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Posts Tagged ‘thomas mann’

Thomas e Katia Mann, sei figli, a rappresentare la famiglia tedesca emblematica del Novecento. E un altro illustre personaggio, Heinrich, fratello di Thomas, pure lui scrittore (L’angelo  azzurro).  Talento, genio, drammi familiari, passioni, impegno e il rapporto con la madre patria, con il mondo culturale che li circondava. Giustamente ampia la letteratura in merito alle loro vite, che vi invitiamo a conoscere, come da ricordare sono gli scritti che ci hanno lasciato. La montagna magica, La scuola dei barbari. L’educazione della gioventù nel Terzo Reich (Giuntina, da Erika),  Memorie e pensieri – Una giovinezza in Germania (Il Mulino,da Golo ) Mephisto (Feltrinelli) e Il vulcano (Gallucci)da Klaus,  oltre al volume che andremo a presentare tra qualche giorno, Il cappellano – Appennino 1944, Pendragon: il 5 ottobre alle 20,30, qui in Atlantide. Dettagli in arrivo…

 

 

http://www.edt.it/libri/i-mann/

I MANN – STORIA DI UNA FAMIGLIA

Tradotto da Elisa Leonzio

 

Thomas e Katia Mann, insieme ai loro
sei figli, hanno rappresentato la famiglia tedesca del Novecento per eccellenza agli occhi del mondo intero. Come ebbe a scrivere uno dei massimi studiosi dello scrittore e premio Nobel, “ciò che per i britannici sono i Windsor, per i tedeschi sono i Mann”. La loro storia racchiude tutto ciò che ci si può aspettare da una grande saga familiare e letteraria che attraversa il secolo delle grandi tragedie mondiali: accanto a un dispiegamento fuori misura di talento, eccentricità e genio, una dose non comune di infelicità e una ricerca inesausta della propria identità e della propria libera affermazione personale.

Tilmann Lahme racconta in questo libro la complessa trama dei rapporti personali, degli amori repressi e di quelli realizzati, delle pulsioni segrete e di quelle affermate con coraggio, della storia vissuta sulla propria pelle al di là di ogni protezione fornita dal benessere e dalla fama del più illustre fra gli intellettuali tedeschi.

 

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Se I Buddenbrook è il modello del decadimento di una famiglia tedesca borghese, I FRATELLI OPPERMANN ne rappresenta il contraltare e parallelo esempio di disfacimento di una famiglia ebraica residente sempre in Germania, più che benestante, vittima dell’ascesa al potere dei nazisti nella Germania degli anni Trenta.

Un grande libro,pubblicato ad Amsterdam nel 1933, uno dei luoghi fulcro dell’editoria “resistente” in Europa, subito tradotto in diverse altre lingue europee, definito allora un simbolo del decadimento della dignità, ma nessun monito del pericolo in agguato fu colto!

 

I fratelli Oppermann, Leon Fucthwanger, Skira

 

“Nel gennaio del 1941 la sorte dell’Europa e del mondo sembravano segnate […]: avevamo letto ‘I fratelli Oppermann’ di Feuchtwanger, importato nascostamente dalla Francia, in cui si descrivevano le ‘atrocità naziste’; ne avevamo creduto una metà, ma bastava…” (Primo Levi, “Il sistema periodico”). Questo romanzo, la storia di un’agiata famiglia di ebrei tedeschi travolta dall’avvento del nazismo, rivela contenuti quasi profetici nel descrivere gli avvenimenti storici, pur essendo stato pubblicato nel 1934. Una società ora inconsapevole, ora politicamente impreparata, ora volutamente cieca di fronte alla Storia assiste all’affacciarsi del nazismo nella Germania degli anni Trenta: passato e futuro si fondono nella saga degli Oppermann, che da cittadini benestanti ed emancipati di una Berlino all’avanguardia precipitano nel vortice di una tragedia reale, fatta di svastiche, camicie brune, discriminazioni, inganni e tradimenti.

Nel gennaio del 1941 la sorte dell’Europa e del mondo sembravano segnate […]: avevamo letto I fratelli Oppermann di Feuchtwanger, importato nascostamente dalla Francia, in cui si descrivevano le ‘atrocità̀ naziste’; ne avevamo creduto una metà̀, ma bastava…” (Primo Levi, Il sistema periodico).

Questo straordinario romanzo, la storia di un’agiata famiglia di ebrei tedeschi travolta dall’avvento del nazismo, rivela contenuti quasi profetici nel descrivere gli avvenimenti storici, pur essendo stato pubblicato nel 1934. Una società̀ ora inconsapevole, ora politicamente impreparata, ora volutamente cieca di fronte alla Storia assiste all’affacciarsi del nazismo nella Germania degli anni Trenta: passato e futuro si fondono nella saga degli Oppermann, che da cittadini benestanti ed emancipati di una Berlino all’avanguardia precipitano nel vortice di una tragedia reale, fatta di svastiche, camicie brune, discriminazioni, inganni e tradimenti.

Lion Feuchtwanger (1884-1958), romanziere e commediografo tedesco di origine ebrea, per la sua netta opposizione al nazismo si esiliò in Francia nel 1933, poi negli Stati Uniti dove visse dal 1941 alla morte. Tra le sue opere più importanti, Süss l’ebreo (1925) e la Trilogia di Giuseppe (1931-1941).

 

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Una famiglia incredibile. Padre Premio Nobel (Thomas), e sei figli che faranno molto parlare di sé nel mondo, per tanti motivi. Vite travagliate, esperienze avventurose e drammi personali, il rifiuto di vivere nella patria d’origine, la Germania della dittatura. Da questa esperienza di profughi nasce il grande libro che vi proponiamo, di cui fu autore il primogenito maschio Klaus, morto suicida nel 1949 in un albergo di Cannes. Furono necessari molti anni all’autore per portare a compimento la sua opera, pubblicata ad Amsterdam nel 1939: fu unanimemente considerato il grande romanzo dell’esilio. Se nei primi capitoli la partenza dalla Germania può apparire come una sorta di “gita all’estero”, con i circoli di espatriati che animano le località più “in” dell’Europa, da Parigi a Zurigo, via via che il tempo passa e le notizie diventano sempre peggiori, con l’avanzata in Europa della follia nazista, anche la loro situazione appare per quella che è. Essere profughi significa a volte non avere un passaporto regolare, poter contare su scarse risorse economiche, la resistenza e la voglia di combattere viene meno, subentra lo sconforto, la caduta nella depressione e nelle dipendenze dalle droghe. A volte può capitare che una passione violenta possa ridare linfa a queste esistenze, che l’esasperazione sia pronta ad esplodere come può avvenire per l’eruzione di un vulcano

 

Thomas Mann mit Familie in Nidden

Thomas Mann mit Familie in Nidden (Photo credit: Wikipedia)

E’ evidente l’intrecciarsi in questo romanzo di finzione e autobiografia, propria e della sua famiglia: un ritratto terribile di una generazione senza patria.

 

 

Klaus Mann, Il vulcano, Gallucci

trad Ganni C.

“Il romanzo dell’esilio”. Nell’Europa in bilico verso la tragedia del secondo conflitto mondiale un gruppo di intellettuali tedeschi fugge dal nazismo. Tra loro uno scrittore omosessuale, un’attrice impegnata contro il regime, un professore ebreo cacciato dall’accademia. Nel 1933 si ritrovano a Parigi, e sembra quasi un piacevole intermezzo. Con il passare del tempo, però, la musica si incupisce e il viaggio attraverso Francia, Svizzera, Olanda, Cecoslovacchia, Spagna, Stati Uniti diventa sempre più logorante. Gli esuli cadono preda della solitudine, della disperazione, delle droghe. Il vulcano sta per esplodere.

 

“Il documento letterario più vivo di quel grande esodo intellettuale che fu una delle peggiori disgrazie dell’Europa”

 

ITALO ALIGHIERO CHIUSANO

 

Klaus Mann nacque nel 1906 a Monaco di Baviera, primo figlio maschio dello scrittore Thomas Mann. Attivista politico e assiduo frequentatore dell’ambiente intellettuale ai tempi di Weimar, nel 1933 scelse l’esilio, in aperta opposizione con il nuovo regime. A questi anni risale anche la decisione di dedicarsi a tempo pieno all’attività letteraria, che culminò con opere importanti come Sinfonia patetica (1935), Mephisto (1936) e Il vulcano (1939), incentrato sulla condizione degli esuli tedeschi durante il nazismo. La sua vita intensa e tormentata, segnata dalla solitaria condizione di apolide, dall’abuso di droghe e da una dichiarata omosessualità, si concluse tragicamente a Cannes, dove morì suicida nel 1949.

 

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Per parallelo, viene naturale proporre questa novità di Zandonai editore. La famiglia dell’autore,originaria della Slovenia, risiedeva in Svizzera dal 1912. Nel 1938 le autorità svizzere decidono di espellere dal Paese chi non era cittadino elvetico, così ecco la storia di un forzato rientro nella terra d’origine, visto con gli occhi candidi di un bambino.

 

Lojze Kovacic,

I nuovi arrivati. La scuola dell’esilio,

Traduzione dallo sloveno di Darja Betocchi, Zandonai editore

 

Una lingua che non si capisce, ogni tanto può risultare piacevole. È come una specie di nebbia in testa. Può essere assai gradevole, davvero. Soprattutto finché non si riesce ancora a distinguere tra parole e sogno, è fantastico …

 

 

Seduto nell’ultimo banco c’è un bambino che sembra avere una macchia di inchiostro in fronte. Avvicinandoci scopriamo invece due splendidi occhi scuri che osservano stupefatti e impertinenti gli stravolgimenti del mondo circostante. Se ne sta in disparte perché le parole della sua lingua madre non vengono comprese, mentre quelle della sua nuova patria gli si bloccano in gola come cubetti di pietra.

A partire dai ricordi di quel “monello” straniato e taciturno – ma capace di regalare al lettore momenti di inaspettata tenerezza – Kovačič ha composto I nuovi arrivati, una trilogia riconosciuta tra le più grandi opere della letteratura europea del Novecento.

La scuola dell’esilio, prima parte di quest’opera, raccoglie un flusso ininterrotto di visioni e frammenti che oscillano tra la magia della favola e la crudezza del reale, ricomponendo da una prospettiva inedita gli sconvolgimenti politici che investirono la famiglia Kovačič durante gli anni della Seconda guerra mondiale.

 

Lojze Kovacic (1928 – 2004) è nato a Basilea da padre sloveno e madre tedesca. Quando nel 1938 la Svizzera provvede all’espulsione di chi è sprovvisto della cittadinanza elvetica, la famiglia decide di trasferirsi nel luogo natale del padre, un paesino sloveno di tradizione contadina. Dopo la laurea in slavistica e germanistica all’università di Lubiana, Kovačič ha lavorato come giornalista scontrandosi frequentemente con le autorità comuniste a causa di articoli critici e satirici. Ha insegnato a lungo arte e letteratura a Lubiana ed è stato membro sia della Associazione degli scrittori sloveni, sia dell’Accademia slovena delle scienze e delle arti. La sua opera letteraria comprende numerosi romanzi e racconti di forte matrice autobiografica, che gli sono valsi il premio Preseren nel 1973 e il premio Kresnik nel 1991 e nel 2004. Le sue opere sono tradotte in inglese, tedesco, francese, ungherese, spagnolo e olandese. I nuovi arrivati ha posto Kovacic nel novero dei più grandi autori del Novecento al fianco di Péter Nádas, Danilo Kis, Ismael Kadaré e Czeslaw Milosz.

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Thomas Mann mit Familie in Nidden

Thomas Mann mit Familie in Nidden (Photo credit: Wikipedia)

da  Erika Mann, prima figlia del NObel Thomas, dieci storie di persone comune, scritte  con l’intento di rendere noto al pubblico americano la condizione di vita sotto il tallone dell’oppressione nazista, prima dell’entrata in guerra della nazione americana.

 

 

 

Erika Mann,

QUANDO SI SPENGONO LE LUCI

Storie dal Terzo Reich, Il saggiatore

 

Germania, ottobre 1938. Uno straniero passeggia tra i vicoli di una città di provincia. Sono da poco passate le nove di sera e la città è irrealmente deserta e silenziosa, si odono solo il fruscio di bandiere appese alle finestre, l’abbaiare di un cane che si confonde con l’eco di una voce di un uomo.

Lo straniero siede ai piedi di un monumento, guarda il cielo, assapora la quiete e la serenità della notte. Non sa che la voce lontana è quella di Adolf Hitler che parla al suo popolo, non sa che da lì a poco tempo dalla Germania partirà l’offensiva che darà inizio alla Seconda guerra mondiale.

In Germania, molti intellettuali e artisti sono fuoriusciti da anni, scegliendo o dovendo scegliere l’esilio come autodifesa. Una di loro vuole far capire che cosa sta succedendo, che cosa è già successo e soprattutto quello che ancora potrebbeessere fatto.

Quando si spengono le luci, volume di racconti brevi scritti in presa diretta da Erika Mann in pochi mesi, è testimonianza e appello.

L’autrice racconta di gente comune, non di eroi né di criminali al servizio del Terzo Reich: sono viaggiatori, medici, commercianti, contadini, professori universitari, operai, sacerdoti, giornalisti, madri di famiglia e marinai i protagonisti delle sue «storie vere».

In un racconto, il professor Habermann conduce per mano i suoi allievi all’insubordinazione in pectore, durante una lezione, col solo ragionare correttamente di diritto in un’aula universitaria. In un altro, due giovani ragazzi innocenti, non certo avversi al regime, si suicidano per colpa della leggerezza incompetente di un medico nazista, in un contesto di ubbidienza cieca a cui loro per primi si sono volontariamente uniformati. Per i due giovani il processo post mortem si chiude con una vuota frase di circostanza e il rammarico che al Terzo Reich sia stata tolta «forza lavoro»: di certo un futuro fedele soldato e, con tutta probabilità, una buona fattrice di bambini.

Nella postfazione «Un nuovo tipo di scrittrice», Agnese Grieco scende dietro le quinte dell’opera di Erika Mann, mettendo in luce la delicatezza illuminista e la misura perfetta con cui Quando sispengono le luci analizza la doppia natura faustiana dell’anima tedesca, per cercare di capire e affrontare il presente hitleriano e testimoniare, al tempo stesso, un’altra Germania.

 

Erika Mann (Monaco di Baviera, 1905 – Zurigo 1969), saggista, performer, scrittrice e giornalista, figlia primogenita di Thomas Mann e Katja Pringsheim, abbandona la Germania del Terzo Reich nel 1933 assieme al fratello Klaus, scegliendo la via dell’esilio che la porterà in Svizzera, Inghilterra e Stati Uniti.

Corrispondente per radio e giornali inglesi e americani, autrice di fortunati libri per l’infanzia, reporter di guerra, conferenziera di successo, curatrice del lascito letterario del padre e del fratello, Erika Mann attraversa anni cruciali all’insegna di un instancabile impegno intellettuale.

Tra le pubblicazioni in italiano, Caro Mago. Lettere e risposte 1922-1969 (il Saggiatore 1990), che raccoglie la corrispondenza con il padre.

 

Agnese Grieco è nata a Milano, dove si è laureata in Filosofia, e ha conseguito il dottorato di ricerca presso la Freie Universität di Berlino, città in cui vive dal 1996.

Da anni lavora come scrittrice, drammaturga e regista teatrale fra Italia e Germania.

Per il Saggiatore ha pubblicato Wittgenstein (1998), Per amore (2005), Anatomia di una rivolta (2010).

 

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Thomas Mann, 20 April 1937

Thomas Mann, 20 April 1937 (Photo credit: Wikipedia)

Si sta sempre attenti alla pubblicazione di un nuovo testo di narrativa da parte dell’editore Nutrimenti, visto che “non ci ha mai tirato pacchi”, anzi! E anche se non costa 9,90 euro siamo certi che le 528 pagine di questo libro soddisferanno i palati esigenti dei lettori. Le vite di Bertold Brecht e Thomas Mann sono decisamente diverse, ma convergeranno negli anni dell’ascesa al potere di Hitler, costretti ad abbandonare il Paese per le loro posizioni dure nei confronti del dittatore. Cosa può fare un artista quando il mondo crolla accanto a lui? Restare a combattere in patria, insieme a chi non può fuggire, o rifugiarsi altrove e condurre la propria battaglia da un luogo differente? C’è tanta storia, ovviamente, il dramma di una nazione considerata un faro della civiltà, che sprofonda nella follia collettiva della caccia al diverso. E ci sono i due grandi protagonisti, ad illuminare la scena a loro modo!

Bert e il mago, Fabrizio Pasanisi, Nutrimenti

È il 1933 quando l’incendio del Reichstag a Berlino segna il destino della Germania, vittima dell’ascesa inarrestabile di Hitler: i nazisti accusano del rogo i comunisti e avviano una spietata caccia all’uomo. Il giorno successivo all’incendio, 28 febbraio, Bertolt Brecht, che è nell’elenco degli artisti non graditi per le sue simpatie comuniste, lascia in tutta fretta il paese. Appena qualche settimana prima, l’11 febbraio, a varcare la frontiera era stato Thomas Mann, dopo che una conferenza su Wagner a Monaco di Baviera gli aveva attirato le ire dei nazionalisti hitleriani. Di fronte ai due si apre il lungo, doloroso cammino dell’esilio.
Con stile incalzante e cura rigorosa nella ricostruzione degli eventi e nel ritratto dei personaggi e delle loro relazioni, Bert e il Mago mette in forma di romanzo le vite parallele di due dei maggiori esponenti della cultura europea novecentesca: la formazione della loro poetica, la genesi delle opere, la notorietà e i riconoscimenti, i risvolti meno noti della sfera privata, il fatale scontro con l’aberrazione nazista.
Due scrittori rivali, distanti per età, credo politico e concezione di letteratura, ma legati da una sorte comune: quella dell’intellettuale posto di fronte alla sopraffazione e alla violenza della storia; quella dell’uomo costretto alla fuga, e al ripensamento dei propri valori, davanti alla follia del mondo.
Fabrizio Pasanisi

Fabrizio Pasanisi è giornalista, autore televisivo, studioso di letteratura e traduttore. Con Bert e il Mago, suo libro d’esordio, è stato finalista al Premio Italo Calvino 2012, dove ha ricevuto la menzione speciale della giuria.

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1924 Thomas Mann Zauberberg Titelblatt

Image via Wikipedia

CON OGNI probabilità, Thomas Mann derivò il titolo del suo romanzo La montagna magica, pubblicato nel 1924  e ora riproposto dai Meridiani Mondadori nella nuova traduzione di Renata Colorni,  da una frase di Nietzsche: “Ora si apre a noi il monte magico dell’Olimpo e ci mostra le sue radici”.
Una nuova traduzione ed un nuovo titolo (nell’edizione Corbaccio, tuttora in catalogo, la montagna è Incantata) per uno dei grandi libri del Novecento.

La montagna magica, Thomas Mann,Mondadori
È questo il secondo atto dell’impresa di ritraduzione della narrativa di Mann, avviata nel 2007 dal Meridiano “Romanzi” (“I Buddenbrook” e “Altezza reale”). Con il titolo “La montagna incantata”, il capolavoro di Mann, uscito a Berlino nel 1924, venne tradotto in Italia nel 1932 e poi da Ervino Pocar nel 1965. Con questa pubblicazione, il romanzo di Mann – una vera e propria “opera-mondo” – ritorna in libreria in una nuova traduzione corredata da un vasto commento analitico, viatico per penetrarne la complessità anche filosofica. La traduzione di Renata Colorni – traghettatrice dell’opera di Freud presso il pubblico italiano a partire dagli anni Settanta, oltre che traduttrice di numerose e importanti opere della narrativa tedesca – grazie all’attenzione verso i suoi caratteri linguistici distintivi, restituisce al dettato manniano la sua caleidoscopica unicità. La curatela è del germanista Luca Crescenzi, che oltre al commento firma anche una introduzione che si affianca allo scritto dello studioso tedesco Michael Neumann.

Dalla montagna borghese di Thomas Mann ci eleviamo ad altre vette spiriturali.
Julien Ries,sacerdote e storico delle religioni, esperto di antropologia del sacro, propone invece un libro di grande formato (Euro 70) dedicato alle presenze sacre sulle alte vette. Un libro affascinante!

La montagna sacra, Julien Ries, Jaca Book

“Mircea Eliade ha mostrato che il mondo parla all’uomo attraverso dei simboli che rivelano una realtà, una modalità del reale, una struttura fondamentale. Grazie al simbolo l’uomo procede verso la scoperta del senso della propria esistenza. La montagna è una via privilegiata in questo cammino che è una ricerca di trascendenza. Il tema dell’ascensione si ritrova senza sosta nei gesti dell’essere umano e nel vocabolario di diverse culture e religioni, così come nelle tappe vissute dai mistici. L’ascensione è un segno della vocazione spirituale dell’uomo, il che spiega la varietà e la molteplicità dei simboli della montagna: ziggurat, stùpa, piramide, santuari e templi sulle alture, eremi sulle cime delle montagne, processioni e pellegrinaggi che vi conducono non cristiani e cristiani, ierofanie e teofanie. Più vicino alla volta celeste l’uomo stima di poter ascoltare meglio la voce divina. La montagna è per l’uomo anche una via per la ricerca del sacro che lo arricchisce, lo aiuta a vivere un’esperienza interiore, a vedere un’illuminazione. Riccamente illustrato e redatto da specialisti di culture e religioni, il presente volume conduce il lettore attraverso il mondo intero e lo aiuta a scoprire e valorizzare nella propria vita il simbolismo della montagna sacra.” (Julien Ries)

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Thomas Mann Buddenbrooks 1904

Image via Wikipedia

La storia di una famiglia di letterati e artisti, tutti sicuramente dotati di genialità , lungo il corso di un secolo terribile come quello passato, con testi e immagini provenienti da archivi pubblici e privati (dei discendenti). Un gruppo di persone speciali, capaci di imporsi e attrarre le attenzioni di altri artisti, personaggi importanti della cultura europea.

Uwe Naumann, Astrid Roffman,

La famiglia Mann, una storia lunga un secolo, Excelsior 1881

La storia di una famiglia di letterati e artisti lungo il corso di un secolo, per immagini e testi. L’album di famiglia che inizia con la nascita di Erika, nel 1905 e termina con la morte di Elisabetta nel 2002. Il lasso di
tempo che va dagli inizi dell’infanzia a Monaco, passando per gli anni selvaggi della Repubblica di Weimar, al tempo dell’emigrazione dopo il 1933 e la difficile epoca della seconda guerra mondiale fino alla storia più recente. Questo libro documenta un’eccezionale storia familiare e presenta al tempo stesso un affresco del ventesimo secolo.

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