Alessandro, Annibale, Cesare, Barry Strauss, Laterza

Tre generali, tre vite dedicate al combattimento, dieci chiavi per il successo. Alessandro, un astro senza paragoni; Annibale, l’eroe delle cause perdute e delle battaglie perfette; Cesare, il più grande dei comandanti del mondo antico. Tre generali prodigio in campo militare, tre giocatori d’azzardo. Affrontarono imperi: nemici con eserciti molto più grandi dei loro; nemici che avevano il comando strategico del mare; e nemici che avevano il vantaggio di giocare in casa. Eppure rischiarono tutto per la vittoria. La ragione principale del loro successo stava in ciò che li accomunava: l’ambizione, l’intuito, l’attitudine al comando, l’adattabilità, l’abilità logistica, la strategia, l’uso del terrore, l’opportunismo. Ultima, dalla loro, la buona sorte. Tutte le guerre che combatterono seguivano lo stesso schema. Tutte cominciavano con una combinazione di attacco e difesa, cui seguiva una grande vittoria in una battaglia campale. L’ultimo passo sarebbe dovuto essere quello di cogliere i frutti con un accordo di pace per il mondo del dopoguerra ma nessuno dei tre vi riuscì. Cambiano le tattiche, cambiano le armi, ma nel corso dei secoli la guerra di per sé non muta. Capire in cosa riuscirono o dove fallirono questi tre grandi, ma non perfetti comandanti può essere utile a chiunque desideri sviluppare una strategia o debba dimostrare una capacità di leadership. “L’arte del comando” è una rara combinazione di perfetta cultura classica e consigli sapienti.

 

Uomini e donne del Medioevo, Jacques LeGoff, Laterza

Protagonisti del Medioevo come sant’Agostino, Carlo Martello, Averroè, san Francesco d’Assisi e santa Chiara, Giotto, Marco Polo, Dante, Giovanna d’Arco, Cristoforo Colombo. Ma anche figure chiave dell’immaginario collettivo e popolare come re Artù, il mago Merlino, Robin Hood, Satana. Sono 112 le storie di uomini e donne del Medioevo raccontate in queste pagine lungo dieci secoli di storia, dall’affermazione del cristianesimo in Occidente fino alla scoperta del Nuovo Mondo. Storie di vita vera che smentiscono la vecchia concezione di un Medioevo immobile e oscuro e lo ridisegnano come un lungo periodo creativo e dinamico. Ma anche storie immaginarie perché in una società il fantastico e l’illusorio sono sicuramente tanto importanti quanto le condizioni reali di vita e di pensiero. Un viaggio appassionante tra storie e immagini straordinarie, al fianco del più noto medievista al mondo.

 

Nel nome del Signore. L’Europa dall’anno Mille alla fine del Medioevo, William Chester Jordan, Laterza

In queste pagine troveremo i grandi papi che hanno fatto rivivere il potere del clero contro i grandi signori secolari, gli scrittori e i pensatori che hanno aperto la strada al Rinascimento, i guerrieri che combatterono nelle crociate e le persone comuni che trovarono un nuovo orizzonte di prosperità in un’epoca fiduciosa e dinamica, fino alla lunga notte del Trecento. Parentesi luminosa fra il caos dell’anno Mille e un quattordicesimo secolo infestato dalla peste, dalle carestie e dalle guerre, gli anni che troveremo in queste pagine furono ricchi di possibilità e di speranza, di crescita e di conquiste. Dalle controversie Chiesa-Stato ai conflitti religiosi e ai movimenti riformatori, dalla crescita demografica alle straordinarie conquiste intellettuali – la letteratura in volgare, il fiorire delle grandi università inglesi, francesi e italiane, i capolavori dell’architettura gotica -, William Chester Jordan ripercorre il cammino lungo il quale, con creatività e a passo sicuro, si sviluppò quello che può ben essere definito il primo vero Rinascimento europeo.

 

Simon Winchester, Oceano, Adelphi

Per secoli l’uomo si è rifiutato di affrontare il mare grigio, rombante e tempestoso che si estendeva al di là delle Colonne d’Ercole, abitato da mostri terrificanti come le Gorgoni e i Giganti Centimani o da razze bizzarre come i Cimmeri, gli Etiopi e i Pigmei; solo i Fenici, avidi e temerari, osarono sfidare quelle acque alla ricerca di un mollusco da cui estrarre il colore più ambito dalle élite di potere dell’età classica. Oggi l’Atlantico, nella percezione di molti, non è altro che un piccolo inconveniente, che dura giusto il tempo di un paio di film proiettati durante un volo intercontinentale. Fra questi due estremi sono passati duemilacinquecento anni di esplo­razioni, guerre, commerci e disastri, attraverso i quali l’oceano ha plasmato le ambizioni e la condotta di marinai, scienziati, mercanti e soldati, venendo visto, a seconda delle circostanze e della sorte, come un alleato o un nemico, una risorsa o un pericolo. Simon Winchester racconta con sapienza e arguzia l’ultramillenaria relazione fra l’Atlantico e gli esseri umani – predatori vichinghi e monaci irlandesi, cacciatori di balene e mercanti di schiavi, posatori di cavi e pirati -, mescolando storia e aneddoto, geografia e ricordi persona­­li, scien­za e affabulazione. Il risultato è un’e­po­pea del «mare interno della civiltà oc­cidentale» maestosa, sorprendente, burrascosa, cangiante – quasi quanto l’oceano stesso.

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Libro di viaggio, saggio storico, uno splendido caleidoscopio della vita che brulica attorno al grande fiume Indo: uno di quei libri che spalancano le porte di un mondo sterminato al lettore. Potenza della parola scritta!

Alice Albinia
Imperi dell’Indo
La storia di un fiume
Traduzione di Laura Noulian
, Adelphi
Imperi dell’Indo è il resoconto dell’audace viaggio solitario lungo il «Fiume dei Fiumi», dalla foce alla sorgente, compiuto da Alice Albinia a ventinove anni: più di tremila chilometri attraverso paesi, panorami e popoli osservati con sguardo empatico, in un pellegrinaggio avventuroso fra tribù pashtun e fuoricasta metropolitani, santuari sufi e fondamentalisti islamici, fitto di incontri con memorabili personaggi il cui destino è fatalmente intrecciato a quello del grande fiume. Le sue rive «hanno attratto con­quistatori assetati. Qui nacquero alcune delle prime città al mondo; la più antica letteratura sanscrita dell’India ebbe il fiu­me al suo centro; i santi predicatori del­l’I­slam peregrinarono lungo il suo corso». Un itinerario controcorrente e insieme a ritroso nel tempo – dal presente travagliato del Pakistan ai fasti dell’impero britannico, dalle conquiste dei sultani afghani ad Alessandro Magno, dall’epoca dei Veda a quella della misteriosa civiltà di Mohenjodaro -, raccontato con una scrittura lieve e incisiva in un libro che è insieme romanzo di viag­gio e indagine storica, trattato di geografia umana e lucida riflessione sul subcontinente indiano di oggi.

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Meena, (February 27, 1956 – February 4, 1987) ...

Meena, (February 27, 1956 – February 4, 1987) Afghan feminist and activist on behalf of women’s rights. She founded the Revolutionary Association of the Women of Afghanistan (RAWA) in 1977, a group organized to promote equality and education for women. She was assassinated in Quetta, Pakistan on February 4, 1987. (Photo credit: Wikipedia)

Sophie Scholl e Norma Parenti, staffetta partigiana. Emily Davison, nell’Inghilterra vittoriana, Marla Ruzicka, cooperante uccisa in Iraq. Ritratti di donne coraggiose, diventate martiri per difendere i diritti civili.

L’eredità di Antigone Storie di donne martiri per la libertà ,

Riccardo Michelucci, Odoya editore
Prefazione: Emma Bonino

Un viaggio attraverso quattro continenti, dentro le vite di donne che hanno lottato per i diritti civili e per la conquista della libertà, affrontando fino alle estreme conseguenze il supremo scontro tra la ragion di Stato e la coscienza individuale. Dall’Afghanistan agli Stati Uniti, dall’Argentina al Sudafrica passando per il Vecchio Continente: dieci biografie di donne che hanno incarnato l’antico conflitto tra imperativo morale e potere, divenendo archetipi universali di coraggio e sacrificio.
Storie di moderne Antigoni accomunate dall’insofferenza per l’ingiustizia, che hanno trovato la morte combattendo per un ideale. Storie di partigiane, femministe, militanti di movimenti rivoluzionari, ma anche attiviste politiche e operatrici umanitarie diventate martiri senza volerlo, e che oggi rischiano di essere dimenticate.
Riccardo Michelucci ripercorre le vicende di Sophie Scholl, Franca Jarach e Meena Keshwar Kamal, giovani capaci di sfidare le più spietate dittature del XX secolo. Racconta le vite intense di Marianella García Villas, Ruth First e Anna Mae Aquash, perseguitate e uccise perché difendevano i diritti dei più deboli. Rievoca le battaglie di Emily Davison contro le discriminazioni di genere nell’Inghilterra post vittoriana e quelle di Mairéad Farrell nell’Irlanda vittima del giogo inglese. Di Marla Ruzicka, cooperante statunitense morta in Iraq, e di Norma Parenti, staffetta partigiana divisa tra la maternità e la lotta di liberazione.
Le loro vite coraggiose hanno segnato l’emancipazione umana e sono state un inno alla resistenza contro la barbarie.

“La libertà è sempre la libertà di dissentire.
Chi non si muove, non può rendersi conto delle proprie catene.”
– Rosa Luxemburg -“Io non potevo, per paura di un uomo arrogante, attirarmi il castigo degli dèi.
Sapevo bene che la morte mi attende. Affrontare questa fine è quindi per me un dolore da nulla […].
E se ti sembra che mi comporto come una pazza, forse è pazzo chi di pazzia mi accusa.”
– Sofocle, Antigone –

“C’è una cosa più forte di tutti gli eserciti del mondo,
e questa è un’idea il cui momento è ormai giunto.”
– Victor Hugo –

Autore
Riccardo Michelucci, giornalista, collabora con Avvenire, Left e i periodici del Gruppo editoriale L’Espresso. Con una delle storie contenute in questo libro ha vinto nel 2011 il premio letterario Firenze per le culture di pace, dedicato a Tiziano Terzani.
Per Odoya ha già pubblicato Storia del conflitto anglo-irlandese. Otto secoli di persecuzione inglese. Il suo blog è http://www.riccardomichelucci.it.

Emma Bonino, già vicepresidente del Senato della Repubblica, è una delle figure più influenti del radicalismo liberale italiano. Da sempre impegnata in prima persona nelle maggiori battaglie politiche per i diritti civili, ha dedicato eccezionale attenzione ad aspetti cruciali della “questione femminile” a livello nazionale e internazionale.

 

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Mario Roatta, Gastone Gambara, Alessandro Pirzio Biroli, Emilio Grazioli, Mario Robotti , illustri criminali di guerra italiani nelle terre occupate dall’esercito italiano riuscirono a farla franca al termine del conflitto, nonostante le prove e le testimonianze contro di loro. Molti non subirono neppure un processo, grazie alla Guerra Fredda e all’italico tradizionale metodo di insabbiamento. Un libro ricostruisce le loro azioni, le complicità di cui godettero, e il periodo storico.

 

 

CRIMINALI DI GUERRA ITALIANI. Accuse, processi e impunità nel secondo dopoguerra. ODRADEK

Con un’intervista al Procuratore Militare di Roma Antonino Intelisano

Alla fine della seconda guerra mondiale le alte gerarchie militari italiane avrebbero dovuto rispondere dei crimini di guerra compiuti in Albania, Jugoslavia, Urss e Grecia dalle truppe del regio esercito. Mario Roatta, Gastone Gambara, Alessandro Pirzio Biroli, Emilio Grazioli, Mario Robotti e tanti altri invece non subirono alcun processo – tranne Roatta che però fuggì in Spagna e venne poi amnistiato e prosciolto – né all’estero, né nella

neonata Repubblica democratica antifascista.

A salvarli dall’estradizione e dai procedimenti penali fu l’equilibrio politico-militare della Guerra Fredda che congelò la questione dando la possibilità al governo italiano, grazie al decisivo sostegno degli Alleati occidentali, di eludere ogni forma di sanzione giuridica nei confronti dei vertici del proprio esercito. La “Commissione d’Inchiesta” presieduta da Luigi Gasparotto rappresentò lo strumento che garantì tale impunità.

L’appartenenza al blocco occidentale consentì all’Italia di stipulare accordi segreti con la Grecia, mentre Usa, Gran Bretagna e Francia rinunciarono a processare i militari del regio esercito e sostennero la posizione dilatoria ed elusiva del governo di Roma di fronte alle rivendicazioni di paesi come Urss, Jugoslavia e Albania.

La fine della Guerra Fredda ha permesso, dopo il ritrovamento dell'”armadio della vergogna” l’apertura di nuovi processi per le stragi naziste in Italia ed una prima disponibilità di materiale documentario sulla condotta del regio esercito. Il libro attraverso una ampia mole di materiale, in larga parte inedito, proveniente dall’Archivio del Ministero Esteri, dall’Archivio Centrale dello Stato, degli archivi dei partiti politici e degli istituti storici e dal materiale presente nelle relazioni delle commissioni d’inchiesta parlamentare, opera una ricognizione su un tema che si configura in ultima istanza come un retaggio difficile da superare nonostante la caduta del muro di Berlino e l’ormai acclarata inconsistenza storica della narrazione auto-assolutoria degli “italiani brava gente”.

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srebrenica

Anni 90, a poche centinaia di km dalle nostre case, un nuovo olocausto insanguina l’Europa. Cartolina dalla fossa, un diario di Srebrenica edito da Beit, dove anche i vivi si sentono morti.

Cartolina dalla fossa
Diario di Srebrenica
Emir Suljagić, Beit Edizioni
272 pp. 150 x 225 mm. Numerose illustrazioni nel testo, euro 20,00.
Traduzione di Alice Parmeggiani. Fotografie di Alice Meden, Ron Haviv e Gilles Peress. Con testi di Azra Nuhefendić, Guido Franzinetti, Abdulah Sidran

Un diario della vita a Srebrenica prima della tragedia, le immagine storiche di quei giorni cruciali, i contributi di esperti e studiosi e una cronologia che ripercorre gli avvenimenti piu importanti dell’enclave dal 1991 ai giorni del massacro. Conclude il libro un servizio fotografico sui luoghi del massacro cosi come si presentano oggi, in un abbandono che esprime il dolore di un trauma incancellabile.

A Srebrenica sono morti anche i vivi

di Mara Gergolet

Estratto da “Il Corriere”, 11/07/2010

DIARIO DI SOPRAVVIVENZA – E, mentre nel villaggio di Zalazje dal 2 luglio sono cominciate le esumazioni, Al Memorial Center di Potocari si prepara la commemorazione con un funerale collettivo. I corpi, raccolti dalle fosse comuni, di 775 persone i cui resti sono stati identificati nel corso di questi anni, saranno cremati e a ognuno verrà data singola sepoltura. Che cosa è successo in quei giorni? Un libro, Cartolina dalla fossa, che uscirà il 12 luglio per la casa editrice Beit di Trieste, (pag. 270, euro 20), lo racconta con foto, cronologia (la prefazione di Azra Nuhefendic, interventi di Alice Meden, Guido Franzinetti, del poeta bosniaco Abdulah Sidran). E’ un diario sulla vita a Srebrenica prima e durante la tragedia di Emir Suljagić, un giovane musulmano bosniaco che, contro ogni previsione è sopravissuto. È la prima volta che Srebrenica è raccontata da un superstite.
SONO VIVO – «Io sono vivo perché Mladić aveva il potere assoluto di decidere sulla vita e sulla morte», scrive Suljagić che aveva 17 anni quando iniziò la guerra. Imparò l’inglese e divenne interprete per le Nazioni Unite a Srebrenica. Questo gli salvò la vita. Oggi Emir fa il giornalista in Bosnia. La sua scrittura è pacata. Non odia, non insulta, non urla. Racconta. La difesa della città, il contrabbando, l’ipocrisia dei caschi blu. E poi la fame e la miseria che hanno trasformato individui e comunità. Un resoconto umano in cui c’è l’assedio e la sopravvivenza. «La fame aveva completamente alterato la mia personalità», scrive. «Dal ragazzo, che prima della guerra era timido e riservato, ero diventato aggressivo e senza scrupoli. Questo mi ha spaventato». Racconta scene di un quotidiano. Parla dell’attacco dei musulmani bosniaci a Kravice. La 28esima divisione dei musulmani guidata da Naser, il 7 gennaio 1993, Notte di Natale ortodossa, in cui 49 civili serbi erano stati massacrati (86 civili sono stati feriti). A Srebrenica nessuna compassione per quelle vittime. «Sia come sia, quella si rivelò una macchia sulla nostra vittoria, altrimenti pura come un cristallo», scrive Suljagić: «Anche quello era un segnale inconfutabile che stavamo diventando sempre più simili ai serbi, a ciò che loro erano, ossia a ciò che loro desideravano noi diventassimo. Forse questo avvenne prima che chiunque se lo aspettasse, ma era inevitabile che le vittime – ma questo è solo il mio pensiero – in quelle circostanze iniziassero a somigliare al carnefice»

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Il Passo Khyber (o anche Passo del Khaiber o Passo del Khaybar)(altitudine: 1.070 m) è il passo di montagna che collega il Pakistan  con l’Afghanistan. Un posto strategico come pochi al mondo, crocevia di popoli, invasioni e commerci. Perno di quel “Grande gioco” immortalato da Kipling in Kim, e soggetto ideale per un saggio:

Paddy Docherty, The Khyber pass – una storia di imperi ed invasioni, Saggiatore
“Perno geografico della storia”, il Khyber Pass ha da sempre deciso il dominio sull’area centroasiatica. Questo valico montuoso fra Pakistan e Afghanistan dall’andamento serpentino, lungo cinquanta chilometri e stretto fino a sedici metri – ha avuto nei secoli un valore strategico cruciale. Guerrieri e pellegrini di ogni fede, vincitori e vinti, insieme a poeti, artisti e scienziati, lo hanno percorso. Per brama di conquista o perché attratti dal fascino di antichi imperi. Fondendo documentario di viaggio e racconto storico, Paddy Docherty ripercorre le vicende di condottieri, personaggi e popoli che, a partire dai persiani, hanno scandito l’ascesa, la fioritura e la rovina di leggendarie civiltà. Un’epopea che giunge fino al XX secolo e alle spaventose carneficine subite e perpetrate da britannici, russi e americani nel tentativo, impossibile, di dominare questo varco. Come un millenario ciclo epico, Khyber Pass restituisce la leggenda di questa frontiera, preda romantica da conquistare e difendere a tutti i costi, e teatro di conflitti fra eserciti e trasmissioni di idee, così determinanti per le sorti del mondo in cui viviamo.

Oppure, se non vi ispira questo, provate quest’altro:

Peter Hopkirk, Il grande gioco, Adelphi
“Grande affresco storico sul Grande Gioco, come lo chiamò Kipling, che impegnò inglesi e russi, per buona parte dell’Ottocento, in Afghanistan, in Iran e nelle steppe dell’Asia centrale. Mentre il grande impero moscovita scivolava verso i mari caldi inghiottendo ogni giorno, mediamente, 150 chilometri quadrati, la Gran Bretagna cercava di estendere verso nord i suoi possedimenti indiani. Vecchia storia? Acqua passata? Chi darà un’occhiata alla carta geografica constaterà che i grandi attori hanno cambiato volto e nome, ma i territori contesi o discussi sono sempre gli stessi. In queste affascinanti “mille e una notte” della diplomazia imperialista il lettore troverà l’antefatto di molti avvenimenti degli scorsi anni in Afghanistan e in Iran.” (Sergio Romano)

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