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Posts Tagged ‘vikram chandra’

 

UNA immersione totale nella scrittura di Chandler, questo è riuscito a fare John Banville con questo noir.

Il progetto nasce dal suo agente Ed Victor che è anche il gestore dei diritti della Raymond Chandler Estate , ed è stato eseguito alla perfezione da John Banville, che qui si firma Benjamin Black.  Lo stile e il climax, una fantastica dark lady, il tocco personale di John Banville, raffinato autore irlandese, riusciranno di certo a conquistare i lettori!

LA BIONDA DAGLI OCCHI NERI
Un’indagine di Philip Marlowe

Benjamin Black, alias  John Banville , Guanda
Traduzione di Irene Abigail Piccinini
A Los Angeles è un sonnolento pomeriggio d’estate, non si muove una foglia e il traffico, in strada, scorre al rallentatore, come gli affari di Philip Marlowe: sì, proprio quel Philip Marlowe, il più ruvido e solitario degli investigatori privati. Ma a volte basta un istante perché gli eventi prendano una piega imprevista, basta

Marlowe, as he appeared in volume 9 of Case Closed

Marlowe, as he appeared in volume 9 of Case Closed (Photo credit: Wikipedia)

l’ingresso in ufficio di una bellezza mozzafiato, una bionda sensuale ed elegante, per scombussolare i piani e i pensieri.
Clare Cavendish, erede della Langrishe Fragrances, impero dei profumi, è alla ricerca del suo amante scomparso, tale Nico Peterson, agente di spettacolo che vivacchia grazie a divi da quattro soldi e starlet di belle speranze. Certo, una strana coppia. Lei è ben consapevole che il suo uomo non fosse un granché, poco più di un manigoldo in abiti eleganti, eppure era suo, ed è decisa a riaverlo. Strani anche i posti che frequentavano, come l’esclusivo Cahuilla Club, con il muro di cinta ricoperto di buganvillea, l’imponente cancello dorato e un impeccabile maggiordomo dal marcato accento inglese che serve il tè. Immergendosi in questo mondo traboccante di ricchezza, Marlowe si trova alle prese con personaggi stravaganti e individui loschi, come i due messicani che compaiono all’improvviso, disposti a tutto pur di ritrovare Nico: chi li manda e perché? A disorientare Marlowe, oltre all’ambigua seduttività della bionda dagli occhi neri, si insinua il tarlo del dubbio e dei sentimenti, quanto mai aggrovigliati, che lo legano a più d’uno dei personaggi della storia.

Raymond Chandler, da qualche parte, sta sorridendo per questa bellissima interpretazione del romanzo hardboiled, che ne rende alla perfezione i toni malinconici. E’ una grande storia, ma la cosa più incredibile è la capacità di Benville di cogliere l’effetto complessivo della prosa di Chandler sui lettori… Ho amato questo libro. E’ stato come se un vecchio amico, un amico che credevo morto, fosse ricomparso all’improvviso.”

Stephen King
“Banville nei panni di Chandler è irresistibile: una micidiale coppia del mistery. Difficile pensare che si possa aggiungere qualcosa a Chandler e ottenere un risultato migliore. Eppure Banville ci è riuscito, senza ombra di dubbio.”
Richard Ford

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ci puntavamo, e Mr Adiga si e dimostrato all altezza delle aspettative con un romanzo dai toni della tragedia shakespiriana che lo conferma narratore di talento, tenendo bene in mente la grande tradizione occidentale ma facendoci apprezzare incondizionatamente lo splendore e la spietatezza di una delle nuove città mondo di questi tempi. Mumbai. Luogo in cui, alla pari di tutti gli altri del pianeta, la promessa di un arricchimento facile puo’ scardinare il sistema di relazioni esistente all interno di un condominio. Fino alle estreme conseguenze, come esemplare è invece il comportamento dell'”Ultimo uomo della torre”, deciso a spiegare al mondo il concetto di libertà. Certo, ognuno ha ottime ragioni per cedere alle lusinghe di un grande costruttore (un figlio bisognoso di cure,la necessità di fare rientrare i figli dagli Stati Uniti, in difficoltà dopo la crisi economica, il bisogno di recuperare i sogni del padre scomparso), e viene da chiederci come ci comporteremmo noi di fronte ad un “ostacolo” postosi ad intralciare le nostre aspirazioni ad una vita migliore….

Insomma, un romanzo dalla forte tensione morale, ma anche un vero e proprio testo in 3d, capace di farci volare sopra Malabar Hill, Victoria Terminus (la stazione in stile neogotico, che vedete nell’immagine sotto) e gli altri angoli di Mumbai, di farci percepire e amare suoni odori del luogo, molto più di un ebook!!!

Aravind Adiga, L’ultimo uomo della torre, Einaudi
Inaugurata il 14 novembre 1959, nel settantesimo compleanno di Jawaharlal Nehru, la società edile cooperativa Vishram è la nonna di tutti i condomini pucca da allora sorti in un quartiere di Mumbai, Vakola, che decoroso non è affatto. I suoi abitanti, suddivisi in cattolici, indù e perfino qualche musulmano “del tipo migliore”, come in una felice applicazione dei valori nehruviani di cooperazione e convivenza, difendono a oltranza quello status borghese, a dispetto degli inequivocabili segni di decadenza mostrati da uno stabile dove i muri fioriscono di umidità, il tetto rischia di cedere sotto la pressione dei monsoni e l’acqua scorre dai rubinetti per poche ore al giorno. Ma a Mumbai il nuovissimo scalza il nuovo alla velocità di un treno in corsa, il lusso scalza il decoro, e chi non salta in tempo può facilmente finire stritolato sotto le sue ruote. Nella folle corsa per accaparrarsi terra da edificare, il grande costruttore Dharmen Shah fa ai condomini un’offerta irrifiutabile: acquistare i vari appartamenti al doppio del loro valore di mercato per poter demolire l’edificio ed erigere al suo posto quel luccicante coacervo di stili che sarà lo Shanghai, il progetto di tutta la sua vita. Sono previsti un “regalino” extra per invogliare i dubbiosi, le minacce del truce “braccio sinistro” Shanmugham per ammorbidire i refrattari, e una condizione per tutti: che l’offerta sia firmata all’unanimità. In un attimo la cooperativa torna ad essere accozzaglia di individui non cooperanti…

 

mumbai station
 

ALTRI CONDOMINI:
Il senso dell’elefante, Marco Missiroli, Guanda
La devozione verso tutti i figli, al di là dei legami di sangue: è il senso dell’elefante, codice inscritto in uno dei mammiferi più controversi, e amuleto di una storia che comincia in un condominio di Milano. Pietro è il nuovo portinaio, ha lasciato all’improvviso la sua Rimini per affrontare un destino chiuso tra le mura del palazzo su cui sta vegliando. Era prete fino a poco tempo prima, ora è custode taciturno di chiavi e appartamenti, segnato da un rapporto enigmatico con uno dei condomini, il dottor Martini, un giovane medico che vive con moglie e figlia al secondo piano. Perché Pietro entra in casa di Martini quando non c’è? Perché lo segue fino a condividere con lui una verità inconfessabile? Il segreto che li unisce scava nel significato dei rapporti affettivi, veri protagonisti di un intreccio che si svela a poco a poco, arrivando all’origine di tutto: una ragazza conosciuta da Pietro quando era un sacerdote senza Dio, in una Rimini dura e poetica, a tratti felliniana. Qui inizia questa storia che accompagna i suoi personaggi nella ricerca di un antidoto alla solitudine dei nostri tempi, verso una libertà di scelta, e di sacrificio. In questo romanzo Marco Missiroli va al cuore della sua narrativa, raccontando il sottile confine tra l’amore e il tradimento, il conflitto con la fede e la dedizione verso l’altro. A partire da una semplice, terribile domanda: a che cosa siamo disposti a rinunciare per proteggere i nostri legami.

 

Il libro russo dei sogni a colori, Gina Ochsner, Nottetempo

Nella città siberiana di Perm’, durante la prima guerra in Cecenia, un drappello di personaggi singolari abita in un malconcio condominio di epoca sovietica: c’è Azade, musulmana deportata, che negli odori della latrina del cortile legge i sogni e le ansie dei vicini. Mirkhat, un suicida che non vuole andarsene tra i morti e vuole invece riscrivere la sua storia e quella degli altri. Una banda di bambini terribili, che sniffano colla e parlano come profeti. Ol’ga, un’ebrea che lavora per un quotidiano pro-governativo e traduce in rassicuranti eufemismi gli orrori ceceni. Suo figlio Jurij, un veterano affetto da psicosi traumatica che sogna di essere un pesce. E Tanja, che crea reperti falsi e bizzarri per il polveroso museo in cui lavora; affascinata dai colori, dalle nuvole e dai sogni di volo, annota tutto puntualmente su un taccuino da cui non si separa mai. E poi ci sono dei misteriosi Americani di Origine Russa in arrivo… Tutti esuli, tutti senza patria. Un romanzo che è una fantasmagoria di storie e immagini, in cui ogni personaggio ha le sue strategie o i suoi sortilegi per passare dall’apparente assurdità della vita a un significato che la riscatti.

 

Sottosopra, Milena Agus, Nottetempo
Nel palazzo di “Sottosopra” vivono ricchi e poveri che s’incontrano sulle scale, si scambiano servizi e favori. Al piano alto abita un anziano violinista americano, Mr. Johnson, che ha lasciato le scene e il successo per naturale ritrosia. Al piano basso Anna, una donna delle pulizie, acciaccata dalla vita ma prodiga di fiducia e tenerezza che distribuisce agli altri abitanti: Giovannino, un bambino così giudizioso da essersi educato da solo, Mrs. Johnson, che aspira solo alle impossibili cose normali, e Alice che vuole diventare una macchina del sesso per evitare la solitudine, ciascuno con la propria mania, la propria pazzia piccola o grande, la propria paura. Nel palazzo gli abitanti si spostano e si scambiano le abitazioni, come fosse il modo più semplice di affrontare le turbolenze della vita: Anna sogna di salire fino alla casa del signore di sopra, Mr. Johnson di scendere fino al piano di sotto, per conoscere “l’immensa felicità che ci viene dalla felicità di qualcuno che è felice con noi”. Fra la realtà e l’invenzione, “Sottosopra” racconta un nuovo sogno, in cui – come succede nel mondo di Milena Agus tutto continuamente si rovescia: la vita che è come adattarsi a un paio di scarpe, la vecchiaia che è il momento migliore per amare e l’amore che è “un guizzo di luce, magari l’ultimo”.

Al Aswani, Palazzo Yacoubian, Feltrinelli
Costruito negli anni trenta da un miliardario armeno, Palazzo Yacoubian contiene in sé tutto ciò che l’Egitto era ed è diventato da quando l’edificio è sorto in uno dei viali del centro. Dal devoto e ortodosso figlio del portiere, che vuole entrare in polizia ma che finirà invece a ingrossare le già folte milizie islamiste, alla sua fidanzata, vittima delle angherie dei padroni; dai poveri che vivono sul tetto dell’edificio e sognano una vita più agiata al gaudente signore aristocratico poco timorato di Dio e nostalgico dei tempi di re Faruk che indulge in piaceri assolutamente terreni; dall’intellettuale gay con la passione per gli uomini nubiani, che vive i suoi amori proibiti neanche troppo clandestinamente, all’uomo d’affari senza scrupoli del pianterreno che vuole entrare in politica. Ciascuno di questi personaggi si ritroverà a compiere delle scelte: quale ne sia l’esito, sarà il lettore a deciderlo. Ognuno interpreta una sfaccettatura del moderno Egitto dove la corruzione politica, una certa ricchezza di dubbia origine e l’ipocrisia religiosa sono alleati naturali dell’arroganza dei potenti, dove l’idealismo giovanile si trasforma rapidamente in estremismo e dove ancora prevale un’immagine antiquata della società. Campeggia in questo romanzo la denuncia dei costumi inquinati, della politica egiziana e dei movimenti islamisti, una denuncia tanto cara ad al-Aswani che oggi è uno degli esponenti di punta del movimento di opposizione Kifaya.

G.B. Ballard, Il condominio, Feltrinelli
Un elegante condominio in una zona residenziale, costruito secondo le più avanzate tecnologie, è in grado di garantire l’isolamento ai suoi residenti ma si dimostrerà incapace di difenderli. Il grattacielo londinese di vetro e cemento, alto quaranta piani e dotato di mille appartamenti, è il teatro della generale ricaduta nella barbarie di un’intera classe sociale emergente. Viene a mancare l’elettricità ed è la fine della civiltà, la metamorfosi da paradiso a inferno, la nascita di clan rivali, il via libera a massacri e violenza. Il condominio, con i piani inferiori destinati alle classi inferiori, e dove via via che si sale in altezza si sale di gerarchia sociale, si trasforma in una prigione per i condomini che, costretti a lottare per sopravvivere, danno libero sfogo a un’incontenibile e primordiale ferocia. “Era trascorso qualche tempo e, seduto sul balcone a mangiare il cane, il dottor Robert Laing rifletteva sui singolari avvenimenti verificatisi in quell’immenso condominio, nei tre mesi precedenti. Ora che tutto era tornato alla normalità, si rendeva conto con sorpresa che non c’era stato un inizio evidente, un momento al di là del quale le loro vite erano entrate in una dimensione chiaramente più sinistra. Con i suoi quaranta piani e le migliaia di appartamenti, il supermarket e le piscine, la banca e la scuola materna – ora in stato di abbandono, per la verità – il grattacielo poteva offrire occasioni di scontro e violenza in abbondanza.”

Yehoshua Kenaz, Ripristinando antichi amori, Nottetempo
Due amanti clandestini, un amministratore di condominio in guerra con il mondo, una giovane e silenziosa cameriera filippina, un agente immobiliare perdutamente innamorato della misteriosa vicina: ecco alcuni dei personaggi che animano il palazzo di Tel Aviv che fa da sfondo a questo splendido romanzo le cui pagine diventano, a poco a poco, pareti sottili che lasciano filtrare voci e rumori, frammenti di vite umane che lentamente, come tessere di un puzzle, si uniscono in un’unica trama fino a disegnare il quadro della vita, fatta di vicende grandi e piccole, di passioni e di dolori, di grandezza e di squallore, fino al sorprendente epilogo.

Alexander McCall Smith, 44 Scotland Street, Tea
Quando spinge il portone del 44 di Scotland Street, nel centro di Edimburgo, Pat non vede l’ora di cominciare tutto daccapo. È al suo secondo anno sabbatico e una casa e un lavoro nuovi sono quello che ci vuole per ripartire. Da lì in poi dividerà l’appartamento con l’insopportabile Bruce, agente immobiliare bello e vanitoso; troverà lavoro nella galleria d’arte di Matthew, un giovane delicato ma inconcludente che di arte non capisce nulla; trascorrerà piacevoli serate con l’eccentrica vicina di casa Domenica, un’anziana antropologa dispensatrice di storie esotiche e saggi consigli sugli uomini. Intanto al piano di sotto Bertie, inquieto bambino prodigio, cerca di far capire alla madre, Irene, che preferirebbe rugby e trenini elettrici ai corsi di yoga, sassofono e italiano. A unire tutti un misterioso tentativo di furto e la caccia a un quadro che potrebbe essere una crosta o valere una fortuna

Mumbai
 Ghosh Munmum, Gente di Mumbai, Intermezzi
Le voci degli immigrati e dei pendolari di Mumbai si inseguono e si alternano. Un romanzo corale che scorre come un fiume, attraversa la ferrovia, le strade e i bassifondi, colma ogni spazio della città indiana e ne restituisce gli odori, i colori e la musica.

Vikram Chandra, Giochi sacri, Mondadori
Sartaj Singh, ispettore di polizia a Mumbai, nota fino a poco tempo fa come Bombay, ha un lavoro ingrato. Vive infatti ed esercita la sua professione in una città che oltre alla sua assoluta e intensa bellezza gli sbatte in faccia ogni giorno un “sottobosco” di malaffare, crimine organizzato e violenza a cui Sartaj non si è mai assuefatto e contro il quale però non riesce a segnare decisive vittorie. La sua esistenza sembra dipanarsi così in una inerte caoticità, fatta di ladruncoli, microcorruzione e pasti in piedi. L’assassinio dell’erede di un boss della mafia locale, il pedinamento di pericolosi criminali e lo smascheramento di mille trame delittuose che coinvolgono gli strati più insospettabili della società indiana servono così da pretesto a Vikram Chandra per tessere una storia che unisce i ritmi forsennati dell’hard boiled alle pause silenziose della poesia, il sentimentalismo alla Bollywood al magistero dell’alta letteratura. Il risultato è un affresco potente e grandioso di una delle metropoli più complesse e avvincenti della contemporaneità.

Nemita Devidayal, Dolceamaro a Bombay, Neri Pozza
In un ospedale di Bombay, durante Diwali, la festa indiana della prosperità, Bimbla Kulbhushan Todarmal, universalmente nota come Mummyji, si appresta a lasciare questo mondo.
Al suo capezzale sono accorsi i quattro figli, che più che afflitti dal dolore sembrano impazienti di congedarsi lestamente dalla madre.
Mummyji è stata per tutta la sua vita una donna forte. Ha creato dal nulla una prospera attività di produzione e commercio di dolci, i locali mithai, onorando così la business class dei banyia cui appartiene. In questo modo, tuttavia, i suoi quattro figli sono cresciuti all’ombra di una carismatica figura che, sull’altare degli affari, ha sacrificato più di una ragione del cuore.
Rajan Papa, il primogenito gravato troppo presto delle responsabilità di capofamiglia, ha grossi guai economici, una moglie viziata e un figlio adolescente che teme di rivelare ai genitori la propria omosessualità.
Suman ha un matrimonio ricco ma infelice, e non dorme senza regolare e debita assunzione di una buona dose di psicofarmaci.
Sunny ha studiato negli Stati Uniti e, in nome delle leggi sovrane del moderno marketing, ha estromesso dall’attività familiare il fratello maggiore, reo di avere una gestione all’antica, troppo umana in un’epoca in cui il profitto non guarda in faccia nessuno.
Saroj, la più palesemente fragile dei quattro, è stata convinta dalla madre a lasciare l’amato marito caduto in miseria, e vive ora nel rimpianto della felicità perduta e nella dipendenza dall’opprimente figura materna.
Mentre la statua di Laxmi, la dea della prosperità interiore, li guarda perplessa, la perfida progenie sembra interessata solo ad accaparrarsi l’eredità materiale di Mummyji, soprattutto quella splendida coppia di diamanti dal valore incalcolabile che nessuno sa dove sia e a cui ciascuno vuole arrivare per primo, in una poco nobile gara a chi sia più astuto e avido.
Mummyji, però, sembra non volersi congedare tanto in fretta da questo mondo. E, nelle lunghe ore che dovranno trascorrere nella sala d’attesa dell’ospedale, i quattro giovani Todarmal, le loro mogli e mariti, avranno forse il tempo di riflettere su che cosa siano davvero il benessere e la prosperità, e Diwali, la festa che li celebra.
Romanzo di grande fascino, esotico e universale al tempo stesso, sull’amaro prezzo del successo, Dolceamaro a Bombay è una moderna Fiera delle vanità indiana che illumina l’anima del nuovo Oriente.

Vikas Svarup, Le dodici domande, Guanda
Colpevole di aver risposto correttamente a tutte e dodici le domande di un quiz televisivo, e di aver vinto un miliardo di rupie, il cameriere diciottenne Ram Mohammad Thomas viene arrestato. Un goffo paria di Mumbai come lui, che non è mai andato a scuola e non legge i giornali, non poteva conoscere le risposte. Per questo i produttori della trasmissione sono convinti che abbia imbrogliato. Certo è che se l’è andata a cercare: come ripetono gli anziani della baraccopoli in cui vive Ram, non è saggio cercare di oltrepassare la linea che separa l’esistenza del ricco da quella del povero. In questo mondo, non c’è speranza di riscatto. Ma c’è una debole speranza di salvezza, che ha il volto di una donna venuta quasi dal nulla e che dichiara di essere il suo avvocato difensore. Per il momento Ram è salvo. Lo aspetta la notte più lunga della sua vita, quella in cui dovrà spiegare al suo inaspettato legale come sia riuscito a rispondere. Inizia così un racconto in cui va delineandosi uno spaccato dell’India di oggi denso di orrori e di meraviglie. È l’India in cui le diverse religioni raramente convivono in un pacifico e fruttuoso equilibrio, un paese in cui la propria fede può fare la differenza fra la vita e la morte; in cui il profumo dell’incenso si mescola al lezzo delle fogne all’aperto e i colori dei sari contrastano col grigiore dei condomini popolari.

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terra rossa

Vedendo in libreria la nuova edizione de Terra rossa e pioggia scrosciante, ad opera di Mondadori, ci è tornata in mente con rimpianto la figura di Gianni Borgo, editore di Instar libri scomparso giovanissimo otto anni fa. Gianni Borgo era un editore coi fiocchi, capace di seguire la pubblicazione di un libro con una passione e una precisione certosina. Quando aveva scelto cosa proporre al pubblico (solo pochi libri in cui credeva ciecamente, di ottima qualità), seguiva tutte le fasi del processo editoriale con la massima attenzione; i suoi libri erano curati sotto tutti gli aspetti, dal carattere tipografico alla traduzione, dalla copertina (sempre perfettamente connessa al senso del libro) alle decorazioni che spesso accompagnavano il testo.

Conserviamo ancora qualche copia de Terra rossa e pioggia scrosciante nell’edizione Instar ormai fuori catalogo, un magnifico sunto della sua arte, un vero e proprio capolavoro in termini di “oggetto libro”, e chi volesse comparare le due edizioni, potrà farlo e giudicare.

Quando ancora non era montata la marea degli autori indiani, Instar propose questo testo che già anticipava la struttura de Giochi sacri, il capolavoro di Chandra che ha riscosso un ampissimo successo di critica nel mondo: romanzi globali, affreschi grandiosi in cui convergono la storia e le tradizioni dei luoghi narrati.

Proponiamo un breve ritratto di Gianni Borgo, e la scheda de Terra rossa e pioggia scrosciante.

www.oblique.it/manifesto_borgo.html

Gianni Borgo

“Vivo a Torino, ma potrei stare ovunque.”

Sono le parole di Gianni Borgo, cosmopolita fondatore della casa editrice Instar di Torino. La sua breve esistenza, infatti, Gianni Borgo la passa tra l’Italia e i paesi anglofoni, soprattutto a Londra dove ama passare le giornate alla National Library a cercare libri da pubblicare per la sua casa editrice. Per Borgo, Londra è il crocevia culturale tra Europa e Stati Uniti ed è proprio a Londra che trascorre la maggior parte della sua vita, fino al 25 aprile 2001, quando, in un caffè di Bloomsbury, mentre sta ordinando un libro su Amazon, viene stroncato da un infarto. Muore a soli quarantadue anni.

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“Borgo era un editore al quale guardavamo come a un punto di riferimento. Perché faceva solo libri nei quali credeva. Pochi, ben curati e sostenuti con convinzione.”

Sandro Veronesi, parlando dei modelli della casa editrice Fandango

I libri pubblicati dalla Instar dal 1993 alla morte di Borgo sono pochissimi, meno di venti, ma sono tutti di estrema qualità contenutistica e formale. A livello grafico i libri pubblicati da Borgo si distinguono per l’estrema cura nel disegno delle copertine (a volte venivano recensite solo quelle!) e per la grafica innovativa e diversa per ogni volume, a testimonianza dell’interesse per il libro come oggetto esteticamente gradevole da un punto di vista formale oltre che ideale. Nonostante gli altissimi costi di produzione di ogni singolo libro, i prezzi di copertina sono sempre rimasti accessibili, perché Borgo preferiva vendere molte copie – senza trarne profitto – per diffondere il marchio piuttosto che guadagnare il giusto con un prezzo non accessibile a tutti. Per questo motivo, con alcuni libri, l’editore andava addirittura in perdita per ogni copia venduta. Ma l’interesse di Borgo per i dettagli economici era del tutto assente: “Gli editori sono quasi sempre ricchi di famiglia”, diceva; e l’editoria di qualità è un mestiere che si pratica per passione, non per denaro.

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In un’intervista rilasciata nel maggio 1998, Borgo parla delle caratteristiche fondamentali della sua filosofia editoriale: la cura delle copertine, il rapporto con i grafici, la scelta degli autori, le due collane della Instar, Narrativa/MENTE e Saggia/MENTE.

Gianni Borgo, la prima domanda è la più ovvia: da dove arriva questa cura verso la parte grafica del libro?

Segue sul sito . . .


VIKRAM CHANDRA
Terra rossa e pioggia scrosciante,

Il giovane Abhay, tornato in India dopo un periodo di studi negli Stati Uniti, un giorno ferisce una scimmia che non cessa di infastidirlo. Essendo una creatura sacra, i genitori del ragazzo si prendono cura di lei. La scimmietta tuttavia si rivela ben presto un essere prodigioso capace di scrivere a macchina. Abhay scoprirà che in realtà, sotto le sembianze della sorprendente bestiola, si cela Parasher, spirito minacciato da Yama, Signore della Morte, di essere trascinato nell’aldilà. Unica possibilità di salvezza per lui è quella di riuscire a intrattenere il prossimo narrando delle storie per almeno due ore al giorno.

Hanuman, migliore tra le scimmie e patrono dei poeti, suggerisce inoltre una scappatoia: dato che il patto non indica con assoluta certezza chi debba essere il narratore, in quel ruolo potrà di tanto in tanto alternarsi anche Abhay. È così che le imprese del guerriero Sikander e del fratello poeta Sanjay si intrecciano, in un racconto che è una vera cavalcata tra i secoli, alle gesta di Alessandro Magno e alle immagini di un Occidente contemporaneo non meno esotico e misterioso dell’India del passato.

Dinanzi a un pubblico che si fa ogni giorno più numeroso, si snoda così un ininterrotto flusso di storie degno dei grandi cicli narrativi del Mahabharata e delle Mille e una notte e che giunge a formare un romanzo intenso e sorprendente: l’esordio con cui Vikram Chandra si è presentato al mondo come una delle voci più interessanti e nuove della letteratura indiana contemporanea.
L’AUTORE

Vikram Chandra, indiano, vive tra Mumbai e Berkeley, in California, dove insegna scrittura creativa.

Ha pubblicato anche Amore e nostalgia a Bombay (1999) e, per ondadori, Giochi sacri (2006)

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