ARGEMI RAUL
PATAGONIA CIU CIUF
LA NUOVA FRONTIERA
Un marinaio in pensione, che racconta di essere discendente del leggendario bandito Butch Cassidy, e un macchinista disoccupato della metropolitana di Buenos Aires decidono di assaltare un treno che percorre 400 chilometri nella Patagonia Argentina, per liberare un loro compagno e impossessarsi di un ricco bottino. Una volta sul treno però le cose non vanno come previsto: tra turisti tedeschi, partorienti e senatori corrotti, i due improvvisati rapinatori si ritrovano coinvolti in situazioni drammatiche e assurde, che si risolveranno con una sparatoria o con una partita di calcio. Patagonia ciuf ciuf è allo stesso tempo un romanzo noir e una narrazione caustica e umoristica sulla realtà argentina che scorre rapida sui binari della Patagonia.
AIME MARCO
TIMBUCTU, Bollati Boringhieri
Un reportage scritto da un antropologo con la sensibilità di un poeta, attento alla luce, alle polveri, ai minimi particolari e, allo stesso tempo, attento alle impronte che l’economia globale lascia su quel mondo ormai solo apparentemente lontano. Ma “Timbuctu”, al di là del mito, rimane un luogo per osservare se stessi e guardare al proprio mondo: “Vista di qua, da questa piazza sabbiosa che confonde l’immensità del Sahara con la più antica moschea d’Africa, la sabbia anarchica delle dune con la terra impastata e lavorata dagli uomini, anche l’Europa appare diversa. E mi accorgo che, se non fosse stato per il mito costruito su Timbuctu, forse non sarei riuscito a scrivere tutto questo.” (Marco Aime).
PANZERI FULVIO (CUR.)
I LUOGHI DELL’ANIMA. IN VIAGGIO CON I GRANDI SCRITTORI, Interlinea
“Questa antologia compone un viaggio immaginario al seguito di scrittori e poeti, una specie di ipotetico itinerario che mette in scena i luoghi e le emozioni profonde che sono state affidate ai fogli dei taccuini, ai reportage, alle poesie, ai racconti. Esperienze inedite, segrete, legate al senso dell’avventura umana che il luogo ha rivelato su tutto sfolgora l’intuizione di una naturale disponibilità a farsi accogliere dal luogo che nel momento in cui si rivela coinvolge intimamente l’esistenza del viaggiatore. . .” (Dall’introduzione di Fulvio Panzeri)
SESSA PEPPE
UNA LEONESSA IN SENEGAL, ROBIN
L’esperienza di viaggio rappresenta la traccia, il filo conduttore del libro. Zaino in spalla, spesso lontano dai circuiti turistici, esclusivamente sui mezzi di trasporto locali, cibo africano e sistemazioni spesso spartane, l’autore percorre i centri principali e le regioni più remote, spingendosi verso nord nel Ferlo, all’interno, e a est fino ai confini col Mali e con la Guinea e a sud girovagando per la Casamance, bellissima e selvaggia, ma teatro di una guerra civile. Villaggi rurali, distese di baobab, il fiume Senegal, la foresta rigogliosa, il mare, ma la ragione più intima del viaggio è rappresentata dall’incontro, il bisogno di familiarizzare con i propri simili, conoscerne le passioni, gli ideali, le abitudini. E poi le genti, le tradizioni, le aspettative, il senso di solidarietà e d’amicizia, le realtà animiste e ancestrali, la medicina tradizionale. Un itinerario fisico, ma soprattutto emotivo.
MATTEUCCI ROSA
INDIA PER SIGNORINE, RIZZOLI
Per conoscere l’India bisogna gettarsi almeno una volta nei suoi affollatissimi luoghi di culto. Il viaggio di Rosa Matteucci inizia dalla regione del Kerala, dall’ashram di Amma, una famosa mistica che, in un prodigioso spettacolo di esaltazione collettiva, abbraccia ininterrottamente fino a 18.000 persone al giorno, dispensando loro un pizzico di cenere sacra e una caramella, ai più fortunati anche una mela. La seconda tappa è Tiruvannamalai, dove l’incauta visitatrice viene risucchiata da una processione in onore di Shiva: una fiumana di mezzo milione di pellegrini, tra flagellanti indù, zingari distillatori di arak scatenati al ritmo del Ballo del qua qua, lebbrosi, vedove scampate alla pira, galli battaglieri, cani spellati e porcellini neri ghiotti di deiezioni umane. Rifugiatasi in albergo, riceve l’imprevista visita di tre scimmiette che fanno irruzione nella sua stanza, la devastano e si danno a pratiche irripetibili con la sua matita per gli occhi. Terzo e ultimo approdo è Mamallapuram, stazione balneare decisamente più a misura di turista, rifugio naturale per gli espulsi dal ventre del subcontinente, per visitatori sfiancati e sconfitti. Frastornata da una realtà che gioca secondo primordiali regole di sopravvivenza, ma disposta a lasciarsi travolgere dalla tumultuosa bellezza, Rosa Matteucci consegna una guida letteraria di tranciante irriverenza e disegna uno spassoso ritratto dell’India e degli occidentali che la frequentano.
LA FOLLIA DEL MARE
di Alfredo Chiappori
Mursia
«Mi ritrovai aggrappato a un barile,
intirizzito dal freddo, incapace di muovermi.
Vidi alcuni uomini sugli scogli,
gli scampati al naufragio.
Nessuno di loro poteva soccorrermi,
perché il mare frangeva in modo pauroso.»
Siamo nel 1789, l’anno della Rivoluzione francese e della Dichiarazione dei diritti dell’uomo. Una piccola casa editrice pubblica a Parigi una «Raccolta delle più interessanti relazioni di naufragi, svernamenti e altri eventi funesti in mare» dal XV al XVIII secolo. L’autore è un avvocato illuminista di Reims, appassionato di mare, che, anche se non ha mai navigato, intraprende un viaggio straordinario tra i flutti bizzarri e impetuosi del Grande Blu, dall’India all’Africa, dall’Oceano Pacifico al Circolo polare artico, passando per le isole e le coste più remote della Terra.
Più di due secoli dopo Alfredo Chiappori ritrova per caso su una bancarella di libri usati di Milano questo volume, le cui pagine «sanno ancora di salmastro». Se ne appassiona e, con un linguaggio brillante e ironico, riscrive e riporta a galla queste storie affascinanti di navi perdute e di impavidi comandanti e marinai che si sono persi tra le onde nella ricerca del famoso Passaggio a nord ovest, o si sono schiantati sul reef, o sono naufragati in terre sconosciute abitate ancora da uomini primitivi. Tutti travolti dalla follia del mare.
L’Autore
Alfredo Chiappori è nato a Lecco nel 1943. Pittore e disegnatore, ha pubblicato numerosi libri di strisce satiriche. Ha collaborato, tra l’altro, a «Linus», «La Stampa», «l’Unità», «la Repubblica», «Storia Illustrata», «Panorama», «L’Europeo». Dal 1988 pubblica i suoi disegni satirici sul «Corriere della Sera». Nel 1997 ha esordito nella narrativa con il romanzo Il Porto della Fortuna, con il quale ha vinto il premio Giuseppe Dessì e il premio Molinello. Sono seguiti La breva (2001), Il mistero del Lucy Fair (2002), premio Gaeta, premio La Cultura del Mare, premio Albatros, premio Forte Village. Nel 2004 ha pubblicato Franco destino, romanzo autobiografico sulla sua infanzia.
GRANDE CARLO
TERRE ALTE
IL LIBRO DELLA MONTAGNA, Ponte alle Grazie
“Poesia, entusiasmo e adrenalina”: è questa la montagna raccontata da Carlo Grande. È lo scenario della Sainte-Victoire che rapisce Cézanne, o la luce dolce sulle vigne descritta da Pavese. È un possibile antidoto al rituale moderno della velocità, “un silenzio di voci che bisbigliano” e che svelano una natura archetipica e indicibile. Ma sono anche i luoghi di una fatica quotidiana e paziente che si perde nel tempo, forre oscure e minacciose come le Forche Caudine o la gola di Roncisvalle, vette himalayane che attirano l’uomo nella “zona della morte”. Sono le montagne da sempre teatro di lotte e invasioni: da Annibale che varcò le Alpi allo sterminio dei catari, fino alla Resistenza ai nazifascismi e alla pacifica opposizione alle mostruose gallerie della TAV. In un sottile gioco tra parola e allusione, scrittura e immaginazione, Grande ci prende per mano e, in compagnia di Herzog, Buzzati, Thoreau, Mann, Rigoni Stern, ci invita a riscoprire il gusto dell’andare a piedi e del “salire”, accettandone i rischi e le avventure: “Per non cancellare il proprio paesaggio interiore e perdere così la gioia di vivere”.
Leggende delle Alpi
·MARIA SAVI LOPEZ
EDIZIONI IL PUNTO – PIEMONTE IN BANCARELLA
PREMESSA DELL’EDITORE L’aumento costante di interesse per i valori storico culturali delle tradizioni locali, ha convinto l’editrice «Il Punto» a ristampare questo libro a quattordici anni dall’ultima edizione. Si è voluto riportare all’attenzione, sia dei lettori che degli studiosi, un’opera importante per una lettura filologica, ma anche per quel fascino del meraviglioso che pervade le leggende e i miti delle Alpi. Il libro di Maria Savi Lopez, edito alla fine dell’Ottocento, va soprattutto apprezzato per la sua organicità tematica, che abbraccia tutto l’arco alpino, proponendo una panoramica di indubbio fascino, ma anche per la scrittura che ormai è al di là del vecchio ed incomincia ad assumere una suggestiva parvenza di antico. Un impegno, quello della scrittrice, votato all’analisi, agli accenni comparativi, alle ipotesi di approfondimento di certo condizionate dalle coeve scuole etno-antropologiche. Ma il tutto è dominato da una profonda liricità narrativa, contrassegnata da un intento poetico sempre costante. Una poesia destinata alla gente che sa guardare al passato con serenità, cogliendo nella cultura orale delle nostre Alpi le tracce di una tradizione di cui tutti siamo un po’ figli. Ma il libro si rivolge soprattutto a chi abbia voglia, anche, di cedere alle adulazioni del mito, ai voli, sia pur pindarici, dell’interpretazione di atmosfere in cui riverberano i ricordi mai spenti dei nostri tempi fanciulli. Tempi non aridi di fantasia: unico vero e incommensurabile patrimonio che spesso va spegnendosi con l’età. L’autrice saggiamente osserva che, oltre al desiderio di analisi e studio delle proprie radici, «all’uomo che non abbia la fantasia morta e il cuore gelido piaceranno sempre i meravigliosi racconti che possono allettarlo, e mentre ammirerà le dotte dissertazioni, che toglieranno ad una riminiscenza mitologica, ad un filtro storico la grandezza leggendaria acquistata nel volgere dei secoli, ricorderà con profonda compiacenza le leggende, e non saprà mai dimenticarne l’affascinante poesia». . . INTRODUZIONE I secoli passano lasciando alle nuove gеnеrazioni una eredità di gloria o di dolore, di speranza o di sconforto, e spesso innanzi a diversi ideali, ad altre aspirazioni ed alla lenta ma inevitabile evoluzione del pensiero, della vita, della storia, perdesi il ricordo del tempo lontano; grandi figure scompaiono fra la nebbia, e l’oblio rende ignota l’origine delle nazioni, mentre la mente può smarrirsi se va studiando il lontanissimo passato. Ma non di rado avviene che le leggende, rimaste come prezioso ricordo nella coscienza popolare, conservano fra mille veli, nella semplice loro poesia o nell’epica grandezza il segreto del passato. In questo caso esse stanno come vittoriose vicino alla polve che ricopre ogni altra cosa; sono fiori che olezzano fra le spine, sono faci dalla Luce pallida o sfavillante che appariscono fra l’ombra ; sono la gloria o il pianto, le sventure o le credenze, l’odio o l’amore dei padri nostri. Esse possono ricordarci le grandi figure di uomini che li beneficarono e il pauroso aspetto dei loro oppressori; il tremendo sembiante delle divinità che andavano placate con orrendi sacrifizii, o la vanità che pareva persona, degli spiriti gentili ch’essi vedevano fra le rose e fra le nubi. Molte di queste leggende ebbero origine antichissima, quando la grave parola della Storia non andava ancora narrando i casi delle genti e le grandi imprese degli eroi.
EBERHARDT ISABELLE
SCRITTI SULLA SABBIA
Ugo Mursia Editore
Scritti sulla sabbia, pubblicato per la prima volta agli inizi degli anni Novanta, è la cronaca della vita di Isabelle Eberhardt a partire dal momento in cui scelse di immergersi nel Sahara per “andare alla deriva”, sottraendosi all’Occidente, al proprio tempo, alla famiglia per specchiarsi nel deserto. Pagina dopo pagina, il filo del racconto si confonde con la strada da lei percorsa in una sovrapposizione di vita e letteratura. L’intrepida viaggiatrice affianca altri illustri testimoni come Flaubert, Maupassant, Loti senza però scadere in quel tipico esotismo che pure fu presente in molti scrittori del secondo Ottocento. Ad alimentare la prosa della Eberhardt furono sufficienti la magia del deserto e l’impenetrabile solitudine. Una solitudine che la inghiottì a soli ventisette anni.
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